venerdì 25 agosto 2017

22 agosto Beata Vergine Maria Regina



Etimologia: Maria = amata da Dio, dall'egiziano;Signora dall'ebraico
La regalità di Nostra Signora è soprannaturale per carattere, perché la Madonna è la prima e la più alta delle creature di Dio. Non è la prima nell’ordine della natura, perché gli angeli sono naturalmente creature più elevate. Un angelo è puro spirito, e quindi è qualcosa di più di una creatura umana. Ma Maria è la prima creatura nell’ordine della grazia. Ha ricevuto un numero di grazie incomparabilmente maggiore degli angeli. E le grazie ricevute dagli angeli sono subordinate alle grazie ricevute dalla Madonna.
È anche la prima di tutte le donne. Il primo di tutti gli uomini è Nostro Signore Gesù Cristo; la prima di tutte le donne è Nostra Signora. Questo basterebbe da solo a conferirle di diritto il titolo di regina. Perché la regalità è una situazione “de jure” da cui scaturisce una situazione “de facto”. Chi è primo ha diritto di regnare e di essere servito, specialmente quando il suo regno è legato a un regno eterno che non avrà mai fine. Questo definisce la regalità di Maria. Nostra Signora è la prima fra le creature perché è la Madre di Dio. Nessuna creatura ha avuto o potrà avere un’unione con la Santissima Trinità profonda come la sua. È la figlia prediletta del Padre Eterno, la madre ammirevole della Parola Incarnata, la sposa fedelissima dello Spirito Santo. Inoltre, è regina perché Dio ha posto il governo di tutte le cose nelle sue mani. Dio ha scelto di non compiere alcunché di soprannaturale sulla Terra senza passare dalla Madonna. Tutte le preghiere che salgono dalla Terra verso il Cielo passano attraverso la Madonna; e tutte le grazie che scendono dal Cielo sulla Terra fanno lo stesso. Se tutto il Cielo chiedesse qualche cosa a Dio prescindendo dalla Madonna, non lo otterrebbe; ma se la Madonna da sola fra i cittadini del Cielo chiedesse una grazia, la otterrebbe. Questo ne fa una regina in tutta le pienezza del termine. Ora questi concetti che definiscono la sua regalità celeste, il suo titolo più alto, devono trovare una corrispondenza anche nella sua regalità terrestre o sociale. Che cos’è la regalità sociale di Nostra Signora? Tutta la società umana dovrebbe essere organizzata in modo che ogni cosa corrisponda al suo volere di regina. Tutti coloro che governano dovrebbero seguire la sua volontà. San Luigi IX di Francia (1214-1270) usava definire se stesso “le sergent de Dieu en France”, che possiamo tradurre liberamente “il luogotenente di Dio in Francia”. Considerava se stesso solo un esecutore del volere di Dio, anche se era uno dei più potenti monarchi del suo secolo. Ma comprendeva bene la sua missione, perché è esattamente questo che un re cattolico deve essere. Lo stesso si dovrebbe applicare alla Madonna. I re e i governanti cattolici dovrebbero essere i suoi luogotenenti. Ma qual è la volontà della Madonna? Dal momento che di regola non ci appare in modo mistico per trasmetterci le sue prescrizioni, come possiamo conoscere la sua volontà? In realtà, la volontà della Madonna corrisponde perfettamente alla dottrina cattolica e all’obbedienza alla Chiesa Cattolica. Questa è la volontà della Madonna – e di Dio, perché la volontà della Madonna coincide perfettamente con la volontà di Dio. La più chiara componente della volontà della Madonna, quella meno soggetta a discussioni, è che si obbedisca alla Chiesa Cattolica. Ma c’è un altro fattore: la voce della grazia che risuona dentro di noi. La grazia indica a ogni persona il modo di essere discepolo e di realizzare il piano che Dio ha concepito per lui o per lei. Questo è quanto normalmente si chiama vocazione. La vocazione è la chiamata di Dio, che è anche la chiamata di Nostra Signora, a realizzare un piano predefinito che Essi hanno concepito per ciascuno di noi. Quindi, corrispondere alla propria vocazione significa anche fare la volontà della Madonna. E come si fa a corrispondere alla propria vocazione? Anzitutto, si tratta di fare tutto quanto è in nostro potere per conservare il deposito della dottrina cattolica insegnata dalla Santa Madre Chiesa. Sappiamo che dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II questo deposito di fede, morale, liturgia e diritto canonico è sistematicamente attaccato da nemici della Chiesa che si sono infiltrati al suo interno e che propongono di sostituire la sua dottrina con insegnamenti completamenti nuovi e del tutto diversi. Così obbedire alla propria vocazione oggi significa difendere la dottrina cattolica contro gli attacchi interni ed esterni. Essere fedeli alla chiamata della Madonna ai nostri giorni significa lottare contro i nemici della dottrina della Chiesa.
C’è un altro punto che vorrei trattare. Io parlo spesso di un Regno di Maria come di qualche cosa di futuro. Ma – si dirà – se fare la volontà della Madonna significa seguire la Chiesa, non si può forse affermare che prima della crisi rivoluzionaria, all’apogeo del Medioevo, c’è già stato un Regno di Maria? Perché dunque dovremmo parlare di un Regno di Maria al futuro? Io non penso che il Medioevo sia stato in senso pieno un Regno di Maria. Poteva diventarlo. Se non fosse entrato in un processo di deterioramento sarebbe stato un Regno di Maria. La devozione alla Madonna stava crescendo e proprio questo segna l’apogeo del Medioevo. Ma subito è iniziato il declino. Un piano di Dio in divenire è stato interrotto. Aggiungo che nel Medioevo molte delle verità sulla Madonna non erano state completamente chiarite. I dottori che studiavano la Vergine non avevano condotto la mariologia a quegli alti livelli che in realtà questa scienza teologica ha raggiunto dopo, non durante, il Medioevo. Per limitarci a un solo esempio, la grande voce di San Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716) nel Medioevo non era ancora stata ascoltata, né quella che egli definisce la vera devozione alla Madonna era stata spiegata. Anche molte altre verità sulla Madonna che sono poi divenute patrimonio comune della Chiesa nel Medioevo non erano ancora correntemente insegnate. Si può pensare che sarebbero state scoperte e insegnate se non fosse iniziata la crisi del Medioevo. Ma non è andata così. Il Medioevo è caduto. Così queste verità sono venute alla luce dopo, e il fatto che siano emerse in un’epoca di Rivoluzione e di crisi ha portato con sé la conseguenza che non si sono immediatamente riflesse in modo appropriato nella sfera sociale. Verità teologiche non sono state applicate alla vita della società come sarebbe dovuto accadere. Per la più piena gloria di Dio, è necessario che il suo piano si realizzi sulla Terra. E perché Maria regni sulla Terra è necessario che le verità che la riguardano siano non solo condivise dai devoti ma dispieghino i loro effetti anche sulla vita sociale. Questi principi riguardano problemi molto profondi della storia. Ma ci consentono di apprezzare nel suo pieno significato la festa odierna della regalità di Maria.

