mercoledì 31 maggio 2017

La bimba e la bambola

 

La bimba e la bambola

La bimba aveva una bambola
in braccio.
Giocava così,
presso una forra. La bambola

ad un tratto  le cadde, sparì
fra i rododendri e le salvie
fra i sassi dell’erto burrone.
La bimba fu li lì per piangere,
(racconta così la canzone).
Ma poi pensò: Se a riprenderla
andassi?....

E per la china aggrappandosi
ai massi e agli arbusti spinosi,
ella discese, coi riccioli
al  vento, coi piè sanguinosi.

Trovò nel fondo la bambola,
le chiese: Ti sei fatta male?
La baciò tutta cullandola,
facendole al petto guanciale:
poi dalla forra, com'eravi

calata, salire tentò.
 ...Invano, oh invano la piccola
da morte il suo bene salvò.
Ada Negri

Il pergolato di glicini


Il pergolato di glicini

Solaria,
il vento del sud scrolla e devasta
il tuo pergolato di glicini.
Ne piombano a terra i corimbi,
chicchi violetti di grandine,
pesanti d'un peso di morte.
Così a te traboccan dagli occhi,
nell'ora del torbido amore, le lacrime;
ma non si raccoglie il pianto d'amore,
non si raccolgono i fiori caduti del glicine.
 

 Ada Negri


Ada Negri



Nacque da una famiglia molto povera,e può essere considerata  la  prima scrittrice italiana proveniente dalla classe  operaia. Suo padre, Giuseppe, era un manovale e sua madre,Vittoria Cornalba, una tessitrice.Ada passò la sua infanzia solitaria,nella loggia portiera  dove lavorava la nonna, osservando il continuo passaggio delle persone,cosa che descrive nel suo romanzo autobiografico,Stella mattutina(1912). Grazie ai sacrifici  della mamma, Ada Negri poté  studiare, fino ad  ottenere un diploma di insegnante  elementare. Insegnò, quindi, a  partire  dal 1888, nella  scuola  elementare  Motta  Visconti, di Pavia.  In  questo  periodo  pubblicò  le  sue  prime poesie, raccolte nel volume Fatalità (1892).Dopo il grande  successo  di questo libro, Ada Negri acquistò una certa  fama, e  le venne attribuito il titolo di " professoressa ", per poter insegnare nei licei.Nel 1896, si sposò con Federico Garlanda, da cui, nel 1904,ebbe Bianca,sua unica figlia,pochi anni dopo i due si separarono, ed Ada,con l'inizio della Prima Guerra Mondiale, si spostò  in Svizzera. Successivamente, ebbe  una  relazione  tormentata con un altro uomo,esperienza descritta dalla scrittrice nel suo libro di  poesie, Il libro di Mara (1919). Un volume scritto con inusuale franchezza, per la società italiana del tempo,fortemente cattolica e conservatrice.Nel 1894,vinse il premio Milli per la poesia,e, nel  1931, il  premio  Mussolini, per  la  carriera.Nella sua seconda collezione di poesie,Tempeste,uscita nel 1895, affrontò  temi  sociali rivoluzionari espressi con un linguaggio molto moderato. Dopo le  orazioni  patriottiche tenute dalla scrittrice, raccolte, nel  1918, in  Orazioni, Ada  Negri  pubblicò Maternità (1904) e Dal profondo(1910),due opere spiccatamente  introspettive. A  seguito  di questo periodo  di  malinconia, uscì  Esilio  (1914), e, nel 1917, una raccolta di quattordici racconti, Le solitaire, in  cui  la scrittrice raccontò la sua modesta visione  del  mondo, in  qualità  di ragazza venuta dalla campagna. Nel 1919, uscì Il libro di Mara,a cui fece seguito I canti dell'isola (1924).Uscirono inoltre, Vespertina   ( 1930 ), un  libro  di  poesie, Finestre alte (1923) e Le strade (1926), entrambi libri di racconti,poi Di giorno in giorno,che contiene  una  raccolta  di meditazioni sulle opere della scrittrice,ed  Erba  sul  sagrato ( 1939 ). L'ultima opera  conosciuta  di  Ada  negri  fu Oltre, uscito postumo, in  cui l' autrice  propose una sua agiografia di santa Caterina da Siena. Nel 1940,Ada Negri divenne membro dell'Accademia Italiana,e nel 1945 morì

