lunedì 31 luglio 2017

Luglio


31 luglio sant Ignazio di Loyola


Sacerdote 1491/ 31 luglio 1556

Etimologia Ignazio = di fuoco, igneo, dal latino
Emblema: IHS (monogramma di Cristo)
Il primo scritto che racconta la vita, la vocazione e la missione di s. Ignazio, è stato redatto proprio da lui, egli racconta la sua chiamata e la sua missione, presentandosi in terza persona, per lo più designato con il nome di “pellegrino. Gande protagonista della Riforma cattolica nel XVI secolo, nacque ad Azpeitia un paese basco, nell’estate del 1491, il suo nome era Iñigo Lopez de Loyola, settimo ed ultimo figlio maschio di Beltran Ibañez de Oñaz e di Marina Sanchez de Licona, genitori appartenenti al casato dei Loyola, uno dei più potenti della provincia di Guipúzcoa, che possedevano una fortezza padronale con vasti campi, prati e ferriere. Iñigo perse la madre subito dopo la nascita, ed era destinato alla carriera sacerdotale secondo il modo di pensare dell’epoca, nell’infanzia ricevé per questo anche la tonsura. Ma egli ben presto dimostrò di preferire la vita del cavaliere come già per due suoi fratelli; il padre prima di morire, nel 1506 lo mandò ad Arévalo in Castiglia, da don Juan Velázquez de Cuellar, ministro dei Beni del re Ferdinando il Cattolico, affinché ricevesse un’educazione adeguata; accompagnò don Juan come paggio, nelle cittadine dove si trasferiva la corte allora itinerante, acquisendo buone maniere che tanto influiranno sulla sua futura opera. Nel 1515 Iñigo venne accusato di eccessi d’esuberanza e di misfatti accaduti durante il carnevale ad Azpeitia e insieme al fratello don Piero, subì un processo che non sfociò in sentenza, questo per comprendere che era di temperamento focoso, corteggiava le dame, si divertiva come i cavalieri dell’epoca. nel 1517 si trovò a combattere varie volte, fra cui nell’assedio del castello di Pamplona ad opera dei francesi; era il 20 maggio 1521, quando una palla di cannone degli assedianti lo ferì ad una gamba. rasportato nella sua casa di Loyola, subì due dolorose operazioni alla gamba, che comunque rimase più corta dell’altra, costringendolo a zoppicare per tutta la vita. Durante la convalescenza si mise a leggere la “Leggenda Aurea” (vita di santi) dalla meditazione di queste letture, si convinse che l’unico vero Signore al quale si poteva dedicare la fedeltà di cavaliere era Gesù stesso.Per iniziare questa sua conversione di vita, decise appena ristabilito, di andare pellegrino a Gerusalemme dove era certo, sarebbe stato illuminato sul suo futuro; partì nel febbraio 1522 da Loyola diretto a Barcellona, fermandosi all’abbazia benedettina di Monserrat, si spogliò degli abiti cavallereschi vestendo quelli di un povero e fece il primo passo verso una vita religiosa con il voto di castità perpetua. si fermò nella cittadina di Manresa e per più di un anno condusse vita di preghiera e di penitenza; fu qui che vivendo poveramente presso il fiume Cardoner “ricevé una grande illuminazione”, sulla possibilità di fondare una Compagnia di consacrati e che lo trasformò completamente.In una grotta dei dintorni, in piena solitudine prese a scrivere una serie di meditazioni e di norme, che successivamente rielaborate formarono i celebri “Esercizi Spirituali”, i quali costituiscono ancora oggi, la vera fonte di energia dei Gesuiti e dei loro allievi.Arrivato nel 1523 a Barcellona, Iñigo di Loyola, invece di imbarcarsi per Gerusalemme s’imbarcò per Gaeta e da qui arrivò a Roma la Domenica delle Palme, fu ricevuto e benedetto dall’olandese Adriano VI, ultimo papa non italiano fino a Giovanni Paolo II. arrivò in Terrasanta visitando tutti i luoghi santificati dalla presenza di Gesù; avrebbe voluto rimanere lì ma ritornò nel 1524 in Spagna. Si  trasferì a Parigi rimanendovi fino al 1535, ottenendo il dottorato in filosofia.   A  causa della guerra fra Venezia e i Turchi, il viaggio in Terrasanta sfumò, per cui si presentò al Papa   Paolo III, il quale disse: “Perché desiderate tanto andare a Gerusalemme? Per portare frutto nella Chiesa di Dio l’Italia è una buona Gerusalemme”; e tre anni dopo si cominciò ad inviare in tutta Europa e poi in Asia e altri Continenti, quelli che inizialmente furono chiamati “Preti Pellegrini” o “Preti Riformati” in seguito chiamati Gesuiti.  Ignazio di Loyola nel 1537 si trasferì in Italia prima a Bologna e poi a Venezia, dove fu ordinato sacerdote; insieme a due compagni si avvicinò a Roma e a 14 km lì  ebbe   una visione che lo confermò nell’idea di fondare una “Compagnia” che portasse il nome di Gesù.Il 27 settembre 1540 papa Polo III approvò la Compagnia di Gesù con la bolla “Regimini militantis Ecclesiae”.L’8 aprile 1541 Ignazio fu eletto all’unanimità Preposito Generale e il 22 aprile fece con i suoi sei compagni, la professione nella Basilica di S. Paolo; nel 1544 padre Ignazio, divenuto l’apostolo di Roma, prese a redigere le “Costituzioni” del suo Ordine, completate nel 1550, mentre i suoi figli si sparpagliavano per il mondo.Rimasto a Roma per volere del papa, coordinava l’attività dell’Ordine, nonostante soffrisse dolori lancinanti allo stomaco, dovuti ad una calcolosi biliare e a una cirrosi epatica mal curate, limitava a quattro ore il sonno per adempiere a tutti i suoi impegni e per dedicarsi alla preghiera e alla celebrazione della Messa.Il male fu progressivo limitandolo man mano nelle attività, finché il 31 luglio 1556, il soldato di Cristo, morì in una modestissima camera della Casa situata vicina alla Cappella di Santa Maria della Strada a Roma. Fu proclamato beato il 27 luglio 1609 da31 luglio 1556 papa Paolo V e proclamato santo il 12 marzo 1622 da papa Gregorio XV.