Autore:
Plinio Correa de Oliveira

"la fleur"


«Per quante lodi siano state fatte dei fiori, la più bella è nata dal genio della lingua francese, quando l’ha fatta femminile: "la fleur"».
Cesare Angelini




L'alba



Alba indimenticabile.
Nel mattino che s'inargenta
di luce nitida e radente, le pie
donne, stupendamente meste,
vanno al Sepolcro,
mischiando parole e sospiri.
Portano vasi di balsamo e spigo.

Sul loro volto c'è un languore
e una passione mortale; nel loro corpo
si proteso l'ansia di arrivare presto.
E giungono al giardino dov'è la tomba,
tra gli alberi dei peschi freschi e
odorosi di gemme giovani.

Ma, con spavento, vedono che
la pietra è rimossa, il Sepolcro vuoto,
il sudario per terra; e sopra la pietra
è seduto un giovinetto,
e il cui aspetto è come quello del lampo
e il cui vestito è bianco come la neve.

E' risorto.
Non è qui. Andate a dire ai discepoli
che lo precedano in Galilea.
Là incontreranno il Maestro.

Cesare Angelini

giovedì 24 agosto 2017

21 agosto San Pio X




(Giuseppe Sarto) Papa
Riese, Treviso, 2 giugno 1835 - Roma, 21 agosto 1914
(Papa dal 09/08/1903 al 20/08/1914)
Etimologia: Pio = devoto, religioso, pietoso
Giuseppe Sarto nacque a Riese, nella diocesi di Treviso. Dopo l’ordinazione sacerdotale fu inviato come cappellano nella parrocchia di Tombolo, dove rimase per nove anni; per altri otto svolse il ministero di parroco a Salzano, e successivamente fu nominato canonico e cancelliere della curia vescovile. Nel 1884 venne eletto vescovo della nostra diocesi. Con la sua intensa azione pastorale anticipò, a Mantova, alcune delle linee che avrebbe adottato in seguito come pastore della Chiesa universale: promosse la vita del seminario, la pratica dei sacramenti, il canto liturgico e l’insegnamento del catechismo. Nel 1888 convocò il Sinodo diocesano. Il 5 giugno 1892 fu chiamato alla sede patriarcale di Venezia e il 3 agosto 1903 fu eletto alla cattedra di Pietro, assumendo il nome di Pio X. E’ il pontefice che nel Motu proprio “Tra le sollecitudini” (1903) affermò che la partecipazione ai santi misteri è la fonte prima e indispensabile della vita cristiana. Difese con forza l’integrità della fede cattolica, propose e incoraggiò la comunione eucaristica anche dei fanciulli, avviò la riforma della legislazione ecclesiastica, si occupò positivamente della questione romana e dell’Azione Cattolica, curò la formazione dei sacerdoti, fece elaborare un nuovo catechismo, favorì il movimento biblico, promosse la riforma liturgica e il canto sacro. Morì il 21 agosto 1914. Pio XII lo beatificò nel 1951 e lo canonizzò nel 1954.
Il suo corpo è venerato nella basilica Vaticana.
Martirologo Romano.

La speranza



La speranza
(sul torrente notturno)

Per l’amor dei poeti
Principessa dei sogni segreti
Nell’ali dei vivi pensieri ripeti ripeti
Principessa i tuoi canti:
O tu chiomata di muti canti
Pallido amor degli erranti
Soffoca gli inestinti pianti
Da tregua agli amori segreti:
Chi le taciturne porte
Guarda che la Notte
Ha aperte sull’infinito?
Chinan l’ore: col sogno vanito
China la pallida Sorte…..
Per l’amor dei poeti, porte
Aperte de la morte
Su l’infinito!
Per l’amor dei poeti
Principessa il mio sogno vanito
Nei gorghi de la Sorte!

Dino Campana

In un momento


In un momento
Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose, erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose

P:S: E così dimenticammo le rose.

(per Sibilla Aleramo)
Dino campana

Dino Campana


Dino Carlo Giuseppe Campana
(Marradi, 20 agosto 1885Scandicci, 1º marzo 1932)
è stato un poeta italiano.
La vita e le opere di Dino Campana furono pervase dalla problematica della malattia mentale. Sin dall’adolescenza, Campana manifesta chiari segni di squilibrio mentale e la sua vita divenne un continuo girovagare per manicomi. A ventuno anni, nel settembre del 1906, venne ricoverato per la prima volta nel manicomio di Imola ricevendo la diagnosi di demenza precoce. La nevrosi della madre, l’incomprensione da parte dei famigliari e dell’angusto ambiente di paese in cui vive ( nell’appennino tosco-romagnolo), peggioreranno negli anni la situazione: egli viene infatti deriso e trattato come una sorta di demente. Viaggerà molto, in Europa e in Argentina, facendo i mestieri più diversi per mantenersi: pianista in locali e bordelli, arrotino, poliziotto, pompiere ecc. E’ spesso coinvolto in risse e arrestato per vagabondaggio. Tra il 1916 e il 1917 ebbe una storia d’amore tormentata e intensa con la scrittrice Sibilla Aleramo, terminata in seguito al temperamento sempre più incoerente e violento del poeta. Nel 1917 fu arrestato a Novara per vagabondaggio, e il 28 gennaio fu internato all’Ospedale psichiatrico “Castel Pulci” dove rimase sino alla morte, nel 1932. Dal 1926 incominciò a ricevere le visite dello psichiatra Carlo Pariani, che dai suoi discorsi con Campana trarrà il materiale per scrivere in seguito Vita non romanzata di Dino Campana. Durante il suo soggiorno in manicomio Campana ebbe spesso degli sprazzi di lucidità: desiderava uscire  da quel luogo, ma non per riprendere la letteratura, ormai abbandonata (non scriveva più da tempo) ma per poter lavorare e guadagnare. Alla fine del febbraio del 1932 si ferì, probabilmente tentando di scavalcare la recinzione dell’ospedale: pochi giorni dopo morì di setticemia.

