mercoledì 31 luglio 2019

Ciò che seminai

 
"Ciò che seminai nell'ira
crebbe in una una notte
rigogliosamente
ma la pioggia lo distrusse.
Ciò che seminai con amore
germinò lentamente
maturò tardi
ma in benedetta abbondanza".
 
Peter Rosegger

"Un po' di pace in più"

 
Un po' di pace in più e meno litigio
un po' di bontà in più e meno invidia
un po' d'amore in più e meno odio
un po' di verità in più- sarebbe tanto.

Invece di tanta agitazione
un po' più di serenità
invece di sempre Io un po' più Tu
invece di paura e scrupoli
un po' più di coraggio
e forza di agire - sarebbe bene.

Nell'afflizione e nel buio un po' più di luce
Nessun desiderio assillante, un po' di rinuncia
e molti più fiori finché si può
non soltanto sulle tombe - là troppo tardi
fioriscono.

Un po' di pace in più e meno litigio.
un po' di bontà in più e meno invidia.
un po' d'amore in più e meno odio.
un po' di verità in più - sarebbe tanto.

La meta sia: pace del cuore,
cosa migliore non so.

Peter Rosegger

Peter Rosegger




pseudonimo di Petri Kettenfeier
(Alpl (Stiria), 31 luglio 1843Krieglach, 26 giugno 1918),
è stato un poeta e scrittore austriaco. Fu un rappresentante della Heimatliteratur, ovvero della «letteratura della terra natale» che sul finire del XIX secolo contrappose gli antichi valori contadini al materialismo del mondo industriale.Di umili origini, si dedicò alla letteratura a partire dal 1869, pubblicando una raccolta di poesie in dialetto stiriano. Scrisse romanzi dal realismo vivace e dall'umorismo bonario, sviluppando nelle ultime opere una vena mistica

Allora è giunta l’estate


Se le cicale cantano
sugli alberi del viale
se il frumento
è diventato giallo
e ha i grani duri,
se i fiumi hanno
appena una vena d'acqua,
se le rondini
volano alte
fino a scomparire
nel cielo,
se nel giardino
sono fioriti i girasoli,
se la fontana
mette voglia di bere,
se, per la pioggia,
il cielo tuona e lampeggia,
vuol dire che è giunta
l'Estate.
 
R.Pezzani

Bianca Bianchi



(Vicchio, 31 luglio 19149 luglio 2000)
è stata un'insegnante ,politica italiana e 
partigiana.
Sono gli anni duri della Prima Guerra e del dopoguerra…, tuttavia lei riesce a studiare, si laurea in pedagogia e filosofia e diventa insegnante. Certo, un mondo fatto di libri non le basta e allora decide di mettersi in gioco, direttamente. Abbraccia le istanze concrete della sua gente del Mugello e si iscrive al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, e il 7 giugno viene eletta nel XV Collegio, quello di Firenze.
Il suo mandato terminerà il 31 gennaio 1948: saranno anni intensi per lei, che contemporaneamente è stata eletta anche al primo Consiglio Comunale di Firenze. Nel travaglio interno al suo partito seguirà poi il gruppo che con Saragat, Silone, Zanardi formerà il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani. Ma, in questo fatidico 25 giugno 1946, ciò è ancora da venire. Deputata all'Assemblea Costituente e membro della Commissione dei 75, che ha scritto la Costituzione della Repubblica Italiana. Dopo essere stata deputata nella I Legislatura per il Partito Socialista Democratico Italiano, negli anni sessanta è stata vice-sindaco di Firenze, sotto Luciano Bausi. Bianca Bianchi La donna che battè Pertini La chiamavano l' «angelo biondo» più per il colore della capigliatura che per il carattere, battagliero e tenace. Bianca Bianchi, morta  all' ospedale di Borgo San Lorenzo, è stata una delle prime donne italiane a varcare la soglia del Parlamento, prima come costituente, nel 1946, eletta nel Psiup, il partito di Nenni e Pertini, nel collegio di Firenze-Pistoia dove battè il capolista, Pertini.Il paese della Rufina ricorda Bianca Bianchi intitolandole una strada e promuovendo un convegno dedicato alla sua figura. Ha scritto numerosi libri, tra cui "Io torno a Vicchio" e "La storia è memoria".