Autore: Antonio Borrelli

Cercavo te nelle stelle


Cercavo te nelle stelle
quando le interrogavo bambino.
Ho chiesto te alle montagne,
ma non mi diedero che poche volte
solitudine e breve pace.
... Perché mancavi, nelle lunghe sere
meditai la bestemmia insensata
che il mondo era uno sbaglio di Dio,
io uno sbaglio nel mondo.
E quando, davanti alla morte,
ho gridato di no da ogni fibra,
che non avevo ancora finito,
che troppo ancora dovevo fare,
era perché mi stavi davanti,
tu con me accanto, come oggi avviene,
un uomo una donna sotto il sole.
Sono tornato perché c’eri tu.

PRIMO LEVI

Se questo è un uomo




Voi che vivete sicuri


Nelle vostre tiepide case,


voi che trovate tornando a sera


Il cibo caldo e visi amici:


Considerate se questo è un uomo


Che lavora nel fango


Che non conosce pace


Che lotta per un pezzo di pane


Che muore per un sì o per un no.


Considerate se questa è una donna,


Senza capelli e senza nome


Senza più forza di ricordare


Vuoti gli occhi e freddo il grembo


Come una rana d'inverno.


Meditate che questo è stato:


Vi comando queste parole.


Scolpitele nel vostro cuore


Stando in casa andando per via,


Coricandovi alzandovi;


Ripetetele ai vostri figli.


O vi si sfaccia la casa,


La malattia vi impedisca,


I vostri nati torcano il viso da voi
  
Primo Levi

Se comprendere ......



Se comprendere è impossibile,
conoscere è necessario.
Primo Levi

L'approdo

 

L'approdo

Felice l’uomo che ha raggiunto il porto,
Che lascia dietro di sè mari e tempeste,
I cui sogni sono morti o mai nati,
E siede a bere all’osteria di Brema,
Presso al camino, ed ha buona pace.
Felice l’uomo come una fiamma spenta,
Felice l’uomo come sabbia d’estuario,
Che ha deposto il carico e si è tersa la fronte,
E riposa al margine del cammino.
Non teme né spera né aspetta,
Ma guarda fisso il sole che tramonta.

 Primo Levi

Primo Levi




Primo Michele Levi
(Torino, 31 luglio 1919Torino, 11 aprile 1987)
è stato uno scrittore, partigiano e chimico italiano, autore di racconti, memorie, poesie e romanzi.
Di origini ebraiche, ha descritto in alcuni suoi libri le pratiche e le tradizioni tipiche del suo popolo e ha rievocato alcuni episodi che vedono al centro la sua famiglia. Nel 1921 nasce la sorella Anna Maria, cui resterà legatissimo per tutta la vita. Cagionevole di salute, fragile e sensibile, la sua infanzia è contrassegnata da una certa solitudine a cui mancano i tipici giochi condotti dai coetanei. Nel 1934 Primo Levi si iscrive al Ginnasio - Liceo D'Azeglio di Torino, istituto noto per aver ospitato docenti illustri e oppositori del fascismo come Augusto Monti, Franco Antonicelli, Umberto Cosmo, Zini Zini, Norberto Bobbio e molti altri. Si dimostra un eccellente studente, uno dei migliori, grazie alla sua mente lucida ed estremamente razionale. A questo si aggiunga, come poi dimostreranno i suoi libri, una fantasia fervida e una grande capacità immaginativa, tutte doti che gli permettono di brillare sia nella materie scientifiche che letterarie. In prima Liceo, fra l'altro, ha per qualche mese come professore d'italiano nientemeno che Cesare Pavese. E' comunque già evidente in Levi la predilezione per la chimica e la biologia, le materie del suo futuro professionale. Dopo il Liceo si iscrive alla Facoltà di Scienze alla locale Università (dove stringerà amicizie che dureranno tutta la vita); si laurea con lode nel 1941. Un piccolo particolare macchia però quell'attestato, esso infatti riporta la dicitura "Primo Levi, di razza ebraica". Levi al proposito commenta: "le leggi razziali furono provvidenziali per me, ma anche per gli altri: costituirono la dimostrazione per assurdo della stupidità del fascismo. Nel 1942, per ragioni di lavoro, è costretto a trasferirsi a Milano. La guerra impazza in tutta Europa ma non solo: i nazisti hanno anche occupato il suolo italico. Inevitabile la reazione della popolazione italiana. Lo stesso Levi ne è coinvolto. Nel 1943 si rifugia sulle montagne sopra Aosta, unendosi ad altri partigiani, venendo però quasi subito catturato dalla milizia fascista. Un anno dopo si ritrova internato nel campo di concentramento di Fossoli e successivamente deportato ad Auschwitz. Questa orribile esperienza è raccontata con dovizia di particolari, ma anche con un grandissimo senso di umanità e di altezza morale, nonché di piena dignità, nel romanzo-testimonianza, "Se questo è un uomo", pubblicato nel 1947, imperituro documento delle violenze naziste, scritto da un uomo di limpida e cristallina personalità. In un'intervista concessa poco dopo la pubblicazione (e spesso integrata al romanzo), Primo Levi afferma di essere disposto a perdonare i suoi aguzzini e di non provare rancore nei confronti dei nazisti. Ciò che gli importa, dice, è solo rendere una testimonianza diretta, allo scopo di fornire un contributo personale affinchè si eviti il ripetersi di tali e tanti orrori. Viene liberato il 27 gennaio 1945 in occasione dell'arrivo dei Russi al campo di Buna-Monowitz, anche se il suo rimpatrio avverrà solo nell'ottobre successivo. Nel 1963 Levi pubblica il suo secondo libro "La tregua", cronache del ritorno a casa dopo la liberazione (il seguito del capolavoro "Se questo è un uomo"), per il quale gli viene assegnato il premio Campiello. Altre opere da lui composte sono: una raccolta di racconti dal titolo "Storie naturali", con il quale gli viene conferito il Premio Bagutta; una seconda raccolta di racconti, "Vizio di forma", una nuova raccolta "Il sistema periodico", con cui gli viene assegnato il Premio Prato per la Resistenza; una raccolta di poesie "L'osteria di Brema" e altri libri come "La chiave a stella", "La ricerca delle radici", "Antologia personale" e "Se non ora quando", con il quale vince per la seconda volta il Premio Campiello. Infine scrive nel 1986 un altro testo assai ispirato dall'emblematico titolo "I Sommersi e i Salvati". Primo Levi muore suicida l'11 aprile 1987, probabilmente lacerato dalle strazianti esperienze vissute e dal quel sottile senso di colpa che talvolta, assurdamente, si ingenera negli ebrei scampati all'Olocausto: di essere cioè "colpevoli" di essere sopravvissuti.

