Vescovo
Nacque a Cagliari da famiglia
benestante e cristiana. Il padre, di cui non si sa il nome, morì
martire. La madre, di nome Restituta, fu una santa donna, e l'unica
sorella, Eusebia, coronò la vita col martirio.La
sua educazione, più che a Cagliari, la ricevette in Roma, dove si
recò all'età di quindici anni in compagnia della sorella. Qui venne
istruito nella religione cristiana, specialmente nelle Sacre Scritture.
Spessissimo si portava presso le tombe dei martiri per venerarne le
reliquie e pregare. Questo influì non poco sul suo animo, che,
infiammato dallo spirito del Signore, decise di dedicarsi totalmente
all'apostolato tra i pagani. Si preparò quindi convenientemente con lo
studio, e, nell'anno 335, venne ordinato sacerdote.
Ma la pietà e la erudizione del Santo non poteva sfuggire al Papa
Giulio, che lo ordinò vescovo e lo mandò a reggere la diocesi di
Vercelli. Intanto in Oriente
l'eresia di Ano si estendeva, e non tardò a penetrare anche in Italia e
persino a Roma, nel centro del Cristianesimo. Quivi gli ariani,
protetti dall'imperatore Costanzo, si impossessarono delle chiese. In
tale frangente Eusebio, richiamato dal Papa, si portò sollecitamente a
Roma, dove, trovando la chiesa di Santa Maria Maggiore già invasa
dagli ariani, si presentò alle porte per prenderne possesso, ma essi
gliele chiusero in faccia. Il santo Vescovo però non si sgomentò.
Radunati i fedeli, li invitò a pregare ed a confidare nel Signore.
Pochi giorni dopo andò processionalmente verso la chiesa con grande
seguito di popolo, e, percossa leggermente la porta con il pastorale,
subito si spezzarono i catenacci ed i battenti si aprirono. Atterriti
da questo fatto gli ariani fuggirono, lasciando libero ingresso al
santo Vescovo. Scacciati dal
centro dell'Italia, i nemici della fede non si rassegnarono, ma
presero a spargere le loro false dottrine nell'Italia settentrionale;
per questo il Papa Liberio dovette radunare a Milano un concilio è
invitò Eusebio a parteciparvi. Saputo il Santo che si trattava di
deporre e condannare Ario, acceso da divino zelo, non esitò: la sola
sua presenza bastò a gettare la confusione tra gli eretici, e così la
Chiesa d'Italia venne salvata. Ma
gli ariani giurarono vendetta contro il vescovo Eusebio e protetti
dall'imperatore lo fecero relegare a Scitopoli nella Tebaide,
coll'intento di farlo morire di fame. Ebbe invece abbondanti soccorsi
dall'Italia, specialmente dai suoi fedeli di Vercelli, per cui scampò
dalla morte. Infuriati maggiormente per questa protezione, i nemici,
caricandolo di ingiurie, lo trascinarono in una oscura prigione. Eusebio
non volle ricevere nessun cibo dalle mani di questi sacrileghi, e
scrisse una protesta in questi termini: Io Eusebio, servo di Dio, lascio
il mio corpo nelle mani dei miei persecutori, ma riserbo l'anima mia
al mio Dio, Padre e Figliuolo e Spirito Santo. La sua morte avvenne in esilio nell'anno 371, ed il suo corpo è ancora venerato nella cattedrale di Vercelli.
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