LUGLIO



LUGLIO
Leggero e pesante
Unico e
Gioioso
Luglio ci
Immerge nell'
Onda

martedì 30 luglio 2019

Detto Antico.


Chi bella vuol parere un po' deve soffrire

Non dovresti conoscere la disperazione



Non dovresti conoscere la disperazione
se le stelle scintillano ogni notte
se la rugiada scende silenziosa a sera
e il sole indora il mattino.
Non dovresti conoscere la disperazione seppure
le lacrime scorrano a fiumi:
non sono gli anni più amati
per sempre presso il tuo cuore:
Piangono, tu piangi, così deve essere:
il vento sospira dei tuoi sospiri,
e dall’inverno cadono lacrime di neve
là dove giacciono le foglie d’autunno:
pure, presto rinascono, e il tuo destino
dal loro non può separarsi:
continua il tuo viaggio, se non con gioia
pure, mai con disperazione!

 Emily Brontë

Maria Anna Mozart



nome per esteso Maria Anna Walburga Ignatia Mozart
(Salisburgo, 30 luglio 1751Salisburgo, 29 ottobre 1829)
è stata una pianista austriaca.
Era la sorella maggiore di Wolfgang Amadeus Mozart, figlia di Leopold Mozart e di Anna Maria Pertl. In famiglia la chiamavano "Nannerl" e con questo vezzeggiativo è passata alla storia. Come suo fratello, Nannerl Mozart rivelò un precoce talento musicale: da bambina si esibiva al suo fianco, al clavicembalo e al fortepiano, durante le tournées organizzate dal padre. Avendo riscontrato le straordinarie qualità dei suoi figli, infatti, Leopold Mozart li portò fin da piccoli a suonare in molte città europee, tra le quali Vienna e Parigi. Durante questi viaggi, sia Wolfgang che Nannerl si ammalarono gravemente a più riprese, anche di malattie mortali come il vaiolo e il tifo e Nannerl sopravvisse anche alla tisi, che contrasse alcuni anni dopo. La sorella di Mozart divenne un'eccellente pianista e un'insegnante di musica molto apprezzata. Wolfgang aveva un'alta opinione del suo talento e della sua competenza, e le sottoponeva d'abitudine le proprie partiture per averne un parere; compose inoltre alcuni pezzi per pianoforte a quattro mani per suonarli in coppia con lei. La incoraggiò a comporre musica, attività nella quale evidentemente Nannerl aveva provato a cimentarsi. Evidentemente però Nannerl non seguì il consiglio del fratello, e se anche lo seguì, della sua musica non è rimasta traccia. Nessuna sua composizione è stata conservata e anche quel misterioso Lied si è perso chissà dove. Nannerl Mozart sposò nel 1784 il Barone Johann Baptist von Berchtold zu Sonnenburg e si trasferì con lui a Sankt Gilgen, un villaggio a 6 ore di carrozza da Salisburgo. Ebbe un figlio maschio, Leopoldl  e due femmine, Jeanette e Marie Babette. Dovette rallentare le attività musicali e divenne una madre di famiglia, occupandosi dei propri figli e anche di quelli del marito, nati da ben due precedenti matrimoni. Con tutta probabilità, Nannerl era d'accordo con suo padre nel giudicare Constanze Weber, la donna che Mozart scelse di sposare, inadatta a lui e comunque di estrazione sociale troppo bassa; e questo contribuì a raffreddare i suoi rapporti col fratello. Col passare degli anni, infatti, i loro contatti si diradarono gradualmente, fino a interrompersi del tutto dopo la morte del padre (1787), quando ebbero insanabili dissapori ereditari. In seguito alla prematura scomparsa di Wolfgang Amadeus (1791), però, Nannerl diede un contributo di notevole importanza alla promozione della sua figura di musicista, collaborando con i suoi biografi, autenticando le sue composizioni e incentivandone la pubblicazione. Rimasta vedova nel 1801, Nannerl tornò a Salisburgo e riprese alacremente l'insegnamento del pianoforte. Morì quasi ottantenne e negli ultimi anni della sua vita ebbe la consolazione di instaurare un rapporto affettuoso, materno, con suo nipote Franz Xaver Wolfgang Mozart, uno dei due figli di Amadeus. Oggi riposa A Salisburgo, nel cimitero della Peterskircke, accanto a Johann Michael Haydn, il fratello di Franz Joseph Haydn, a sua volta musicista e compositore.