Milton Friedman




Milton Friedman
(Brooklyn, 31 luglio 1912San Francisco, 16 novembre 2006)
è stato un economista statunitense, esponente principale della scuola di Chicago. Il suo pensiero ed i suoi studi hanno influenzato molte teorie economiche, soprattutto in campo monetario. Fondatore del pensiero monetarista, è stato insignito del Premio Nobel per l'economia nel 1976.Considerato il principale esponente della teoria economica del monetarismo - secondo cui le forze del mercato, e non certo gli interventi dello Stato, possono assicurare una crescita senza inflazione - grandissimo teorico del liberalismo e tra i principali difensori del capitalismo "laissez-faire". Straordinario economista e pensatore, Milton nasce da una famiglia ebrea poverissima emigrata dall'Europa orientale alla fine del XIX secolo. Diventato uno dei membri più autorevoli della cosiddetta Scuola di Chicago, nel 1947 fonda, assieme a Friedrich August Von Hayek, Ludwig Von Mises, Karl Popper e altri, la Mont Pèlerin Society, associazione composta dai più eminenti esponenti liberali del mondo con funzione di "Roccaforte del Liberalismo" in un periodo dominato da idee per lo più stataliste. Nel 1963 dà alle stampe, assieme ad Anna Schwartz, "La storia monetaria degli Stati Uniti - 1867-1960", uno dei più importanti studi di storia monetaria mai realizzato, anche secondo chi, come Paul Samuelson e James Tobin, ha sempre espresso opinioni opposte sia in economia che in politica. Un celebre capitolo di quest'opera è dedicato alla crisi del 1929, evento cruciale per l'evoluzione delle idee in senso statalista che hanno dominato il ventesimo secolo. Le analisi di Friedman & Schwartz furono rivolte a confutare le tesi keynesiane che descrivevano tale crisi come un fallimento del mercato. Friedman dimostra, dati empirici alla mano, che in realtà quella crisi non fu l'effetto di una carenza del mercato, bensì di un preciso errore commesso dalla Banca Centrale americana, oltre che della sua politica restrittiva e deflazionistica. Così, secondo la complessa e dettagliata analisi di Milton Friedman, quella che aveva tutte le caratteristiche di una normale crisi ciclica, si trasforma, per colpa di un ente di governo (monetario in questo caso) nella più grave depressione economica dell'era capitalista.  Milton Friedman fu ispiratore di quel progetto politico che, a partire dagli anni '60, porterà Ronald Reagan prima al Governatorato della California nel 1968, e poi alla Presidenza degli Stati Uniti nel 1980. Milton Friedman muore a  causa di un arresto cardiaco all'età di 94. Tra i suoi molti libri ricordiamo "Capitalismo e Libertà" (1962), "Dollari e Deficit" (1968), "Per il libero mercato" (1971) e "Liberi di scegliere" (1980), quest'ultimo scritto insieme alla moglie Rose.

Ciao Luglio


Ciao Luglio
Luglio!Luglio !!!Quanto caldo!
Quanto sole a bellosguardo.
Abbronzati e sudaticci,
combiniam solo pasticci.
La capoccia si ristora
sol col sol di primavera.
Tutti quanti ti aspettiamo,
perchè in ferie poi andiamo,
chi ai monti , chi al mare....
nessuno a casa vuole stare.
Ciao Luglio! Ad agosto ci lasci,
speriamo bene e tanti abbracci.