20 agosto San Bernardo di Chiaravalle


 
Abate e dottore della Chiesa
Digione, Francia, 1090 - Chiaravalle-Clairvaux, 20 agosto 1153

Patronato: Apicoltori
Etimologia: Bernardo = ardito come orso, dal tedesco

Emblema: Bastone pastorale, Libro

A ventidue anni si fa monaco, tirando con sé una trentina di parenti. Il monastero è quello fondato da Roberto di Molesmes a Cîteaux (Cistercium in latino, da cui cistercensi). A 25 anni lo mandano a fondarne un altro a Clairvaux, campagna disabitata, che diventa la Clara Vallis sua e dei monaci. È riservato, quasi timido. Ma c’è il carattere. Papa e Chiesa sono le sue stelle fisse, ma tanti ecclesiastici gli vanno di traverso. È severo anche coi monaci di Cluny, secondo lui troppo levigati, con chiese troppo adorne, "mentre il povero ha fame". Ai suoi cistercensi chiede meno funzioni, meno letture e tanto lavoro. Scaglia sull’Europa incolta i suoi miti dissodatori, apostoli con la zappa, che mettono all’ordine la terra e l’acqua, e con esse gli animali, cambiando con fatica e preghiera la storia europea. E lui, il capo, è chiamato spesso a missioni di vertice, come quando percorre tutta l’Europa per farvi riconoscere il papa Innocenzo II (Gregorio Papareschi) insidiato dall’antipapa Pietro de’ Pierleoni (Anacleto II). E lo scisma finisce, con l’aiuto del suo prestigio, del suo vigore persuasivo, ma soprattutto della sua umiltà. Questo asceta, però, non sempre riesce ad apprezzare chi esplora altri percorsi di fede. Bernardo attacca duramente la dottrina trinitaria di Gilberto Porretano, vescovo di Poitiers. E fa condannare l’insegnamento di Pietro Abelardo (docente di teologia e logica a Parigi) che preannuncia Tommaso d’Aquino e Bonaventura. Nel 1145 sale al pontificato il suo discepolo Bernardo dei Paganelli (Eugenio III), e lui gli manda un trattato buono per ogni papa, ma adattato per lui, con l’invito a non illudersi su chi ha intorno: "Puoi mostrarmene uno che abbia salutato la tua elezione senza aver ricevuto denaro o senza la speranza di riceverne? E quanto più si sono professati tuoi servitori, tanto più vogliono spadroneggiare". Eugenio III lo chiama poi a predicare la crociata (la seconda) in difesa del regno cristiano di Gerusalemme. Ma l’impresa fallirà davanti a Damasco. Bernardo arriva in una città e le strade si riempiono di gente. Ma, tornato in monastero, rieccolo obbediente alla regola come tutti: preghiera, digiuno, e tanto lavoro. Abbiamo di lui 331 sermoni, più 534 lettere, più i trattati famosi: su grazia e libero arbitrio, sul battesimo, sui doveri dei vescovi... E gli scritti, affettuosi su Maria madre di Gesù, che egli chiama mediatrice di grazie (ma non riconosce la dottrina dell’Immacolata Concezione). Momenti amari negli ultimi anni: difficoltà nell’Ordine, la diffusione di eresie e la sofferenza fisica. Muore per tumore allo stomaco. È seppellito nella chiesa del monastero, ma con la Rivoluzione francese i resti andranno dispersi; tranne la testa, ora nella cattedrale di Troyes. Alessandro III lo proclama santo nel 1174. Pio VIII, nel 1830, gli dà il titolo di Dottore della Chiesa.

Autore:
Domenico Agasso

Amici Cari

 
Amici cari me ne vado al mare
ma col pensiero vi vengo a trovare.
Anche immersa tra onda e onda
vi penserò fino a notte fonda.
Che mi mancate non ve lo ricordo
sapete che in cuore sempre vi porto.
Vi terrò sotto l'ombrellone
riparandovi dal solleone.
State tranquilli vi incremerò
e scottare non vi farò.
Vi bacio e vi abbraccio tutti insieme,
così mescoleremo le nostre pene.
Lasciamole al tempo che le sistema
poi ognuno riprenderà la sua pena,
che nel frettempo s'è attenuata
e allor  farem vita beata.
Auguri a tutti, che tutto vi vada bene
Tra pochi giorni sarem di nuovo insieme.
 
Lucia.2012

Valentino


Oh! Valentino vestito di nuovo,
come le brocche dei biancospini!
Solo, ai piedini provati dal rovo
porti la pelle de' tuoi piedini;
porti le scarpe che mamma ti fece,
che non mutasti mai da quel dì,
che non costarono un picciolo: in vece
costa il vestito che ti cucì.
Costa; ché mamma già tutto ci spese
quel tintinnante salvadanaio:
ora esso è vuoto; e cantò più d' un mese,
per riempirlo, tutto il pollaio.
Pensa, a Gennaio, che il fuoco del ciocco
non ti bastava, tremavi, ahimè!,
e le galline cantavano, Un cocco!
ecco ecco un cocco un cocco per te!
Poi, le galline chiocciarono, e venne
Marzo, e tu, magro contadinello
restasti a mezzo, così, con le penne,
ma nudi i piedi, come un uccello:
come l'uccello venuto dal mare,
che tra il ciliegio salta, e non sa
ch' oltre il beccare, il cantare, l'amare,
ci sia qualch'altra felicità.

G.Pascoli

Il Tempo bello


Ora comincia
 il tempo bello. Udite un campanello
che in mezzo al cielo dondola? E la cincia.
Comincia il tempo bello.
Udite lo squillar d'una fanfara
che corre il cielo rapida? E' il friguello.
Fringuello e cincia ognuno già prepara
per il suo nido il muschio e il ragnatelo;
e d'ora in ora primavera a gara
cantano uno sul pero, uno sul melo.


G. Pascoli


Canzone di Marzo

 
Che torbida notte di marzo!
Ma che mattinata tranquilla!
Che cielo pulito! Che sfarzo
di perle! Ogni stelo una stilla
che ride:sorriso che brilla
su lunghe parole.
                 
Han fatto , venendo dal mare,
le rondini tristo viaggio.
Ma ora, vedendo tremare
sopr'ogni acquitrino il suo raggio,
cinguettano in loro linguaggio,
ch'è ciò che ci vuole.
               