L'ospedale del Signore



Sono andato all'ospedale del Signore per fare un controllo di routine ed è risultato che ero molto ammalato.
Andai alla visita generale: 
quando Gesù mi ha misurato la pressione, ha visto che ero scarso di tenerezza, nel misurarmi la temperatura il termometro ha registrato 40 gradi di egoismo.
Andai nell'ambulatorio di oculistica: non riuscivo a vedere bene poiché non guardavo più in là delle apparenze, vedevo molto sfocato sia da vicino che da lontano in  quanto non riuscivo neppure a notare le persone accanto a me che potevano avere bisogno del mio aiuto e vedevo i difetti degli altri ma non i miei.
Andai nell'ambulatorio di ortopedia: avevo difficoltà a camminare perchè mi ero fratturato una gamba quando avevo inciampato con la mia vanità e la mia presunzione.
Andai nell'ambulatorio di cardiologia: dall'elettrocardiogramma risultò che avevo bisogno di vari by-pass di amore, perchè le mie vene erano otturate e non rifornivano il mio cuore vuoto.
Finite tutte le visite passai dal Signore un po' abbattuto con i miei referti medici tra le mani, mi guardò e mi sorrise con infinita dolcezza e comprensione.
Prese il blocchetto delle ricette e si mise a scrivere le medicine da prescrivermi per la mia totale guarigione.
Presi il foglio che mi tendeva e chiesi quanto dovevo per la parcella.
Mi rispose che le sue consulenze erano gratuite.
Lessi il foglio: non erano medicinali, ma rimedi naturali, gli stessi prescritti nel Vangelo.
Iniziai immediatamente la cura: la mattina appena alzato dal letto presi due compresse: una di pazienza e una di rispetto verso gli altri per affrontare nel modo giusto tutta la giornata; a metà mattina ho preso alcune gocce di gentilezza; dopo pranzo, a stomaco pieno,  ho bevuto un bicchiere colmo di umiltà; verso sera ho dovuto fare un'iniezione di amore; più tardi, prima di coricarmi, un cucchiaio di uno sciroppo speciale: la consapevolezza di ciò che avevo fatto di buono e di ringraziamento a Dio per la giornata che mi aveva donato.
Web

lunedì 29 luglio 2019

La Colomba e la Formica



Una Colomba bevea nell'acque limpide d'un ruscello, quand'ecco vi precipita una Formica. Invan cerca la misera di trarsi fuori da quel vasto oceano, quando, toccata da gran misericordia, la Colomba un fil d'erba le gettò, che fu per la Formica un promontorio.
E così la meschina si salvò.
In quel mentre di là passa uno zotico villano a piedi nudi, che vedendo il sacro uccel, tosto d'ucciderlo con una sua balestra meditò. E già la mira, e nel suo cor già sembragli
d'averla bella e cotta nella pentola. Ma in quel momento sul tallon la piccola avveduta Formica il morsicò.
Mentre indietro a guardar egli volgeasi, la Colomba ebbe tempo di fuggirsene. E la cena così fuor della pentola col piccione nell'aria svaporò.

Jean La Fontane

LA RONDINELLA



Sotto  il cornicione di un vecchio campanile vi  era  un  nido da cui sporgeva il capino di  due rondini:madre e figlia.-Coraggio-diceva  la  madre - apri  le tue  ali  al vento, aprile e  lanciati  fuori.  Ma  la  rondinella  esitava  e  diceva:
- E' tanto profondo  il vuoto ! La mia  ala è tanto  piccola!
La mamma riprendeva: -Quando io mi sono gettata dall'alto del mio nido ero piccola come te. Il buon DIO mi ha  sorretta. La rondinella aprì le sue ali al
vento e  si  lasciò  andare  col cuore in tumulto. Volava senza fatica! Che gioia! Non temeva più il vuoto. Volò leggera intorno al vecchio campanile.  E  sua mare  squittiva  di  gioia  con lei.