martedì 30 maggio 2017

30 maggio Santa Giovanna d Arco


 
Vergine
Domrémy, Francia, 1412 circa - Rouen, Francia, 30 maggio 1431
Patronato: Francia, Radiofonisti, Telegrafis
Etimologia: Giovanna = il Signore è benefico, dono del Signore, dall'ebraic
Emblema: Corona d’oro, Gigli, Spada
Santa Giovanna d’Arco, celeberrima patriota francese, fu in un primo tempo arsa viva sul rogo e non molti anni dopo, nel 1456, riabilitata dalla Santa Sede. Il suo ruolo fu decisivo nel risollevare il morale francese nel corso della guerra dei Cento Anni e certamente avrebbe meritato una sorte migliore, rifiutata dai suoi stessi compatrioti ed ifine giustiziata sotto pressione inglese. Fu indubbiamente una grande patriota francese, perita di morte violenta, ma non una “martire” in senso cristiano, cioè uccisa non in odio alla sua fede, quanto piuttosto per motivi politici. Indubbi furono il suo immenso coraggio e la sua grande determinazione. Nata da una famiglia contadina, imparò a cucire e filare, ma non a leggere e scrivere. Ebbe un’infanzia tutto sommato felice, anche se turbata dal pericolo dell’invasione lorenese e dalla Guerra dei Cento Anni. Nel frattempo Giovanna, allora quattordicenne, dal 1426 iniziò a udire delle misteriose voci celesti accompagnate da bagliori di luce e due anni dopo proprio in tal modo fu invitata a presentarsi volontariamente alle autorità militari allo scopo di “salvare la Francia”. Orléans era in stato d’assedio e le sorti della nazione parevano incerte. Nel 1429 Giovanna riconobbe a Chinon il Delfino, nonostante questi si fosse mascherato fra i suoi cortigiani, ed ottenne un colloquio segreto con lui, riuscendo a guadagnarne la stima. Venne tuttavia condotta a Poitiers per sottoporla all’esame da parte di teologi circa la sua fede ed i suoi costumi, ma poiché non fu scorta in lei alcuna ombra, al Delfino venne dunque consigliato di sfruttare al meglio i carismi della ragazza. Giovanna chiese che delle truppe fossero messe a sua disposizione per liberare Orléans e, vestitasi di un’armatura bianca, cavalcò alla loro testa con uno stendardo recante i nomi di Gesù e Maria. In effetti la spedizione militare ebbe successo ed Orléans fu liberata: ciò dipese indubbiamente dall’intervento della “pulzella”, che seppe risollevare il morale francese e far percepire a tutti l’aiuto divino. L’entusiasmo popolare crebbe ancora in seguito ad altre vittorie, sino alla liberazione di Reims, ove Carlo VII poté essere incoronato con accanto Giovanna ed il suo stendardo. Forti opposizioni si levarono però ben presto dal mondo maschilista. Ben presto emersero gli effetti di questa avversione nei suoi confronti: rimasta ferita durante un fallito attacco a Parigi, il suo carisma fu ridimensionato e, quando mesi dopo ella liberò Compiègne, il ponte levatoio fu sollevato prima che Giovanna potesse mettersi in salvo. Catturata dai borgognoni, il re di Francia non fece alcuno sforzo per ottenere il suo rilascio e dunque il 21 novembre 1430 venne venduta agli inglesi. Questi, desiderando che la giovane fosse condannata quale ribelle o eretica, la sottoposero ad un interrogatorio incrociato da un tribunale presieduto dal vescovo di Beauvais. Furono esaminati le “voci” misteriose che ella udiva, l’uso di abiti maschili, la sua fede e la sua volontà di sottomissione alla Chiesa.  Il processo terminò con una “rozza e sleale ricapitolazione dei fatti”, in cui i giudici giudicarono diaboliche le rivelazioni da lei ricevute e l’università di Parigi la denunciò duramente. In parte, anche se non ci è chiaro in quale misura, convinsero Giovanna a ritrattare le sue posizioni, ma poi tornò ad indossare gli abiti maschili, divenuti ormai provocatori non traddandosi più di protezioni per la guerra, e confermò di aver esclusivamente agito per mandato di Dio stesso, che grazie alle “voci” le aveva affidato tale missione. I giudici, accogliendo anche le istanze del vescovo, condannarono infine Giovanna d’Arco quale eretica recidiva ed il 30 maggio 1431, non ancora ventenne, venne arsa via sul rogo nella piazza del mercato di Rouen. Il suo comportamento fu esemplare sino alla fine: richiese che un domenicano tenesse elevata una croce ed alla morì atrocemente invocando il nome di Gesù. Le sue ceneri furono gettate nella Senna, onde evitare una venerazione popolare nei loro confronti. Un funzionario reale inglese ebbe a commentare circa l’accaduto: “Siamo perduti, abbiamo messo al rogo una santa”. Una ventina di anni dopo, sua madre ed i due fratelli si appellarono alla Santa Sede affinchè il caso di Giovanna fosse riaperto. Papa Callisto III nel 1456 riabilitò l’eroina francese, annullando l’iniquo verdetto del vescovo francese. Ciò costituì una premessa essenziale ber giungere alla sua definitiva glorificazione terrena: nel 1910 San Pio X beatificò Giovanna d’Arco ed infine nel 1920 Benedetto XV la proclamò “santa”. Il suo culto fu particolarmente incentivato in Francia durante i momenti di particolare crisi in campo militare, sino ad essere proclamata patrona della nazione. Anche in Inghilterra la sua fugura è stata rivalutata ed una sua statua è stata posta nella cattedrale di Winchester. Giovanna d’Arco non fu altro che una semplice ragazza di campagna, che seppe adempiere fedelmente la vocazione ricevuta tramite le rivelazioni attribuite a San Michele Arcangelo, Santa Margherita di Antiochia e Santa Caterina d’Alessandria. Seppur possa sembrare una vicenda incredibile, è impressionante la mole di documenti raccolti dalla Santa Sede grazie alla quale si rendette postuma giustizia alla giovane innocente vittima.