Si, ciò che ci vuole.Le loro
casine,qualcuna si sfalda,
qualcuna è già rotta.Lavoro
ci vuole, ed argilla più salda;
perchè ci stia comoda e calda
la garrula prole
 
G.Pascoli.

E' maggio





A maggio non basta un fiore.
Ho visto una primula: è poco
Vuol nel prato le prataiole;
E' poco: vuol nel bosco il croco.

E' poco: vuole le viole; le bocche
di leone vuole le stelline dell'odore.
Non basta il melo, il pesco, il pero.
Se manca uno non c'è nessuno.

E' quando è in fiore il muro nero,
è quando è in fiore lo stagno bruno.
è quando fa le rose il pruno,
è maggio quando tutto è in fiore.

 Pascoli

D'estate


Le cavallette sole
sorridono in mezzo alla gramigna gialla;
i moscerini danzano nel sole
trema uno stelo sotto una farfalla.
Giovanni Pascoli

Ape nera



È molto bello perdere contro il cigno e gli scudi araldici
le loro spade incrociate
un pugnale come cuscino
una lacrima eterna sopra la foresta
il basso e l'alto che combaciano
il silenzio dei fiori che fanno cenno
al tramonto del sole
una rondine che cade a capofitto in un lago
la torre e le corti d'amore
il mare che s'impone con la spuma sulle labbra
l'orizzonte regolare di una vita sotto la lampada
una volta estinte tutte le luci
è possibile ascoltare il gemito
dell'uccello notturno nel suo nido.
 
César Moro

Il mondo illustrato




Uguale ad una finestra che non esiste
come l'ombra di una mano su uno strumento fantasma
uguale a quella vena e al ricordo intenso del suo sangue
con la stessa identicità con la continuità preziosa che ho
ad assicurare idealmente la tua esistenza
a una distanza
a pesare la distanza
con la tua fronte il tuo volto
e tutta la presenza senza chiudere occhio
e al passaggio che germoglia in tua presenza quando la città non
era e non poteva essere altrimenti che il riflesso inutile del tuo aspetto da ecatombe
per meglio intingere le piume degli uccelli
quando cade la pioggia dagli strapiombi
e dentro di te da solo
dentro e fuori di te
come un sentiero che si perde in un altro continente
 
César Moro

César Moro




nome d'arte di Alfredo Quíspez Asín
(Lima, 19 agosto 1903Lima, 10 gennaio 1956),
è stato un poeta e pittore peruviano surrealista.

Nel 1921 firmò il suo primo disegno come "César Moro", il nome di un personaggio di un romanzo di Ramón Gómez de la Serna. In seguito continuò ad utilizzare tale pseudonimo, con il quale divenne noto.Scrisse la maggior parte delle poesie in francese, lingua che aveva studiato a Lima e che perfezionò a Parigi, durante un lungo soggiorno nel quale entrò in contatto con il gruppo surrealista e strinse una profonda amicizia con André Breton. Fu figura centrale nella circolazione delle idee e dell'estetica dell'avanguardia dagli anni venti agli anni cinquanta. Figlio di un medico di Lima, rimase orfano di padre a soli cinque anni. Dopo gli studi presso il Colegio de La Inmaculada de los jesuitas, nel 1925 si recò a Parigi, dove si cimentò con varie discipline artistiche, fra cui la danza, prediligendo tuttavia la pittura e la poesia. Tra il 1926 ed il 1927 espose a Parigi ed a Bruxelles.A Parigi aderì al surrealismo ed iniziò a scrivere poesie in francese (Ces poèmes). Fu l'unico poeta latino-americano a contribuire alle riviste surrealiste dirette da Breton,  e dal 1930 al 1933 collaborò a Le Surréalisme au Service de la Révolution. Già mentre era a Parigi, ma anche in seguito, Moro fu attivo politicamente contro la guerra e contro la dittatura.Tornò a Lima alla fine del 1933. Nel 1935, insieme al poeta peruviano Emilio Adolfo Westphalen, organizzò la prima esposizione surrealista in America Latina, presso la Academia Alcedo di Lima; alla mostra parteciparono anche i cileni Jaime Dvor, Waldo Parraguez, Gabriela Rivadeneira, Carlos Sotomayor e María Valencia, che avevano già realizzato nel proprio Paese, nel 1933, una esposizione di arte astratta. Sempre insieme a Westphalen e con la collaborazione di Moreno Jimeno fondò la rivista surrealista El uso de la palabra ("L'uso della parola"). Inoltre i tre amici pubblicarono clandestinamente il pamphlet CADRE (acronimo di Comité de Apoyo a la Repúbica Española, a favore della Repubblica spagnola). Quest'ultima pubblicazione lo costrinse ad abbandonare il proprio Paese nel 1938 per cause politiche. Moro si rifugiò a Città del Messico e vi rimase per dieci anni, proseguendo le proprie attività pittoriche e poetiche e stringendo amicizia con altri artisti emigrati quali Wolfgang Paalen, Alice Rahon, Eva Sulzer, Xavier Villaurrutia, Remedios Varo, Gordon Onslow Ford e Leonora Carrington. Qui, insieme a Paalen e con la supervisione da New York di Breton, organizzò nel 1940 l'Esposizione internazionale surrealista presso la Galería de Arte Mexicano.In Messico Moro fu molto prolifico: insieme a Villaurrutia contribuì alla rivista El hijo prodigo ("Il figliol prodigo"); la collaborazione con Paalen proseguì attraverso la rivista DYN, di cui Moro fu uno dei maggiori contributori. Ancora grazie a Paalen, nel 1942 Moro riuscì a pubblicare due raccolte di poesie: Chateau de Grisou ("Castello di Grisou") e Lettre d'amour ("Lettera d'amore"), oltre a numerose traduzioni dei suoi scritti teorici.In particolare Lettre d'amour era dedicata ad Antonio A.A., tenente dell'esercito cui Moro era legato da legame sentimentale. L'omosessualità, non ostentata e spesso nemmeno dichiarata agli amici surrealisti che in genere la ignoravano, divenne dominante proprio mentre Moro si trovava in Messico. I versi de La tortuga ecuestre ("La tartaruga equestre") erano apertamente omoerotici, ed il nuovo linguaggio appassionato del poeta poteva essere frutto dei sentimenti per Antonio, che perdurarono anche quando il tenente si sposò. La relazione attraversò momenti burrascosi, che si rispecchiarono nei versi di Lettre d'amour. Moro ritornò a Lima nel 1948, anno nel quale conobbe il critico letterario francese André Coyné. Nello stesso periodo collaborò ad altre riviste, come La Revista de Guatemala, ed insegnò francese presso il collegio militare Leoncio Prado, in cui fu docente del romanziere peruviano Mario Vargas Llosa. Nel 1955 concluse una delle sue opere principali, Amour à mort. Negli ultimi anni Moro visse appartato presso la propria abitazione a La Bajada de los Baños a Lima, facendo un'ultima apparizione in pubblico in occasione di una conferenza su Marcel Proust, autore di cui aveva subito grande influenza. Morì di leucemia nel 1956. L'amico Coyné si occupò della redazione, edizione e divulgazione della sua opera, che in buona parte venne pubblicata postuma. Nel 2013, in occasione dei 110 anni dalla nascita, presso La Bajada de los Baños vennero organizzate varie manifestazioni in omaggio di César Moro, fra cui la pubblica lettura delle sue poesie.