A.Tacchinardi

Benedici la vita, o fratello



Benedici la vita, o fratello, 
anche se non ti è benigna. 
Dimentica il tuo piccolo mondo: 
non altro che un nulla, disperso 
ne l'immenso ritmo errabondo 
de l'universo ... 
Benedici la vita, o fratello, 
anche se ogni anno 
è una pietra sulle tue spalle, 
e i tuoi capelli si fanno 
d'argento! 
Anche le foglie 
cedono all'ultimo gioco 
 del vento:il sole perde il suo foco

prima di dare l'addio
ai paesi ove sbianca l'inverno;
e nulla resta d'eterno
se non l'anima e la legge di Dio.
Benedici la vita, o fratello,
per una giornata di sole.
Ogni stagione ha il suo frutto
e ogni cielo la sua nube di rosa.
Dimentica il tuo piccolo mondo
per sentirti una sola cosa
con l'ineffabile Tutto.
E se il dubbio tenda l'agguato
alla tua fede per farla tremare,
allora guarda il cielo stellato
e inginòcchiati per adorare.

 Luigi Orsini

Patria



O Patria, parola sì breve,
si grande, fra tante parole,
che brilli di fuoco e di neve,
e odori di scogli e d'aiole;
che stringi in un fervido accordo
le genti vicine e lontane,
e chiami a la prece e al ricordo
con voce di mille campane;
o Patria, sii tu benedetta
per ogni remota contrada,
sei sangue e rugiada, sei vita e bontà
O Patria, dai monti a le sponde
sei tutta un sorriso di Dio!
Te cingon di fremiti l'onde
confuse in un sol balenìo.
E tutta un'immensa bellezza
dal vivo tuo cuore s'espande
letizia, virtù, giovinezza
per culmini e lande, per campi e città.

Luigi Orsini

Luigi Orsini




(Imola, 13 novembre 1873ivi, 8 novembre 1954)
è stato un poeta, scrittore e librettista italiano.
Nasce in una famiglia di condizione agiata, che gli consente di effettuare studi superiori. Frequenta il liceo classico a Faenza, poi s'iscrive all'Università di Bologna. Qui conosce Giovanni Pascoli e Giosuè Carducci, massimi ispiratori della sua vocazione letteraria. Si laurea in giurisprudenza (novembre 1900), ma decide di dedicarsi alla letteratura. Nel 1907 inizia l'attività di scrittore di libretti d'opera, che gli porta un buon successo. Nel 1911 ottiene la cattedra, già di Emilio Praga e di Giuseppe Giacosa, di Letteratura poetica e drammatica al Conservatorio di Milano, che tiene fino al 1939. Nel 1933 vince con la lirica Humilis ardeo il “Lauro d'oro” alla prima accademia nazionale di poesia tenuta a Milano. Orsini ha collaborato con importanti giornali: Il Popolo d'Italia, Il Resto del Carlino, Regime fascista, L'Illustrazione Italiana. È stato anche fondatore, con l'amico Gaetano Gasperoni, di una rivista di studi storici locali: La Romagna nella storia, nelle lettere e nelle arti (gennaio 1904). Nonostante la lunga permanenza a Milano Orsini restò sempre molto legato alla sua terra di origine. I versi dedicati alla città natale nel Carme a la Romagna sono stati per vari decenni l'emblema d'Imola:
E tu lévati incontro a la ventura/
Imola, da' tuoi cento orti fecondi/
Come da un dolce bagno di frescura!
Il 26 marzo 1938, Luigi Orsini, Gian Luigi Poggiali e Rezio Buscaroli (padre di Piero), fondarono l'«Associazione per Imola Storico-Artistica» (AISA), istituzione culturale tuttora operante nel territorio imolese. Ad essa aderirono personalità come Giacomo Dal Monte Casoni, i conti Pasolini, Alessandretti, Serristori-Tozzoni ed altri. Primo presidente fu lo stesso Luigi Orsini.