Autore:
Fabio Arduino

Peter Carl Fabergé


 
Peter Carl Fabergé
conosciuto anche come Karl Gustavovič Faberže
San Pietroburgo, 30 maggio 1846Losanna, 24 settembre 1920)
è stato un gioielliere e orafo russo. Divenne particolarmente noto per le famose Uova Fabergé, prodotti d'alta gioielleria, realizzati nello stile delle uova di Pasqua, con l'uso di metalli e pietre preziose. 
Nato a San Pietroburgo, in Russia, da padre tedesco del Baltico, il gioielliere Gustav Fabergé, e da sua moglie, la danese Charlotte Jungstedt. Gli antenati paterni di Gustav Fabergé furono ugonotti, originari di La Bouteille, Piccardia, i quali dovettero abbandonare la Francia, a seguito dell'Editto di Fontainebleau ed alla revoca dell'Editto di Nantes, recandosi dapprima in Germania, presso Berlino, e poi, dal XIX secolo, nella provincia baltica della Livonia, allora parte dell'Impero russo. Educato inizialmente a San Pietroburgo, nel 1860, Gustav Fabergé, assieme alla moglie ed ai figli, si ritirò a Dresda, lasciando la sua attività nelle mani di esperti e fidati manager. Peter Carl frequentò, in questi anni, un corso alla Scuola delle Arti e dei Mestieri di Dresda. Nel 1864, Peter Carl si imbarcò per un Grand Tour in Europa, con lo scopo di visitare le principali gioiellerie di Germania, Francia ed Inghilterra, e frequentando, nel contempo, un corso a Parigi, vedendo oggetti in musei e gallerie del continente. I suoi viaggi e studi proseguirono sino al 1872, quando, all'età di 26 anni, fece ritorno a San Pietroburgo e sposò Augusta Julia Jacobs. Per i successivi dieci anni, il padre predispose che il mastro di bottega Hiskias Pendin divenisse il suo mentore e tutore, in quanto, proprio in quegli anni, la bottega dei Fabergé si trovava a dover catalogare, riparare e restaurare oggetti, anche provenienti dall'Ermitage. Dato l'incremento delle richieste, nel 1881, l'attività venne trasferita in una delle principali strade della città di San Pietroburgo, al 16/18 di Bol'šaja Morskaja. Alla morte di Hiskias Pendin, nel 1882, Carl Fabergé ottenne da solo la responsabilità di condurre l'attività di famiglia. Carl ottenne dal governo il titolo di Maestro Gioielliere, il che gli permise, oltre alla firma, di porre sui suoi oggetti un marchio personale. La sua reputazione era così alta che gli venne evitato anche l'esame da parte dell'istituto preposto. Suo fratello, Agathon, disegnatore di creatività e talento grandiosi, aderì al progetto del fratello, creando una bottega affiliata a Dresda. Carl e Agathon parteciparono alla Esibizione panrussa, che si tenne a Mosca, nel 1882. Carl, per l'occasione, ottenne la medaglia d'oro dell'esibizione e la medaglia dell'Ordine di San Stanislao. Uno dei pezzi migliori, esposti per l'occasione dalla famiglia Fabergé, era la replica di un prezioso braccialetto del IV secolo, in oro, proveniente dal tesoro di Scizia e presente nel tesoro dell'Hermitage, bello al punto che lo zar, vedendolo, disse apertamente che non si poteva distinguere la riproduzione dall'originale, tanto era somigliante. Da quel punto in poi, le opere della famiglia Fabergé entrarono a far parte della collezione imperiale e gli artisti vennero