Tina Merlin




Clementina Merlin detta Tina
(Trichiana, 19 agosto 1926Belluno, 22 dicembre 1991)
è stata una giornalista, scrittrice e partigiana italiana.
Figlia di Cesare Merlin e di Rosa Dal Magro. La madre aveva avuto due figli dal precedente matrimonio con Benvenuto Tacca, e, dopo essere rimasta vedova, si era risposata con Merlin nel 1910. Prima di Tina, l'ultimogenita, vennero alla luce Ida, Giuseppe Benvenuto, Remo, Antonio ("Toni") e Giuseppina. Antonio sarebbe diventato poi partigiano, organizzatore e comandante del battaglione "Manara", successivamente assorbito nella brigata partigiana autonoma "7º Alpini". Come lui, morto in combattimento, anche Tina fu coinvolta nella resistenza partecipandovi dal luglio 1944 come staffetta. Nel 1949 sposò il partigiano Aldo Sirena, tra i primi organizzatori del CLN Belluno da cui ebbe il figlio Antonio. La sua carriera di giornalista cominciò con la pubblicazione di racconti nella Pagina della donna de l'Unità. Dal 1951 al 1982 fu corrispondente a Belluno, Milano, Vicenza e Venezia sempre per lo stesso quotidiano. Nel frattempo partecipava anche alla vita politica come consigliere provinciale del PCI (1964-1970). Nel 1965 fu tra i soci fondatori dell'Istituto Storico Bellunese della Resistenza, l'attuale ISBREC (Istituto Storico Bellunese della Resistenza e dell'Età Contemporanea). In seguito ha collaborato con altre riviste e ha pubblicato numerosi saggi dedicati soprattutto al ruolo delle donne nella resistenza. Tina Merlin viene ricordata, più che per la sua pur ricca produzione letteraria, per avere aiutato, con caparbietà e ostinazione, a mettere in luce la verità sulla costruzione della diga del Vajont. Dando voce alle denunce degli abitanti di Erto e Casso, Tina Merlin riuscì a denunciare i pericoli che avrebbero corso i due paesi se la diga fosse stata effettivamente messa in funzione. Inascoltata dalle istituzioni, la giornalista fu denunciata per "diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico" tramite i suoi articoli, processata e assolta dal Tribunale di Milano. In seguito al disastro del Vajont, consumato il 9 ottobre 1963, la Merlin tentò di pubblicare un libro sulla vicenda, Sulla Pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont, che tuttavia trovò un editore solo nel 1983. Morì  dopo un anno di malattia a 65 anni d'età.