Il Gomitolo della vita


Un giorno un ragazzo incontrò un'Angelo
che dopo avergli parlato di tante cose gli
affidò  un  gomitolo  di  spago dicendogli:
-Custodiscilo  con  cura è la tua VITA, se
la  vuoi  scorrere  ogni  t anto   fallo  con
parsimonia!   Il  ragazzo  passato  alcuni
anni s'era stufato della scuola, si ricordò
del  gomitolo  e disse:-Lo tiro un pò così
faccio prima!  Finì  la scuola si fidanzò e
non  vedeva  l'ora  di avere una famiglia
sua........ritornò  al  gomitolo  e  ne  tirò
un'altro pò.........Si ritrovò sposato e con
dei  figli..............Mammamia! La  moglie 
diceva: - Non  vedo l'ora che questi figli
vadano a scuola.....e tira lo spago........
Non  vedo  l'ora  che  abbiano  finito gli
studi......e ritira lo spago.........non vedo
l'ora  abbiano  trovato un lavoro..........e
tira e tira. Un  giorno  si  decise a guar-
dare il gomitolo..
Rimase molto male nel
vederlo piccolissimo,da allora lo
costudì
gelosamente...però aveva tirato tante ..
troppe  volte  la corda e invano per non
aver  pazienza  di  aspettare lo scorrere
normale  della vita. Adesso gli rimaneva
poca  corda  e TANTO..... RIMPIANTO!
Dai miei Amati libri

Spendi l'amore




Spendi l'amore a piene mani!
L'amore è l'unico tesoro
che si moltiplica per divisione,
è l'unico dono che aumenta
quanto più ne sottrai,
è l'unica impresa nella quale
più si spende più si guadagna:
regalalo, buttalo via,
spargilo ai quattro venti,
vuotati le tasche,
scuoti il cesto,
capovolgi il bicchiere
e domani ne avrai più di prima.

Teresa Noce


Nata nel 1900 a Torino da famiglia operaia e costretta ad abbandonare molto presto la scuola, continuò a istruirsi da autodidatta, svolgendo vari mestieri. Nel 1921 fu fra le fondatrici del Partito comunista italiano; nell'ambiente politico torinese conobbe Luigi Longo. Si sposeranno nel 1926 e avranno tre figli, uno dei quali morirà in tenera età. Nel gennaio 1926 i due espatriano, stabilendosi prima a Mosca e poi a Parigi. Da qui Teresa Noce compì numerosi viaggi clandestini in Italia per svolgervi propaganda e attività antifascista. Nei primi anni trenta, fece ritorno a Mosca con Longo e, quindi, nuovamente a Parigi, dove partecipò alla fondazione del giornale Noi donne. Nel 1936 insieme con il marito si recò in Spagna tra i volontari accorsi in difesa della Repubblica dopo lo scoppio della guerra civile spagnola, nel corso della quale curò la redazione del giornale degli italiani combattenti nelle Brigate internazionali, Il volontario della libertà. Lì assunse il nome di battaglia di Estella. Rientrata in Francia, dove pubblicò, nel 1937, Gioventù senza sole, romanzo autobiografico dedicato al racconto della sua giovinezza torinese, allo scoppio della Seconda guerra mondiale venne internata nel campo di Rieucros; liberata per intervento delle autorità sovietiche e autorizzata a lasciare la Francia e a ritornare a Mosca, dove vivevano i figli, ne fu impedita dall'invasione tedesca dell'Unione Sovietica, avvenuta nel giugno 1941. Rimase in Francia, a Marsiglia, dove prese a lavorare per il Partito comunista francese  e partecipò alla Resistenza. Nel 1943 venne arrestata e, dopo alcuni mesi di carcerazione, deportata in Germania, prima nel campo di concentramento di Ravensbruck, poi a Holleischen in Cecoslovacchia, dove fu adibita a lavoro forzato in una fabbrica di munizioni fino alla liberazione del campo da parte dell'esercito sovietico. Alla fine della guerra, ritornata in Italia, il 2 giugno 1946 fu tra le 21 donne elette all'Assemblea costituente italiana; insieme con Maria Federici, Nilde Iotti , Lina Merlin , Ottavia Penna . Fu segretaria nazionale della FIOT, il sindacato delle operaie tessili e nel 1948 fu eletta nella prima legislatura del parlamento repubblicano, nel quale si distinse come proponente della legge 26 agosto 1950 n. 860 per la "Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri" che, sostituendo la precedente normativa in materia del 1934, costituì la base della legislazione sul lavoro femminile fino alle leggi degli anni settanta sulla parità tra donne e uomini. Nel 1954, dopo essersi separata da Luigi Longo, si allontanò dalla vita politica attiva ritirandosi gradualmente a vita privata, ma dal 1959 fu attiva nel CNEL quale membro della CGIL; nel 1974 pubblicò la sua autobiografia, Rivoluzionaria professionale, che racconta, insieme alla sua storia personale, la vicenda del partito comunista italiano dalla sua fondazione. Morì a Bologna, all'età di 79 anni, il 22 gennaio 1980.

