mercoledì 9 agosto 2017

Tommaso Landolfi


è stato uno scrittore, poeta, traduttore e glottoteta italiano.
Anche se poco noto al grande pubblico, complice la lingua estremamente ricercata e la poetica per certi versi assimilabile al Surrealismo, ma anche una sua certa distanza dalle tendenze letterarie italiane, sia prima, sia dopo la seconda guerra mondiale, è considerato uno degli scrittori italiani di maggior rilievo del Novecento.
 
Nacque a Pico, al secolo in provincia di Terra di Lavoro (confluito poi, nel 1927, nella neo-costituita provincia di Frosinone), figlio di Pasquale Landolfi, un proprietario terriero, appartenente ad una famiglia aristocratica, tra le più antiche della zona e per lungo tempo fedele alla dinastia dei Borbone (Landolfi stesso amava definirsi un "rappresentante genuino della gloriosa nobiltà meridionale"), e di Maria Gemma Nigro, detta Ida. Nel 1932 conseguí la laurea in lingua e letteratura russa presso l'Università di Firenze, discutendo una tesi sulla poetessa Anna Achmatova. Nel capoluogo toscano collabora a diverse riviste letterarie, quali Letteratura e Campo di Marte. Nel 1937 pubblica la sua prima raccolta di racconti, precedentemente apparsi su riviste, Dialogo dei massimi sistemi. Seguono altre prove narrative, tra il fantastico ed il grottesco, che caratterizzano la produzione del primo Landolfi, tra i quali spicca il breve romanzo gotico Racconto d'autunno, del 1947. Evidente, già dalle prime opere, il tema della vanità dell'agire umano, trattato con apparente e spesso divertita leggerezza, che può però trasformarsi in disperazione e delirio romantico, quando si autocompiace nella propria ironica tristezza. Salvo brevi soggiorni all'estero, la vita di Landolfi si svolge per lo più tra Roma, le case da gioco di San Remo e di Venezia e la tenuta di famiglia a Pico. Nonostante un'esistenza appartata e lontana dai salotti intellettuali e mondani, il suo lavoro è riconosciuto da rinomati autori e critici quali Giorgio Bassani, Mario Soldati, Eugenio Montale, Carlo Bo ed Italo Calvino, che ne curerà anche un'antologia nel 1982. Il demone del gioco, assieme ad altri motivi autobiografici, sono al centro delle sperimentali opere "metadiaristiche" La bière du pécheur (1953), Rien va (1963) e Des mois (1967). Nel 1975 vince il premio Strega con la raccolta di racconti A caso. È stato collaboratore fisso, tra il 1939 ed il 1941, del settimanale Oggi. Più tarde sono invece le collaborazioni con Il Mondo ed il Corriere della Sera. Si ammala di una lunga e dolorosa malattia, complice il clima rigido e umido di Pico, dal quale cerca sollievo nelle località liguri di Sanremo e Rapallo. Nel marzo del 1978 è già al terzo ricovero, presso l'ospedale di Sanremo, per un ennesimo attacco di cuore, al quale segue la ricerca dell'isolamento e della solitudine. Ed è proprio in solitudine, mentre la figlia è assente per qualche ora, che è colpito da un enfisema polmonare: si spegne a Ronciglione, in provincia di Viterbo. Dal 1992 le maggiori opere, pubblicate in precedenza da Vallecchi ed altri editori, ed ormai fuori catalogo, vengono ripubblicate dalla casa editrice Adelphi a cura di Idolina Landolfi, figlia dell'autore. Nel 1996, sotto la presidenza di Idolina, nasce il Centro Studi Landolfiani, che pubblica il bollettino «Diario perpetuo».

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