Coco Chanel




pseudonimo di Gabrielle Bonheur Chanel
(Saumur, 19 agosto 1883Parigi, 10 gennaio 1971),
è stata una celebre stilista francese, capace con la sua opera di rivoluzionare il concetto di femminilità e di imporsi come figura fondamentale del fashion design e della cultura popolare del XX secolo. Ha fondato la casa di moda che porta il suo nome, Chanel. Coco, ebbe una infanzia molto umile e triste, trascorsa in gran parte in un orfanotrofio, per poi diventare una delle più acclamate creatrici di moda del secolo scorso. Con lo stile lanciato da lei ha rappresentato il nuovo modello femminile del '900, ossia un tipo di donna dedita al lavoro, a una vita dinamica, sportiva, priva di etichette e dotata di autoironia, fornendo a questo modello il modo più idoneo di vestire. Inizia la sua carriera disegnando cappelli, prima a Parigi nel 1908 e poi a Deauville. In queste città, nel '14, apre i suoi primi negozi, seguiti nel '16 da un salone di alta moda a Biarritz. Lo strepitoso successo la colse negli anni venti, quando arriva ad aprire i battenti di una delle sue sedi in rue de Cambon n.31 a Parigi e quando, da lì a poco, verrà considerata un vero e proprio simbolo di quella generazione. Tuttavia, a detta dei critici e degli intenditori di moda, l'apice della sua creatività è da attribuire ai più fulgidi anni trenta, quando, pur dopo aver inventato i suoi celeberrimi e rivoluzionari "tailleur" (costituiti da giacca maschile e gonna diritta o con pantaloni, appartenuti fino a quel momento all'uomo), impose uno stile sobrio ed elegante dal timbro inconfondibile. In buona sostanza, si può dire che Chanel rimpiazzò il vestiario poco pratico della belle èpoque con una moda larga e comoda. Nel 1916, ad esempio, Chanel estese l'uso del jersey, dal suo uso esclusivo per i sottabiti a una grande varietà di tipi di vestiario, inclusi i vestiti semplici in grigio e blu scuro. Questa innovazione fu di così grande successo che "Coco" iniziò ad elaborare le sue celebri fantasie per i tessuti jersey . L'inserimento della maglia lavorata a mano e poi confezionata industrialmente, infatti, rimane una delle novità più sensazionali proposte da Chanel. Inoltre, le bigiotterie in perle, le lunghe catene dorate, l'assemblaggio di pietre vere con gemme false, i cristalli che hanno l'apparenza di diamanti sono accessori indispensabili dell'abbigliamento Chanel e segni riconoscibili della sua griffe. Esperti come quelli del sito Creativitalia.it, sostengono: "Troppo spesso si è parlato del suo celebre Tailleur quasi fosse stata una sua invenzione; in realtà Chanel produceva un vestiario di tipo tradizionale che spesso prendeva spunto dal vestiario maschile e che non diventava fuori moda con il cambiare di ogni nuova stagione. I colori più comuni di Chanel erano il blu scuro, il grigio, e il beige. L'importanza data ai dettagli e l'uso estensivo di bigiotteria, con combinazioni rivoluzionarie di pietre vere e false, agglomerati di cristalli, e perle sono molti indicativi dello stile di Chanel. All'età di 71 anni, Chanel introdusse nuovamente il "tailleur di Chanel" che consisteva di vari pezzi: un giacca di stile cardigan, con inclusa la sua tipica catenella cucita all'interno, una gonna semplice e comoda, con una camicetta il cui tessuto era coordinato con il tessuto all'interno del tailleur. Questa volta, le gonne erano tagliate più corte e i tailleur erano fatti da un tessuto cardigan ben lavorato. Chanel é singolare nel suo rivoluzionare l'industria della moda e nell'aiutare il percorso delle donne verso l'emancipazione". Lo scoppio della seconda guerra mondiale impose però un'improvvisa battuta di arresto. Coco è costretta a chiudere la sede di rue de Cambon, lasciando aperto soltanto il negozio per la vendita dei profumi. Nel '54, quando torna nel mondo della moda, Chanel ha 71 anni. La stilista aveva lavorato dal 1921 al 1970 in stretta collaborazione con i cosiddetti compositori dei profumi, Ernest Beaux e Henri Robert. Il celeberrimo Chanel N°5 venne creato nel 1921 da Ernest Beaux, e secondo le indicazioni di Coco doveva incarnare un concetto di femminilità senza tempo, unica e affascinante. Il N°5 non fu innovativo soltanto per la struttura della fragranza, ma per la novità del nome e l'essenzialità del flacone. Chanel trovava ridicoli i nomi altisonanti dei profumi dell'epoca, tanto che decise di chiamare la sua fragranza con un numero, perché corrispondeva alla quinta proposta olfattiva che le aveva fatto Ernest. Indimenticabile poi, la famosa affermazione di Marylin che, sollecitata a confessare come e con quale abbigliamento andasse a letto, confessò: "Con due sole gocce di Chanel N.5", proiettando in questo modo, ulteriormente, il nome della stilista e del suo profumo nella storia del costume. Il flacone poi, assolutamente all'avanguardia, è divenuto famoso per la sua struttura essenziale e il tappo tagliato come uno smeraldo. Questo "profilo" ebbe un tale successo che, dal 1959, il flacone è esposto al Museo di Arte Moderna di New York. Al mitico N.5 ne seguirono molti altri, come ad esempio il N.22 nel 1922, "Gardénia" nel '25, "Bois des iles" nel '26, "Cuir de Russie" nel '27, "Sycomore", "Une idée" nel '30, "Jasmin" nel '32 e "Pour Monsieur" nel '55. L'altro grande numero di Chanel è il N°19, creato nel 1970 da Henri Robert, per ricordare la data di nascita di Coco. In sintesi, l'impronta stilistica di Chanel si fonda sulla apparente ripetitività dei modelli base. Le varianti sono costituite dal disegno dei tessuti e dai dettagli, a conferma del credo fatto proprio dalla stilista in una sua celebre battuta che "la moda passa, lo stile resta". Alla scomparsa di questa grande creatrice di moda del '900, la Maison venne mandata avanti dai suoi assistenti, Gaston Berthelot e Ramon Esparza, e dalle loro collaboratrici, Yvonne Dudel e Jean Cazaubon, nel tentativo di onorarne il nome e di mantenerne il prestigio.

Luc Montagnier




Luc Montagnier
(Chabris, 18 agosto 1932)
è un medico, biologo e virologo francese.
Professore presso l'Istituto Pasteur di Parigi, presidente della fondazione mondiale per la ricerca e prevenzione dell'AIDS, ha scoperto nel 1983 il virus dell'HIV, insieme alla dottoressa Françoise Barré-Sinoussi e al dottor Robert Gallo, e ha vinto il Premio Nobel per la medicina 2008. Si laurea nel 1955 in scienze e dopo la morte per tumore del padre, decide di iscriversi alla facoltà di Medicina dove si specializza in Oncologia. Dopo aver completato il dottorato di ricerca in medicina all'Università di Poitiers, nel 1967 cominciò le prime ricerche nell'ambito della virologia, dedicandosi in particolar modo allo studio dei meccanismi di replicazione dei virus a RNA e successivamente dei virus a RNA oncogeni (capaci di indurre tumore), analizzando specialmente le modificazioni biochimiche che avvengono all'interno delle cellule da essi infettate. Nel 1972 fu quindi nominato capo dell'Unità Oncologica Virale dell'Istituto Pasteur e, nel 1974, direttore del CNRS (Centro nazionale di ricerca scientifica). Nel 1982 il dottor Willy Rozenbaum, medico dell'Hôpital Bichat di Parigi, gli chiese di mettere la propria competenza al servizio di una ricerca sulla possibile causa retrovirale di una nuova, misteriosa sindrome: l'AIDS. Attraverso una biopsia al linfonodo di uno dei pazienti di Rozenbaum nel 1983, il gruppo di ricercatori guidato da Montagnier fu in grado di scoprire il virus, a cui fu dato il nome di LAV (lymphadenopathy-associated virus, ovvero virus associato a linfoadenopatia). L'anno successivo un gruppo di studiosi statunitensi guidato dal dottor Robert Gallo, capolaboratorio all'Istituto Nazionale del Cancro (NCI, National Cancer Institute) di Bethesda, Maryland, confermò la scoperta del virus, ma ne modificò il nome in virus T-linfotropico umano di tipo III (HTLV-III). Di lì a poco nacque un'accesa disputa internazionale tra Montagnier e Gallo su chi dei due potesse fregiarsi della paternità della scoperta, disputa che finì a favore dello studioso francese. Nel 1986 Montagnier riuscì a isolare un secondo ceppo del virus HIV, chiamato HIV2 e maggiormente diffuso in Africa, e fu insignito del premio Albert Lasker per la ricerca medica. In seguito Montagnier si impegnò in progetti di prevenzione dell'AIDS e nella ricerca di un vaccino efficace contro questa patologia, collaborando con diversi virologi, tra cui l'italiano Vittorio Colizzi. Gli ultimi studi di Montagnier evidenziano quanto un sistema immunitario efficiente sia fondamentale per evitare di contrarre virus, HIV incluso, e quanto sia invece fragile il sistema immunitario delle popolazioni che seguono un'alimentazione scorretta, esposte per questo ad una maggior possibilità di contagio.Nell'ottobre del 2014, Montagnier sigla un accordo di collaborazione con l'R.C.C.S Neuromed per portare avanti alcuni studi di ricerca sulle neuroscienze. In un'intervista del 14 marzo 2010, Luc Montagnier rilascia alcune dichiarazioni accolte con sorpresa e cautela dalla comunità scientifica, nelle quali afferma come sarebbe possibile, a suo dire, eradicare il virus dell'HIV agendo in modo simultaneo su più fronti: con un corretto schema nutrizionale, eliminando lo stress ossidativo, migliorando le misure igieniche, instaurando una corretta flora intestinale. Montagnier è attivamente impegnato nello studio e nella ricerca sull'efficacia dei rimedi omeopatici. Tali studi sono stati accolti molto negativamente dalla comunità scientifica, poiché nessuna prova è stata finora addotta che possa avallare una qualsiasi efficacia dell'omeopatia; più precisamente, gli esperimenti svolti hanno dimostrato un'efficacia pari all'effetto placebo. Per tali sue ricerche, relative sia all'omeopatia sia alla memoria dell'acqua sia all'autismo, Montagnier ha ricevuto alcune aspre critiche tanto da fare definire i risultati dei suoi studi come scienza patologica. Nel 2011 una sezione della rivista scientifica Journal of Physics (la Conference Series che gode di una blanda peer review) ha pubblicato uno studio di Luc Montagnier e altri intitolato DNA waves and water, nel quale viene illustrato come alcune sequenze di DNA potrebbero indurre segnali elettromagnetici di bassa frequenza in soluzioni acquose altamente diluite, le quali manterrebbero poi “memoria” delle caratteristiche del DNA stesso. Una scoperta che, se fosse confermata, potrebbe aprire nuove prospettive in tema di omeopatia.