ammessi a corte. L'ecletticità del lavoro dei Fabergé consisteva nel rendere ogni oggetto particolarmente prezioso, attraverso l'aggiunta di disegni e particolari unici al mondo, oltre all'utilizzo di automi e sistemi innovativi per i gioielli stessi.Nel 1885, lo zar Alessandro III di Russia diede alla Casa Fabergé il titolo di Gioiellieri per nomina speciale della Corona Imperiale. Lo stesso zar commissionò alla compagnia la realizzazione di un prezioso uovo di Pasqua, in oro e pietre preziose, come regalo per la zarina Marija. Visto il successo del primo regalo, lo zar ne commissionò un altro, per l'anno successivo. Ad ogni modo, nel 1887, Carl Fabergé ottenne la libertà di esecuzione e il nuovo oggetto divenne molto elaborato e prezioso. Secondo la tradizione della famiglia Fabergé, nemmeno lo zar avrebbe saputo il risultato finale: l'unica sicurezza era che, all'interno, doveva trovarsi una sorpresa. Lo zar successivo, Nicola II, ordinò due uova ogni anno, uno per la madre e uno per la moglie, Aleksandra, e la tradizione proseguì sino alla Rivoluzione d'ottobre. Grazie anche a questi oggetti, Fabergé divenne la più grande gioielleria della Russia. Oltre alla sede di San Pietroburgo, altri distaccamenti si trovavano a Mosca, Odessa, Kiev e Londra. Tra il 1882 ed il 1917, si è calcolata una produzione di circa duecentomila oggetti preziosi. Nel 1900, Peter Carl Fabergé presentò le proprie opere all'Esposizione mondiale di Parigi, ma, siccome egli era anche membro della giuria, la Casa Fabergé si esibì hors concours (fuori concorso). Ad ogni modo, la Casa ottenne la medaglia d'oro dell'esposizione e l'associazione dei gioiellieri parigini riconobbe a Carl Fabergé il titolo di maître. Inoltre, Carl Fabergé venne decorato con la croce di cavaliere della Legion d'onore. Nel 1916, la Casa Fabergé poteva contare su un capitale di compagnia di tre milioni di rubli. L'anno successivo, con lo scoppio della Rivoluzione d'ottobre, la direzione della compagnia venne affidata al Comitato degli Impiegati della Compagnia C. Fabergé. Nel 1918, la Casa Fabergé venne nazionalizzata dai bolscevichi e tutti i pezzi presenti in magazzino vennero confiscati. Dopo la nazionalizzazione del lavoro della fabbrica, Carl Fabergé lasciò San Pietroburgo, con un treno diplomatico, verso Riga. A metà novembre, la rivoluzione aveva già raggiunto la Lituania e, nuovamente, Carl si spostò in Germania, insediandosi dapprima a Bad Homburg e poi a Wiesbaden. Eugène, il figlio primogenito di Carlo, riuscì a fuggire con la madre in Finlandia, ove giunse a piedi, nel dicembre del 1918. Durante il giugno del 1920, Eugène raggiunse Wiesbaden, ricongiungendosi al genitore ed accompagnando il padre in Svizzera, ove prese rifugio, con la famiglia, all'Hôtel Bellevue, a Pully presso Losanna. Peter Carl Fabergé non si riprese mai dallo shock della Rivoluzione russa e morì, in Svizzera, il 24 settembre 1920. La sua salma riposa oggi nel Cimetière du Grand Jas, a Cannes, in Francia, assieme alla moglie, morta nel 1925. Fabergé ebbe quattro figli: Eugène (18741960), Agathon (18761951), Alexander (18771952) e Nicholas (18841939).

Chi ti vuole davvero ...........