Proverbi



Quando piove a luglio, ti viene il batticuore.
Il mattino scuro di Luglio non significa brutta giornata.
Nuvole di luglio, fan presto tafferuglio.
Luglio trebbiatore, quanta grazia del Signore.
Se Luglio fa tempesta - l’uva non riempie la cesta.
Se piove con solleone- le castagne son tutte guscioni.
Luglio luglietto, se non piove, il fieno è secco.
Gennaio zappatore, febbraio potatore, marzo amoroso, aprile carciofaio, maggio ciliegiaio, giugno fruttaio, luglio agrestaio, agosto pescaio, settembre ficaio, ottoble mostaio, novembre vinaio, dicembre favaio.
Il grano freddo di gennaio, il mal tempo di febbraio, il vento di marzo, le dolci acque di aprile, le guazze di maggio, il buon mieter di giugno, il buon batter di luglio, le tre acque d'agosto con la buona stagione, vagliono più che il tron di Salomone.

domenica 28 luglio 2019

Sorridi

 
Sorridi alla vita che nasce in un fiore,
al piccolo passero che cerca una
briciola sul tuo davanzale.
Sorridi alle stelle che brillano in cielo,
sorridi alla luna che piena ti osserva
dall’alto.
Sorridi al colore del cielo al tramonto
al sole che ora si tuffa  nel mare facendo
con esso l’amore, qual cosa più bella e
resti a guardare.
E sorridi come  tu sola sai fare, pensando
che in fondo è bella la vita.
Sorridi alla gente che non vuole capire
che tutto in un attimo può aver la sua fine.
Sorridi e a nulla pensare perché è questo
il mondo e non lo puoi cambiare.
Sorridi perché tutto ha un senso anche se
a te sembra strano, ma dammi una mano e
ti aiuto a capire, ti porto su in alto da dove
l’arcano si svela ai tuoi occhi e ora  sorridi
perché puoi capire.   
 
Alfonso Savino

Madre Teresa


I MIEI FIGLI DIMENTICHERANNO



Il tempo, inesorabilmente, svuoterà gli occhi dei miei figli, che ora traboccano di un amore poderoso e incontenibile...
Toglierà dalle loro labbra il mio nome urlato, cantato, sillabato e pianto cento, mille volte al giorno. Cancellerà – un po’ alla volta oppure all’improvviso – la familiarità della loro pelle con la mia, la confidenza assoluta che ci rende praticamente un corpo solo. Con lo stesso odore, abituati a mescolare i nostri umori, lo spazio, l’aria da respirare. Subentreranno, a separarci per sempre, il pudore, il giudizio, la vergogna. La consapevolezza adulta delle nostre differenze.
Come un fiume che scava l’arenaria, il tempo minerà la fiducia che mi rende ai loro occhi onnipotente. Capace di fermare il vento e calmare il mare. Riparare l’irreparabile, guarire l’insanabile, resuscitare dalla morte.
Smetteranno di chiedermi aiuto, perché avranno smesso di credere che io possa in ogni caso salvarli. Smetteranno di imitarmi, perché non vorranno diventare troppo simili a me. Smetteranno di preferire la mia compagnia a quella di chiunque altro, e guai se questo non dovesse accadere.
Sbiadiranno le passioni – la rabbia e la gelosia, l’amore e la paura. Si spegneranno gli echi delle risate e delle canzoni, le ninne nanne e i C’era una volta termineranno di risuonare nel buio.
Con il tempo, i miei figli scopriranno che ho molti difetti, e, se sarò fortunata, ne perdoneranno qualcuno.
Saggio e cinico, il tempo porterà con sé l’oblio. Dimenticheranno, anche se io non dimenticherò.
Il solletico e gli inseguimenti (“Mamma, ti prendo io!”), i baci sulle palpebre e il pianto che immediato ammutolisce con un abbraccio. I viaggi e i giochi, le passeggiate e le febbri alte. I balli, le torte, le carezze mentre si addormentano piano.
I miei figli dimenticheranno. Dimenticheranno che li ho allattati e cullati per ore, portati in fascia e tenuti per mano. Che li ho imboccati e consolati e sollevati dopo cento cadute. Dimenticheranno di aver dormito sul mio petto di giorno e di notte, che c’è stato un tempo in cui hanno avuto bisogno di me quanto dell’aria che respirano.
Dimenticheranno, perché è questo che fanno i figli, perché è questo che il tempo pretende.
E io, io, dovrò imparare a ricordare tutto anche per loro, con tenerezza e senza rimpianto. Gratuitamente. Purché il tempo, sornione e indifferente, sia gentile abbastanza con questa madre che non vuole dimenticare.
(unamammagreen.com)