Amuleto


Quando tu passi, e mi chiami,
assente son io.
Per lunghe ore ti aspetto,
e tu, distratto, voli altrove.
Ma tanto, il mezzano serafico
del nostro amore,
il sultano dello zenit
che muove sul quadrante le sfere
con le dita infingarde e sante,
ha già segnato l’istante
del nostro convegno.
Molli si volgono i miei giorni
a quella imperiosa stagione.
Candida e glaciale essa risplende
alta salendo, come fuoco.
Ah, nostra incantevole stanza!
Che importa a me, infido spirito,
dei tuoi diversi pensieri?
Il presagio inchina già la fronte
all’annuncio. Sorte e amore
ti congiungono a me.

Elsa Morante

Minna la siamese


Ho una bestiola, una gatta: il suo nome è Minna.
Ciò ch’io le metto nel piatto, essa mangia,
e ciò che lemetto nella scodella, beve.
Sulle ginocchia mi viene, mi guarda, e poi dorme,
tale che mi dimentico d’averla. Ma se poi,
memore, a nome la chiamo, nel sonno un orecchio
le trema: ombrato dal suo nome è il suo sonno.
Se penso a quanto di secoli e cose noi due livide,
spaùro. Per me spaùro: ch’essa di ciò nulla sa.
Ma se la vedo con un filo scherzare, se miro
l’iridi sue celesti, l’allegria mi riprende.
I giorni di festa, che gli uomini tutti fan festa,
di lei pietà mi viene, che non distingue i giorni.
Perché celebri anch’essa, a pranzo le do un pesciolino;
né la causa essa intende: pur beata lo mangia.
Il cielo, per armarla, unghie le ha dato, e denti:
ma lei, tanto è gentile, sol per gioco li adopra.
Pietà mi viene al pensiero che, se pur la uccidessi,
processo io non ne avrei, né inferno, né prigione.
Tanto mi bacia, a volte, che d’esserle cara io m’illudo,
ma so che un’altra padrona, o me, per lei fa uguale.
Mi segue, sì da illudermi che tutto io sia per lei,
ma so che la mia morte non potrebbe sfiorarla…