Lucia

Luglio


 Luglio
Ciao Luglio che dire di te!
Col solleone hai fatto da re.
ci hai regalato giorni e notti accaldate,
certo è giusto ...Siamo in estate!
Cosa vogliamo da un mese assolato?
La tintarella e un cono gelato,
che ci rinfreschi almeno la gola
tanto la notte non ci ristora,
ci si rigira sudati nel letto
sognando tutti un dolce freschetto.
Con te andiamo felici in vacanza,
perchè oramai non possiam fare senza,
di posti esotici con frutti sugosi
per poi tornare a casa  nervosi,
di aver finito le nostre ferie,
diciamocelo...è vero!!! son cose serie!
Così l'anno prossimo ti raccomando,
sii generoso... ti sognam tutto l'anno.
.
Lucia

domenica 30 luglio 2017

San Pietro Crisologo




Vescovo e dottore della Chiesa
Imola, ca. 380 - 450
Etimologia: Pietro = pietra, sasso squadrato, dal latino

Emblema: Bastone pastorale

Nella sua vita c’è un momento ovviamente importantissimo per lui: quello della consacrazione a vescovo di Ravenna, intorno al 433. Ma è importante pure tutto ciò che circonda l’evento. Innanzitutto c’è il papa in persona a consacrarlo: Sisto III, cioè l’uomo della pace religiosa dopo dissidi, scontri e iniziative scismatiche, ispirate alle dottrine di Nestorio. Segno perenne di questa pace, il rifacimento della Basilica liberiana sull’Esquilino, dedicata alla Madre di Dio (Santa Maria Maggiore). Quando Pietro tiene il suo primo discorso da vescovo, ad ascoltarlo col papa c’è anche Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, sorella dell’imperatore Onorio e ora madre e tutrice dell’imperatore Valentiniano III. Una donna che è stata padrona della reggia, poi ostaggio dei Goti invasori e moglie per forza di un goto, assassinato poco dopo in una congiura. L’assassino ha poi scacciato lei, costringendola a camminare a piedi per dodici miglia in catene, prima di essere rimandata ai suoi. E poi c’è Ravenna, intorno al vescovo. Ravenna, che ora è la capitale dell’impero, cerniera tra Oriente e Occidente. Ravenna, che manda e riceve corrieri da ogni parte, e quasi sempre con notizie tristi, perché l’impero è giunto alle sue ultime convulsioni. In questa capitale e in questo clima governa la sua Chiesa il vescovo Pietro, al quale la voce pubblica dà il soprannome di “Crisologo”, che significa “dalle parole d’oro”. E sono queste, le sue parole, che meglio conosciamo, nei circa 180 sermoni suoi che ci sono pervenuti. Nella sua vita le date certe sono assai poche, ma la sua identità di uomo e di vescovo viene fuori chiaramente dai documenti che possediamo. E’ lì che troviamo veramente lui, con una cultura apprezzabile in quei tempi e tra quelle vicende, e soprattutto col suo calore umano e con lo schietto vigore della sua fede; con le sue “parole d’oro”, appunto. Inoltre, "la sua attività di predicatore ci ha lasciato soprattutto una documentazione inestimabile sulla liturgia di Ravenna e sulla cultura di questa città" (B. Studer). Una città che è formicolante crocevia di problemi e di incontri. A trovare Pietro viene uno dei vescovi più illustri del tempo, Germano di Auxerre, che poi muore proprio a Ravenna nel 448, assistito da lui. Dall’Oriente lo consulta l’influente e discusso archimandrita Eutiche, in conflitto dottrinale col patriarca di Costantinopoli e con gran parte del clero circa le due nature in Gesù Cristo. Il vescovo di Ravenna gli risponde rimandandolo alla decisione del papa (che ora è Leone I) "per mezzo del quale il beato Pietro continua a insegnare, a coloro che la cercano, la verità della fede". Una rigorosa indicazione circa i comportamenti. Ma espressa sempre con linguaggio amico, con voce cordiale. Con le “parole d’oro” che l’hanno reso popolare a Ravenna e in tutta la Chiesa.