IL PROVERBIO



Il proverbio o detto popolare è l’espressione della voce del popolo, è come una scintilla nella via del futuro che guida nel giudizio o nell’operato di ognuno di noi e anche se ormai l’uso del proverbio appartiene più al passato che al presente, spesso rispolverarne qualcuno può risultare piacevole e divertente.
Una raccolta di proverbi è come un insieme di leggi che formano la scienza della vita pratica, infatti, sono scientificamente tratti da un numero infinito di esperienze quotidiane. Molto spesso un proverbio ne contraddice un altro, ma è anche vero che nessuno dei due sbaglia. C’è sempre un proverbio giusto per ogni situazione. Spesso ne diciamo uno piuttosto che un altro o addirittura ne diciamo più d’uno per riferirci alla stessa cosa.
 Il proverbio nasce da una particolare condizione di luogo e di tempo e può dare origine a dieci, cento fatti in un determinato senso e di conseguenza ad un proverbio stesso; un’altra condizione può generare a sua volta dieci o cento fatti in senso contrario e dare così origine ad altri proverbi opposti.
I proverbi possono essere nazionali e regionali, in lingua italiana o in lingua dialettale. Molti dei proverbi più antichi li troviamo tra quelli romaneschi, la maggior parte sono d’importazione dalle due civiltà di cui Roma fu madre: la civiltà pagana e quella cristiana. A Roma venne gente da ogni parte, una città che storicamente tutto assorbe ma tutto armonizza. “Romana è quanta gente abita il mondo” dicevano gli antichi Imperatori: “Romano è ogni cristiano” dicevano i Papi; “Romano è ogni italiano” diciamo oggi.
Curiosamente, al contrario di altri proverbi regionali, a Roma mancano quelli sul clero. Eppure quale città più di Roma ebbe a che fare con i preti? Qui non nacquero perché non sarebbero stati permessi e chi li avrebbe pronunciati avrebbe pagato caro il gusto di farlo. Così il popolo romano poteva avere sfogo nelle “pasquinate”. Pasquinate che tutti leggevano ma non si sapeva chi le avesse scritte, dove si leggeva la storia di Roma, commentata dallo spirito sarcastico che spesso sgorga dalla calma sprezzante tipica del romano.
Il proverbio viene definito spesso come la saggezza dei vecchi ed è senz’altro una saggezza che merita di essere tramandata ai giovani. A chi non è capitato di citarne qualcuno a conclusione di un discorso tanto per sottolineare quello che si è appena detto?
Molti proverbi sono andati persi nel tempo ed è un peccato non tramandare o perdere le tradizioni.
Web

RICHIESTA



Voglio altre ombre dorate, altre palme
con altri voli di uccelli stranieri
voglio strade differenti, nella neve,
una fanghiglia differente quando piove,
voglio il fervido odore di altri legni,
voglio il fuoco con fiamme forestiere,
altre canzoni, altre asprezze,
che non abbia conosciuto le mie tristezze.
 
Silvina Ocampo.

I DELFINI

I delfini non giocano tra le onde
come la gente pensa.
I delfini si addormentano andando a fondo.
Cosa cercano? Non lo so.
Quando toccano il fondo
si svegliano all’improvviso
e risalgono perché il mare è molto profondo
e quando salgono cosa cercano? Non lo so.
E vedono il cielo e gli ritorna il sonno
e di nuovo scendono addormentati,
e ancora toccano il fondo del mare
e si svegliano e riprendono a salire.
Così sono i nostri sogni.

Silvina Ocampo.