E.Morante

Elsa Morante



Elsa Morante
(Roma, 18 agosto 1912Roma, 25 novembre 1985)
è stata una scrittrice, saggista, poetessa e traduttrice italiana, tra le più importanti narratrici del secondo dopoguerra.
Prima donna ad essere insignita del Premio Strega nel 1957 con il romanzo L'isola di Arturo, è stata autrice del romanzo La storia, che figura nella lista dei cento migliori libri di tutti i tempi, stilata nel 2002 dal Club norvegese del libro.
Elsa trascorse la sua infanzia nel quartiere popolare di Testaccio. Figlia naturale d'una maestra ebrea (Irma Poggibonsi, o Poggibonzi, originaria di Modena) e di un impiegato delle poste (Francesco Lo Monaco), alla nascita fu riconosciuta da Augusto Morante, già marito di Irma, e sorvegliante in un istituto di correzione giovanile. Elsa crebbe insieme ai fratelli più piccoli Aldo, Marcello (1916-2005, anche lui scrittore) e Maria (un primo fratello, Mario, morì in fasce prima che lei nascesse), tutti figli dello stesso Lo Monaco. La storia di questa famiglia è un po' particolare, ed è diffusamente narrata nelle memorie autobiografiche di Marcello Morante, intitolate Maledetta Benedetta. Il padre naturale Francesco Lo Monaco morì suicida nel 1943. La Morante iniziò giovanissima a scrivere filastrocche e favole per bambini, poesiole e racconti brevi, che a partire dal 1933, e fino all'inizio della seconda guerra mondiale, furono via via pubblicati su varie riviste di diversa natura, tra le quali si devono ricordare il "Corriere dei piccoli", il "Meridiano di Roma", "I diritti della scuola" (sulla quale, tra l'altro, uscì in 29 puntate, tra il 1935 e il 1936, il racconto lungo,  Qualcuno bussa alla porta), e soprattutto "Oggi", sulla quale Elsa scrisse anche con degli pseudonimi maschili: certamente con quello di Antonio Carrera e forse, ma è meno certo, con quello di Renzo o Lorenzo Diodati). Collaborò anche con la rivista "L'Eroica", diretta da Ettore Cozzani, dove tra il 1931 e il 1937, pubblicò quattro poesie decadentistiche e un racconto, Il bambino ebreo, recentemente ritrovati e riproposti dallo studioso Marco Bardini. Il suo primo libro fu proprio una raccolta di racconti giovanili, Il gioco segreto, pubblicato nel 1941. Questo fu seguito, nel 1942, da un libro per ragazzi, intitolato Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina, (il libro è corredato da illustrazioni eseguite dalla scrittrice stessa; parzialmente riscritto, la Einaudi ne pubblicò una versione accresciuta nel 1959, con il titolo Le straordinarie avventure di Caterina). Per mezzo del pittore Giuseppe Capogrossi, nel 1936 Elsa Morante conobbe lo scrittore Alberto Moravia, che sposò il 14 aprile 1941; insieme incontrarono e frequentarono i massimi scrittori e uomini di pensiero italiani del tempo, tra cui Pier Paolo Pasolini (con il quale Elsa rimase a lungo in amicizia, prima del loro definitivo allontanamento, avvenuto intorno al 1971), Umberto Saba, Attilio Bertolucci, Giorgio Bassani, Sandro Penna, Enzo Siciliano. Durante la seconda guerra mondiale, per sfuggire alle rappresaglie dei nazisti, Morante e Moravia lasciarono Roma ormai occupata, e si rifugiarono a Fondi, un paesino in provincia di Latina, a pochi chilometri dal mare. Tale parte dell'Italia meridionale apparirà di frequente nelle opere narrative successive dei due scrittori; Elsa Morante ne parla soprattutto nel romanzo La Storia. Dopo la fine della guerra, Morante e Moravia incontrarono il traduttore statunitense William Weaver, che li aiutò a raggiungere il pubblico statunitense. Per il tramite di Natalia Ginzburg, Elsa Morante pubblicò il suo primo romanzo, Menzogna e sortilegio, nel 1948. Grazie al sostegno del critico Giacomo Debenedetti, quello stesso anno il libro vinse il Premio Viareggio, condividendolo con Aldo Palazzeschi. Il romanzo fu poi pubblicato negli Stati Uniti col titolo House of Liars nel 1951. Gli anni successivi a Menzogna e sortilegio furono caratterizzati da un accentuato interesse per il cinema, che anche in seguito non l'abbandonò più. Del 1949 fu un primo progetto a quattro mani con Alberto Lattuada, con il quale Elsa Morante scrisse il trattamento per un film che si sarebbe dovuto intitolare Miss Italia; e del 1952 fu un secondo progetto con Franco Zeffirelli per un film dal titolo Verranno a te sull'aure... Ma nessuno dei due film venne realizzato. Tra il 1951 e il 1952 Elsa Morante tenne alla radio anche una rubrica di critica cinematografica, che si concluse con le sue dimissioni a causa di un atto di censura subito dalla dirigenza RAI. L'interesse per il cinema, comunque, non scemò, anzi si rafforzò grazie all'amicizia con Pasolini. Elsa fece un'apparizione, un breve cameo nel ruolo di una detenuta, nel film Accattone, del 1961; inoltre, fu quasi sempre accanto a Pasolini durante la lavorazione dei suoi film degli anni sessanta. Fu presente sul set di Il Vangelo secondo Matteo in qualità di aiuto-regista, e collaborò spesso, in forma anonima, alla realizzazione delle colonne sonore di questi film; l'unica colonna sonora che le sia stata accreditata, però, è quella di Medea (1969). Infine, di Elsa Morante sono le parole della ballata che un giullare canta, sulle note di Nino Rota, nel film Romeo e Giulietta (1968) di Franco Zeffirelli. Il successivo romanzo di Elsa Morante, L'isola di Arturo, uscì in Italia nel 1957,  riscuotendo grande successo di pubblico e di critica (e vincendo il Premio Strega). Nel 1962 ne fu tratto anche un film omonimo. Nel 1958, uscì la raccolta di 16 poesie Alibi, che comprende, oltre alla lirica del titolo e le varie altre poesie che erano già state incluse all'interno dei romanzi Menzogna e sortilegio e L'isola di Arturo, anche la poesia Avventura, già uscita su "Botteghe Oscure" nel 1951 con il titolo L'avventura. Durante i primi anni sessanta la scrittrice allestì una seconda raccolta di racconti, pubblicata da Einaudi nel 1963: Lo scialle andaluso, in cui confluirono alcuni dei racconti già pubblicati nel Gioco segreto, assieme ad altri più recenti. Nel 1965 pubblicò, dopo averla presentata in più occasioni a Torino, Milano e Roma, la conferenza Pro o contro la bomba atomica. Breve saggio di grande impegno morale, è il testo in cui Elsa Morante espose con maggior coraggio e chiarezza la sua poetica: la poesia mantiene viva la realtà, e sconfigge l'irrealtà. Morante e Moravia si separarono nel 1961, senza però mai divorziare. Qualche anno prima Elsa Morante aveva avuto una burrascosa relazione con il regista Luchino Visconti, e in quei primi anni sessanta si era legata al pittore newyorkese Bill Morrow (1936-1962), che morì precipitando da un grattacielo. Suoi amici di quegli anni furono il critico Cesare Garboli e l'attore Carlo Cecchi (i quali saranno poi i curatori delle sue Opere ne «I Meridiani». Gravemente colpita dal lutto per la morte di Morrow, Elsa Morante continuò a scrivere, sebbene sporadicamente, lavorando in quegli anni a un romanzo che però non vide mai la luce: Senza i conforti della religione. Nel 1968 pubblicò Il mondo salvato dai ragazzini, una raccolta, o un canzoniere, che unisce in modo originale forme di poesia tradizionale, canzoni, un atto unico teatrale (La commedia chimica, ispirata alle sue sperimentazioni con LSD e altri psichedelici), favolette morali. Poi, a partire dal 1971, riprendendo alcuni personaggi e temi dal vecchio progetto di Senza i conforti della religione, avviò la stesura del romanzo La storia. Il libro, ambientato a Roma durante la seconda guerra mondiale, uscì nel 1974 (per volere della scrittrice fu pubblicato direttamente in edizione economica, nella collana einaudiana de "Gli struzzi") ed ebbe subito un grande successo di vendite e fama internazionale; ma ricevette anche attacchi spietati da parte di molti critici militanti, sia di destra che di sinistra. Editor del libro La Storia, presso la casa editrice Einaudi, fu Elena De Angeli. Luigi Comencini ne trasse uno sceneggiato TV nel 1986, interpretato da Claudia Cardinale. L'ultimo romanzo di Elsa Morante fu Aracoeli, del 1982, per il quale, nel 1984, ottenne il Prix Médicis. Poco prima della fine della stesura del romanzo, cadendo, si procurò una frattura al femore, che la costrinse lungamente a letto. Dopo l'uscita del libro scoprì di essere gravemente ammalata; tentò il suicidio nel 1983, ma fu salvata in extremis dalla sua governante. Ricoverata in clinica, fu sottoposta a una complessa operazione chirurgica, che però non le giovò molto. Morì a seguito di un infarto.

Se vai.......