Autore:
Domenico Agasso

Giorgio Vasari




Il Vasari ebbe una vastissima rosa di interessi: fu infatti un pittore dallo spiccato gusto manierista, un architetto di certo pregio (realizzò il palazzo della Carovana a Pisa e il complesso fiorentino degli Uffizi) e infine eccelso storiografo. Il nome del Vasari, infatti, è legato in modo indissolubile alle Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, una serie di biografie nella quale egli copre l'intero canone artistico teso tra Trecento e Cinquecento. Nasce da Antonio Vasari e Maddalena Tacci. Inizia il suo percorso artistico nella bottega del francese Guglielmo Marcillat, pittore ed autore dei cartoni delle vetrate del Duomo di Arezzo. Nel 1524 si reca a Firenze, dove frequenta la bottega di Andrea del Sarto e l'accademia di disegno di Baccio Bandinelli. Ritorna ad Arezzo dopo tre anni, nel 1527, dove incontra il Rosso Fiorentino. Insieme a Francesco Salviati, nel 1529 Giorgio Vasari lavora nella bottega di Raffaello da Brescia: poi si dedica anche all'arte orafa presso Vittore Ghiberti. Poco dopo, chiamato e protetto dal cardinale Ippolito de' Medici, Vasari parte per Roma, dove con l'amico Salviati, condivide lo studio dei grandi testi figurativi della maniera moderna. Negli anni dal 1536 al 1539 viaggia tra Roma, Firenze, Arezzo e Venezia, dipingendo varie opere, tra cui ricordiamo il ritratto del Duca Alessandro de' Medici, una Natività per l'eremo di Camaldoli, l'Allegoria dell'Immacolata Concezione per la chiesa di S.Apostoli a Firenze. Rientra poi ad Arezzo e intraprende la decorazione pittorica della sua casa. Dal 1542 al 1544 divide la sua attività fra Roma e Firenze; la sua produzione di pale di altare si fa sempre più intensa, e va sempre più definendosi il suo linguaggio figurativo. Nel 1550 esce la prima edizione dell'opera a cui è più legata la fama del Vasari: le "Vite de' più eccellenti architetti, pittori e scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri", in cui Vasari riordina tutto il materiale e le notizie raccolte dal 1540 sulla vita e sulle opere degli artisti. E' in questo periodo che Giorgio Vasari conosce Michelangelo, il quale gli consiglia "lo studio delle cose di architettura". Dopo qualche anno Vasari si sposta di nuovo a Roma, per lavorare presso il Papa Giulio III, che gli affida, insieme all'Ammannati, la decorazione della cappella con la tomba del cardinale Antonio del Monte, a San Pietro in Montorio. Qui rimane fino al 1553, mantenendo un rapporto stretto con Michelangelo e lavorando al servizio di Papa Giulio III. Nel 1554 torna di nuovo ad Arezzo, chiamato a progettare il coro del Duomo. Si trasferisce con la famiglia a Firenze, su invito del duca Cosimo I de' Medici, che finalmente lo assume stabilmente al suo servizio. Inizia un periodo di più costante dimora fiorentina, durante il quale Vasari rivede una posizione egemone nell'ambito artistico della città. Nel 1555 Cosimo I gli affida i lavori di ristrutturazione e di decorazione di Palazzo Vecchio, che vuole trasformare in residenza principesca.  Successivamente gli viene affidata la fabbrica di Palazzo degli Uffizi. L'opera verrà compiuta nel 1580, solo dopo la sua morte. Del 1563 è l'inizio degli affreschi della volta del Salone di Cinquecento di Palazzo Vecchio, la cui decorazione complessiva sarà la più grandiosa. Terminerà nel 1565, anno in cui gli verrà affidato l'incarico del cosiddetto Corridoio vasariano, che congiunge gli Uffizi a Palazzo Vecchio attraverso l'antico Ponte Vecchio. Sospesi i lavori nel 1556, intraprende un viaggio in Italia, al fine di raccogliere ulteriori informazioni per la seconda stesura delle "Vite", che ultimerà dodici anni più tardi, nel 1568. La nuova edizione, accresciuta, è considerata la prima storia critica della pittura italica oltre che fonte documentaria ancora oggi indispensabile per oggettività e onestà di giudizi, nonchè di chiarezza espositiva. Mentre la prima edizione risulta più compatta, più vivace ed entusiastica nel succedersi delle tre "età" (da Cimabue a Buonarroti), la seconda edizione è più ampia, interessata da un ripensamento critico e da una maggiore problematicità nella parte dedicata ai contemporanei. Attraverso una serie di vivaci biografie, Vasari sottolinea come gli artisti della sua regione, la Toscana, sono riusciti gradualmente a rinverdire la straordinaria stagione dell'arte classica. Nel 1570 torna a Roma chiamato da Pio V, dove in soli otto mesi dipinge tre cappelle in Vaticano: la Cappella di San Michele, San Pietro Martire e Santo Stefano; contemporaneamente avvia la decorazione della Sala Regia. Alla morte del pontefice Vasari torna a Firenze dove, dopo una lavorazione quasi decennale, conclude la decorazione del Salone dei Cinquecento. Gli viene successivamente affidato l'incarico di affrescare la volta della cupola Brunelleschiana di Santa Maria del Fiore, con un Giudizio Finale. Dopo pochi mesi è richiamato a Roma da papa Gregorio XIII per proseguire la decorazione della Sala Regia. Nel 1573, a Roma, mentre lavora all'ultimo incarico, prepara i disegni per la Cupola del Duomo fiorentino. In aprile rientra a Firenze, dove viene inaugurato lo studiolo di Francesco I, di cui aveva iniziato la decorativa. Iniziano i lavori per le logge aretine, su suo disegno. La sua casa di Arezzo è oggi un museo a lui dedicato.

Amore e amicizia


Amore è come una rosa canina,
Amicizia è un agrifoglio –
È bruno l’agrifoglio quando la rosa è in boccio
ma chi dei due verdeggerà più a lungo?
La rosa selvaggia è dolce in primavera,
i suoi fiori profumano l’estate,
ma aspetta che l’inverno ricompaia
e chi loderà la bellezza del rovo?
Sdegna la fatua corona di rose
e véstiti di lucido agrifoglio,
perché Dicembre che sfiora la tua fronte
ti lasci ancora una verde ghirlanda.

Emily Brontë

Verrò quando sarai più triste



Verrò quando sarai più triste,
steso nell’ombra che sale alla tua stanza;
quando il giorno demente ha perso il suo tripudio,
e il sorriso di gioia è ormai bandito
dalla malinconia pungente della notte.
Verrò quando la verità del cuore
dominerà intera, non obliqua,
ed il mio influsso si di te stendendosi,
farà acuta la pena, freddo il piacere,
e la tua anima porterà lontano.
Ascolta, è proprio l’ora,
l’ora tremenda per te:
non senti rullarti nell’anima
uno scroscio di strane emozioni,
messaggere di un comando più austero,
araldi di me?