Silvina Ocampo


è stata una poetessa e scrittrice argentina.
Nata in una famiglia dell'alta società, era la sorella minore dell'editrice e scrittrice Victoria Ocampo. Fin da piccola manifestò una vivace inclinazione per la poesia e studiò pittura. Seguendo la tradizione culturale della sua famiglia, e soprattutto le orme della sorella maggiore, entrò presto in contatto con l'ambiente intellettuale argentino. Tramite un suo amico, lo scrittore Jorge Luis Borges, conobbe Adolfo Bioy Casares, anch'egli scrittore, che sposò nel 1940. Scrisse poesie, racconti, romanzi e opere teatrali; insieme a Borges e a Bioy Casares è famosa in particolare per essere una scrittrice di storie fantastiche. La sua prima pubblicazione poetica Enumeración de la patria (Enumerazione della patria) è del 1942. A questa prima raccolta seguirono Espacios metricos (Spazi metrici) del 1945, Poemas de amor desesperado (Poema di amore disperato) del 1949 e Los nombres (I nomi) nel 1953. Successivamente si occupò di narrativa, scrivendo racconti e romanzi fantastici. Nel 1962 ritornò alla poesia con Lo amargo por lo dulce (L'amaro per il dolce), seguito da Amarillo celeste (Giallo celeste) del 1972 e Árboles de Buenos Aires (Alberi di Buenos Aires) del 1979. Del 1991 è l'antologia di racconti Las reglas del secreto (Le regole del segreto). Ottenne numerosi importanti premi nazionali, fra i quali il Gran Premio Nazionale di Letteratura, conferitole due volte, il Premio Nazionale di Poesia, la fascia d'onore della Società degli Scrittori Argentini e vari altri premi cittadini.

Rosina Ferrario



(Milano, 28 luglio 18881959)

è stata una aviatrice italiana.
Rosina  è stata, al pari di Carina Massone Negrone, una pioniera del volo femminile italiano. Figlia di una agiata famiglia borghese coltivava la passione per lo sport e la montagna, si fece notare per la volontà di ottenere gli stessi privilegi maschili come il poter guidare un'automobile o inseguire il sogno di pilotare un aeroplano. Iscritta alla scuola di volo ottenne il brevetto di pilota di aerei numero 203, prima in Italia, il 3 gennaio 1913 a Vizzola Ticino. Una volta conseguito partecipa a diverse manifestazioni e voli dimostrativi, accrescendo la sua fama a livello nazionale. Tra le sue imprese si ricorda la pioggia di garofani rossi fatta cadere sulla folla al Meeting Aviatorio di Napoli, la sua partecipazione del 1913 alla prima edizione del Circuito dei Laghi Italiani. Insieme a Achille Landini, altro pioniere dell'aviazione italiana, si esibisce in occasione della manifestazione per il centenario della nascita di Giuseppe Verdi, atterrando, immersa nella nebbia, nel campo di mais preparato per l'evento nei pressi di Busseto. Venne invitata a partecipare ad alcuni voli promozionali turistici in America Latina ai quali dovette rinunciare per l'approssimarsi della Prima Guerra Mondiale. Certa di poter essere utile, si rende disponibile per poter pilotare velivoli atti al soccorso dei militari feriti per conto della Croce Rossa ma in base ad un decreto del Ministero della Guerra venne sospeso tutto il traffico aereo civile, specificando che alla guida degli aeromobili erano ammessi solo piloti militari. La Ferrario cercò di ottenere il permesso di essere integrata nel corpo aeronautico ma le venne negato da una lettera di risposta dello stesso Ministero perché, spiegava, "non è previsto l'arruolamento di signorine nel Regio Esercito". Nel periodo successivo al termine del primo conflitto mondiale, pur partecipando agli incontri dei Pionieri dell'Aeronautica, non si approcciò più al volo in quanto non riconosceva nei velivoli di nuova concezione quella aura di romanticismo che l'aveva spinta a conseguire il brevetto. Si sposa con Enrico Grugnola imprenditore conosciuto in una delle sue amate escursioni in montagna, e con lui apre uno storico albergo milanese, l'Hotel Italia ubicato in piazzale Fiume. Da quel momento si dedica solamente alla famiglia, con l'unico legame al mondo aeronautico deputato ai ritrovi dei soci dei Pionieri. Si spegne nel 1959, e le sue spoglie riposano nel cimitero di Sesto San Giovanni, dove il distintivo dei Pionieri a lei caro fa da unica decorazione sulla sua tomba.

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