lunedì 24 luglio 2017

Simón Bolívar




Simón José Antonio de la Santísima Trinidad Bolívar y Palacios de Aguirre, Ponte-Andrade y Blanco,
noto semplicemente come Simón Bolívar
(Caracas, 24 luglio 1783Santa Marta, 17 dicembre 1830),
è stato un generale, patriota e rivoluzionario venezuelano; fu insignito del titolo onorifico di Libertador in ragione del suo decisivo contributo all'indipendenza di Bolivia, Colombia, Ecuador, Panama, Perù e Venezuela. Fu, inoltre, presidente delle repubbliche di Colombia, Venezuela, Bolivia e Perù e uno dei personaggi più rappresentativi della storia dell'America Latina 
Rimasto orfano di padre a soli due anni e mezzo, e dopo avere perso anche la madre a nove anni, in entrambi i casi per colpa della tubercolosi, viene affidato insieme con i suoi fratelli a due zii materni. Frequenta la Escuele Pùblica del Cabildo di Caracas, dove tra l'altro segue gli insegnamenti di Simòn Rodrìguez, ma viene educato anche da Andrés Bello presso l'Academia de Matemàticas. Nel gennaio del 1797, a tredici anni e mezzo, Simón Bolívar entra a far parte del Batallòn de Milicias de blancos de los Valles de Aragua (suo padre ne era stato il colonnello anni prima), mentre due anni più tardi si trasferisce in Spagna per studiare. Nel paese iberico, nel 1802, sposa Marìa Teresa Rodrìguez del Toro y Alaysa: la ragazza, tuttavia, muore l'anno successivo, dopo avere contratto la febbre gialla nel corso di un viaggio in Venezuela. Bolìvar rimane talmente traumatizzato dall'evento che giura, in segno di fedeltà alla moglie, che non si sposerà mai più. Torna in Europa nel 1804 dove trascorre una vita piuttosto agiata avendo, tra l'altro, l'occasione di conoscere Napoleone Bonaparte: inizialmente ne rimane particolarmente intrigato, ma in seguito cambierà opinione, ritenendolo un traditore dei princìpi della Rivoluzione Francese. Nel 1807 Simón Bolívar lascia l'Europa e fa ritorno in Venezuela, Paese in crisi a causa di un tentativo di insurrezione operato da Francisco de Miranda e represso nel sangue. Negli anni successivi, tra il popolo si diffonde la convinzione di doversi liberare dal dominio europeo e della necessità di una sovranità popolare: nel 1810, mentre il Municipio di Caracas rifiuta l'autorità del Consiglio di Reggenza spagnolo, Bolìvar viene spedito in Gran Bretagna insieme con Antonio Lopez Mendez e Andrés Bello in missione diplomatica, per ottenere la neutralità inglese. Torna, quindi, in Sud America, dove la Sociedad Patriòtica della quale fa parte sta promuovendo una forte azione politica indipendentista. Il 13 agosto del 1811 le truppe del generale indipendentista Francisco de Miranda sconfiggono i ribelli della città di Valencia: Simón Bolívar, promosso colonnello sul campo, viene spedito ad annunciare al Governo di Caracas la vittoria. Seguono mesi di continui capovolgimenti di fronte: nel dicembre del 1811 viene approvata una Costituzione che viene fortemente criticata da Bolìvar, mentre tre mesi più tardi un terremoto colpisce il Paese. Nel luglio del 1812 de Miranda si arrende e viene catturato a tradimento dallo stesso Bolívar, che lo consegna alle autorità spagnole in cambio di un salvacondotto che gli consente di rifugiarsi dapprima a Curaçao e in seguito a Cartagena de Indias, in Colombia. È qui che egli stila il Manifesto di Cartagena, nel quale fornisce un'analisi militare e politica sui motivi della caduta della Prima Repubblica del Venezuela. In seguito Bolívar ottiene la possibilità di arruolarsi per le truppe del Governo di Cartagena, con le quali combatte gli spagnoli a Cùcuta nel febbraio del 1813: gli viene concessa, quindi, la cittadinanza neo-granadina. Poche settimane dopo guida l'invasione del Venezuela attraverso le Ande: è la cosiddetta Campana Admirable. Sconfitti i monarchici e gli Spagnoli, entra a Caracas in trionfo e viene nominato Capitano Generale, dando il via alla Seconda Repubblica Venezuelana. L'anno successivo, tuttavia, è costretto alla fuga, complice la carneficina eseguita dall'esercito realista. Riconosciuto capo degli esuli venezuelani dal governo neo-granadino, Simón Bolívar conquista Santa Fè alla guida della Armada Nacional de Colombia per poi recarsi in Giamaica, dove nel settembre del 1815 scrive la Carta de Jamaica. Quindi, si reca ad Haiti, dove implora l'aiuto di Alexandre Sabes Pétion. Tornato a combattere, nel maggio del 1816 proclama l'abolizione della schiavitù nel suo Paese; poi, con il supporto del neo-granadino Francisco de Paula Santander convoca il Congresso di Angostura in cui prefigura i fondamenti della Costituzione confederale. Nel dicembre del 1819 crea la Grande Colombia, federazione che include Venezuela, Panama, Colombia ed Ecuador, e ne diventa il presidente. Dal 1827 in poi, tuttavia, le divisioni interne crescono progressivamente. Nel frattempo si ammala di tubercolosi: mentre il suo progetto politico fallisce, con il Venezuela che si dichiara indipendente nel gennaio del 1830, Simón Bolívar muore a soli 46 anni ia Santa Marta.

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