Emily Brontë

Emily Brontë




Emily Jane Brontë, nota anche con lo pseudonimo di Ellis Bell
(Thornton, 30 luglio 1818Haworth, 19 dicembre 1848),
è stata una scrittrice e poetessa inglese,
famosa per il suo unico romanzo Cime tempestose, unanimemente riconosciuto come uno dei classici della letteratura inglese del XIX secolo.
Emily era la seconda delle tre sorelle Brontë.Scrittrice inglese originale e tormentata, spiccatamente romantica. Figlia del reverendo Brontë e di sua moglie Maria Branwell, alla fine di aprile del 1820 si trasferisce con la famiglia ad Haworth, sempre nello Yorkshire, dopo che al reverendo viene assegnata la chiesa di Saint Michael and All Angels. Nel settembre del 1821 Maria Branwell muore e sua sorella Elizabeth va ad abitare temporaneamente con loro per aiutarli. Nel 1824 Emily, insieme alle sorelle, entra nella scuola di Cowan Bridge per figlie di ecclesiastici. Altre due perdite colpiscono la famiglia Brontë nel 1825: muoiono, colpite entrambe da tisi, le sorelle maggiori di Emily, Maria ed Elizabeth. Abbandonata la scuola, i giovani Brontë continuano la propria istruzione in casa, leggendo e imparando le "arti femminili". Nel 1826 il padre, di ritorno da un viaggio, porta una scatola di soldatini ai figli: i soldatini diventano "I Giovanotti", protagonisti di varie storie scritte dalle sorelle. Nel 1835 Charlotte ed Emily entrano nella scuola di Roe Head. Dopo tre mesi Emily torna a casa fisicamente distrutta e il suo posto a Roe Haed viene preso dalla sorella minore Anne. Il 12 luglio 1836 Emily scrive la sua prima poesia datata. Nel 1838 entra come insegnante nella scuola di Law Hill, ma dopo soli sei mesi torna a casa. In una lettera del 1841 Emily parla di un progetto per aprire, insieme alle sue sorelle, una scuola che sia tutta loro. L'anno successivo Emily e Charlotte partono per Bruxelles dove frequentano il Pensionato Heger. Alla morte della zia Elizabeth tornano a casa e ognuna di loro eredita 350 sterline. Emily torna da sola a Bruxelles nel 1844 e comincia a trascrivere le sue poesie in due quaderni, uno senza titolo, l'altro intitolato "Gondal Poems". Charlotte trova questo quaderno nel 1845 e prende forma in lei la decisione di pubblicare un volume dei loro versi. Emily acconsente purché il libro esca con uno pseudonimo. Nel 1846 esce quindi "Poems" di Currer (Charlotte), Ellis (Emily) e Acton (Anne) Bell (Brontë). Nel 1847 vengono pubblicati "Cime tempestose" di Emily, "Agnes Grey" di Anne e "Il Professore" e "Jane Eyre" di Charlotte.  "Cime tempestose" solleva un gran clamore. E' un romanzo ricco di significati simbolici, dove domina una sensazione di tensione e ansia mista ad attesa e curiosità per la rivelazione finale. Un libro soffuso di sensazioni forti, inquietanti, che suscito un comprensibile scalpore e fece scorrer fiumi di inchiostro. Il 28 settembre 1848 Emily si raffredda durante il funerale del fratello (morto di tisi) e si ammala gravemente. Morirà anche lei di tisi nello stesso anno.

sabato 29 luglio 2017

29 luglio Santa Marta di Betania




Santa Marta di Betania
sec. I
Patronato: Casalinghe, Domestiche, Albergatori, Osti, Cuochi, Cognate
Etimologia: Marta = palma, dall'aramaico o variante di Maria

Emblema: Chiavi, Mestolo, Scopa, Drago

Marta è la sorella di Maria e di Lazzaro di Betania, un villaggio a circa tre chilometri da Gerusalemme. Nella loro casa ospitale Gesù amava sostare durante la predicazione in Giudea. In occasione di una di queste visite compare per la prima volta Marta. Il Vangelo ce la presenta come la donna di casa, sollecita e indaffarata per accogliere degnamente il gradito ospite, mentre la sorella Maria preferisce starsene quieta in ascolto delle parole del Maestro. Non ci stupisce quindi il rimprovero che Marta muove a Maria: "Signore, non t'importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti".
L'amabile risposta di Gesù può suonare come rimprovero alla fattiva massaia: "Marta, Marta, tu t'inquieti e ti affanni per molte cose; una sola è necessaria: Maria invece ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta". Ma rimprovero non è, commenta S. Agostino: "Marta, tu non hai scelto il male; Maria ha però scelto meglio di te". Ciononostante Maria, considerata il modello evangelico delle anime contemplative già da S. Basilio e S. Gregorio Magno, non sembra che figuri nel calendario liturgico: la santità di questa dolce figura di donna è fuori discussione, poiché le è stata confermata dalle stesse parole di Cristo; ma è Marta soltanto, e non Maria né Lazzaro, a comparire nel calendario universale, quasi a ripagarla delle sollecite attenzioni verso la persona del Salvatore e per proporla alle donne cristiane come modello di operosità. L'avvilita e  incompresa professione di massaia è riscattata da questa santa fattiva di nome Marta, che vuol dire semplicemente "signora". Marta ricompare nel Vangelo nel drammatico episodio della risurrezione di Lazzaro, dove implicitamente domanda il miracolo con una semplice e stupenda professione di fede nella onnipotenza del Salvatore, nella risurrezione dei morti e nella divinità di Cristo, e durante un banchetto al quale partecipa lo stesso Lazzaro, da poco risuscitato, e anche questa volta ci si presenta in veste di donna tuttofare. La lezione impartitale dal Maestro non riguardava, evidentemente, la sua encomiabile laboriosità, ma l'eccesso di affanno per le cose materiali a scapito della vita interiore. Sugli anni successivi della santa non abbiamo alcuna notizia storicamente accertabile, pur abbondando i racconti leggendari. I primi a dedicare una celebrazione liturgica a S. Marta furono i francescani, nel 1262, il 29 luglio, cioè otto giorni dopo la festa di S. Maria Maddalena, impropriamente identificata con sua sorella Maria.
Autore: Piero Bargellini

Vittorio Bòttego



(Parma, 29 luglio 1860Daga Roba, 17 marzo 1897)
è stato un esploratore e ufficiale italiano, che si rese famoso con le sue esplorazioni nel Corno d'Africa.
Figlio di Agostino e Maria Asinelli. Il padre medico si trasferì dall'Alta Valle del Taro a San Lazzaro prima della nascita del figlio minore Vittorio. Il fratello maggiore Giambattista si trasferì negli Stati Uniti, da cui rientrò dopo la scomparsa di Vittorio assieme ai propri figli. Proveniva da una ricca famiglia proprietaria di estesi possedimenti a est della città (la nipote dell'esploratore Celestina Bottego, fondò la congregazione missionaria “Società Missionaria di Maria” (Suore Bottego), istituto tuttora esistente ed operante, con sede in un rustico di proprietà della famiglia nell'allora territorio di San Lazzaro, oggi inglobato nel territorio cittadino). Ragazzo irrequieto ed avventuroso, dopo alcune disavventure scolastiche, tra cui un compagno di classe preso a schiaffi, il giovane Vittorio si iscrive all'Accademia Militare, da cui esce ufficiale di Artiglieria. Segue inoltre con successo la Scuola di Equitazione di Pinerolo partecipando e vincendo numerosi concorsi ippici. In quegli anni una serie di esplorazioni intraprese dalle potenze coloniali in tutta l'Africa crea il mito dell'esploratore. Attratto giovanissimo da questa carriera, Bottego richiese il trasferimento nella costituenda Colonia Eritrea nel 1887 allo scopo di condurre spedizioni scientifico-geografiche. Le prime spedizioni riguardarono la Dancalia (1891), territorio desertico che si affaccia sul Mar Rosso dove sbocca il grande Rift Africano, regione ancora oggi scarsamente conosciuta, allora quasi inaccessibile, che ospita alcuni rettili fra i più velenosi al mondo con un clima incredibilmente caldo e secco (temperatura media 35 °C). Tornato ad Assab progettò ulteriori spedizioni nella regione del Giuba, fiume che nasce nell'attuale Etiopia e, attraversata la Somalia, sfocia nell'Oceano Indiano. Intanto aveva iniziato a raccogliere esemplari di animali, piante ed altri materiali scientifici e ad inviarli a Parma per quello che diventerà il Museo Eritreo Bottego, oggi incluso nel Museo di Storia Naturale di Parma. Nel 1892 raggiunge il fiume Ganale Doria, (alto corso del fiume Giuba) che risale fino alle sorgenti (marzo 1893). Bottego pubblicò un resoconto di queste esplorazioni nel libro Il Giuba Esplorato, fornendo notevole materiale geografico e scientifico.Dopo un breve ritorno in Italia, durante il quale il 7 giugno 1892 fu affiliato Maestro massone nella Loggia La Concordia di Firenze, riparte per l'Africa e il 28 agosto delle stesso anno è ricevuto nela Loggia Eritrea di Massaua. La spedizione aveva come scopo determinare una pianta del complesso corso del fiume Omo (che sarà poi durante la dominazione italiana ribattezzato Omo Bottego) col patrocinio della Società Geografica Italiana. Discende il fiume dal lago Pagadé al Lago Rodolfo (lago Turkana) risolvendo almeno il mistero della foce del fiume. Tenta di proseguire l'esplorazione in territorio etiopico, nella regione dei Galla ma è invece costretto ad un combattimento (causato anche dal suo carattere impetuoso) a Daga Roba, nel corso del quale viene ucciso il 17 marzo 1897. Il resoconto di questa seconda spedizione fu pubblicato dai due sopravvissuti il sottotenente di fanteria Carlo Citerni e il sottotenente di vascello Lamberto Vannutelli nel libro: L'Omo; viaggio d'esplorazione nell'Africa Orientale. Maurizio Sacchi, cui erano state affidate le osservazioni geografiche e naturalistiche della missione, era stato infatti ucciso a sua volta nei pressi del Lago Margherita nel febbraio del 1897. Il 2 gennaio 1898 gli fu conferita la Medaglia d'oro al valor militare. Il 26 settembre 1907 Parma l'onorò inaugurando un suo monumento, opera dello scultore Ettore Ximenes, posto davanti alla Stazione Ferroviaria.

Elisabetta Caminer




Elisabetta Caminer Turra
(Venezia, 29 luglio 1751Orgiano, 7 giugno 1796)
è stata una scrittrice ed editrice italiana.
Fondò, diresse e stampò il Giornale Enciclopedico, periodico distribuito in tutta Europa.
Elisabetta era figlia d'arte poiché il padre Domenico Caminer era un uomo di grande cultura che dedicò la sua vita alla diffusione del sapere trasformando la sua abitazione nella redazione di vari giornali di successo come la “Nuova Gazzetta Veneta” che proseguirà negli anni sotto i nomi di “Diario Veneto” e “L'Europa Letteraria”. Prima di lui, altri si erano cimentati nell'impresa: ricordiamo Gasparo Gozzi, fratello del famoso drammaturgo Carlo, nonché marito di Luisa Bergalli, l'apprezzata autrice di una raccolta di componimenti di rimatrici italiane. In questo periodo, Venezia, capitale della Repubblica Serenissima, stava uscendo da un sonnacchioso periodo di stallo ed il Settecento vide risorgere le attività letterarie e di altre attività culturali che assicurassero una maggiore informazione.  Attorniata da libri, da carte, da inchiostro legherà per sempre la sua vita a questo mestiere. Anche il fratello Antonio seguirà le orme paterne, e anche la cognata, quella Gioseffa Cornoldi Caminer che fonderà il primo periodico al femminile, “La donna galante ed erudita. Giornale dedicato al bel sesso”. In collaborazione di giornalisti d'oltralpe, la redazione Caminer offriva al lettore stralci di notizie storiche, novità letterarie e scientifiche, aneddoti, tutti tradotti dalla vivace penna di Elisabetta. Il suo spirito sagace, il carattere indomito, la bellezza fuori dal comune, le fecero guadagnare ben presto una lunga fila di ammiratori, tra cui il medico e naturalista vicentino Antonio Turra, scienziato di fama europea e direttore dell'Orto del vescovo di Vicenza Marco Corner. Segretario della pubblica società agraria di Vicenza, socio dell'Accademia fisico-botanica di Firenze, aggregato dell'Accademia delle scienze di Berlino, si fidanzò con Elisabetta sul finire del 1771 e nel giugno del 1772 la sposò, portandola a vivere a Vicenza. I Turra erano una distinta famiglia vicentina, con proprietà in Via Canove. Antonio era considerato uno tra i migliori naturalisti che l'Italia vantasse in quel tempo, il primo che si accingesse a scrivere un trattato sulla flora nazionale. La figura di quest'uomo appare quasi in ombra rispetto alla vulcanica attività della moglie, ma la libertà che le concede e la complicità con la quale asseconda i suoi bisogni fanno supporre un'unione felice caratterizzata da svariati interessi comuni. Nel gennaio 1777 la sede del giornale si sposta a Vicenza, in una delle case prospicienti Contra' Canove Vecchie. Elisabetta, che assume il ruolo di direttrice, inizia un rapporto di collaborazione con la tipografia di Francesco Modena. L'amore e la devozione per il marito riescono in parte a lenire il profondo dolore che Elisabetta prova per essersi allontanata da Venezia, descritta come una libera, sciolta e buona città. Goethe, durante la sua permanenza a Vicenza , visitò il suo laboratorio e annotò le impressioni nel suo diario, descrivendola come una persona garbata e fine. Vicenza, al contrario, si rivela una città oziosa, maligna e piena di pregiudizi, ma ben presto anche qui riesce a ricreare quell'ambiente intellettuale che le era familiare a Venezia, aprendo la sua casa a quanti godessero di fama di letterati e di studiosi, tra i quali Lorenzo Tornieri, Girolamo Thiene, il Testa, il Duso, Marco Antonio Trissino. La scelta non tardò a produrre gli effetti di un controllo sempre più severo da parte degli addetti alla revisione. Tra i collaboratori ricordiamo i professori Toaldo e Lorgna per le scienze matematiche, Domenico Caminer per la storia, l'abate Fortis per le scienze naturali, Agostino Vivorio e Giovanni Scola per le scienze filosofiche. Scola affiancava la Caminer anche nella direzione del giornale, e con energia e coraggio la spronava ad abbandonare la linea di prudenza del padre e fare del suo giornale un periodico moderno e nuovo, come in Veneto non si era mai visto. A causa di una censura sempre più pressante, la tipografia Modena sciolse la collaborazione, e ben presto anche le altre tipografie (tra cui la Vendramini Mosca) fiaccate dai continui controlli, si videro costrette a non poter collaborare con la Caminer se volevano continuare a lavorare. Forte della sua cocciutaggine, e dell'appoggio incondizionato del consorte, aprì nel 1779, una stamperia propria in Contra' Canove. Inutile dire che in caso di bisogno sbrigava con successo anche il mestiere del tipografo. Nel 1782 l'abate Alberto Fortis, autore del libro Viaggio in Dalmazia, già collaboratore del periodico, sostituirà lo Scola nella direzione e questo nuovo sodalizio verrà siglato con la sostituzione del vecchio nome con quello di Nuovo Giornale Enciclopedico. Il carattere pacato del Fortis porterà a dei sostanziali cambiamenti nello stile del giornale. Se prima la tendenza era quella di anticipare gli eventi, di pungolare, di stimolare gli animi, il “Nuovo Giornale Enciclopedico” risulta essere un fedele raccoglitore di notizie, come se la censura avesse sortito gli effetti e la redazione si fosse decisa a seguire una linea di condotta più tranquilla. Un altro motivo lo si può ricercare nel fatto che la Caminer avesse sviluppato anche altri interessi, tra cui le opere pedagogiche per i bambini, per i fanciulli e le donne, ma soprattutto per il teatro. Con il solito entusiasmo istituì prima a casa sua poi in Contrà Riale, una scuola di recitazione. Nel 1795, Elisabetta iniziò a manifestare i sintomi di un tumore al seno. Consigliata da un chirurgo padovano si sottopose ad un intervento di rimozione del tumore, ma l'operazione non sortì l'effetto sperato. Elisabetta muore, sfinita dall'azione del male ed oppressa dai debiti, dal momento che tutte le sue occupazioni non furono sufficienti ad assicurarle il benessere economico. Venne sepolta a Vicenza, nella Chiesa di Santo Stefano, dove nessuna lapide è stata posta a commemorare la sua figura.


Chi ti vuole davvero ...........