martedì 31 marzo 2020

Temporale


Nella montagna nera
il torrente delira a voce alta
a quella stessa ora
avanzi tra precipizi
nel tuo corpo sopito
Il vento lotta al buio col tuo sogno
boscaglia verde e bianca

quercia fanciulla quercia millenaria
il vento ti sradica e trascina e rade al suolo
apre il tuo pensiero e lo disperde
Turbine i tuoi occhi
turbine il tuo ombelico
turbine e vuoto
Il vento ti spreme come un grappolo
temporale sulla tua fronte

temporale sulla tua nuca e sul tuo ventre
Come un ramo secco
il vento ti sbalza
Nel tuo sogno entra il torrente
mani verdi e piedi neri
rotola per la gola
di pietra nella notte
annodata al tuo corpo
di montagna sopita
Il torrente delira
fra le tue cosce

soliloquio di pietre e d'acqua
Sulle scogliere
della tua fronte passa
come un fiume d'uccelli
Il bosco reclina il capo
come un toro ferito
il bosco s'inginocchia
sotto l'ala del vento
ogni volta più alto
il torrente delira
ogni volta più fondo
nel tuo corpo sopito
ogni volta più notte.
Octavio Paz

La poesia


Octavio Paz





È considerato il poeta di lingua spagnola più importante della seconda metà del Novecento. Nell'arco dell'intero secolo è superato per fama solo da Juan Ramón Jiménez, Vicente Huidobro, Jorge Luis Borges, César Vallejo e Pablo Neruda. Paz, una delle figure più importanti della letteratura contemporanea, sia come poeta che come saggista, visse a lungo in Spagna, dove sostenne la lotta dei repubblicani durante la Guerra civile spagnola (anche se, in seguito, prenderà le distanze dal comunismo), e in Francia, dove ebbe modo di avvicinarsi al surrealismo. Durante la permanenza in Francia lavorò a fianco di André Breton e Benjamin Péret. Nel 1945, Paz entrò nel servizio diplomatico messicano. In quell'epoca, Paz scrisse Il labirinto della solitudine, un saggio sull'identità messicana. Si sposò con Elena Garro, dalla quale ebbe una figlia. Ottenne il posto di ambasciatore in Messico e in India nel 1962. Lasciò l'incarico nel 1968, dopo il Massacro di Tlatelolco. Nel 1956 vince il Premio Xavier Villaurrutia e nel 1981 a Paz fu conferito il Premio Cervantes.

Il mio Fiore ♥ il mio Colore ♥ il mio Animale ♥


Il mio fiore preferito l'ho già scritto altre volte , è il Lillà. Mi riporta all'infanzia quando comprare i fiori non potevamo permettercelo. una mia vicina di casa aveva un piccolo orto con una pianta di questo fiore e quando era tutta fiorita ci dava un rametto ad ogni famiglia del vicinato. Le nostre povere case cambiavano aspetto. Da allora è il mio fiore preferito. Il colore è il Viola , ma non per il L'illà per tutte le sue sfumature e da giovanetta quando lavoravo la mia prima camicetta fu un viola molto chiaro. In seguito quando già cucivo mi confezionai una gonna a portafoglio Viola scura. Adesso l'abbiniamo con tutti i colori, ai tempi della mia gioventù stavamo molto attenti e il viola era un colore difficile da abbinare . Mi ricordo che avevo una maclietta giallo spento a fantasia e ci stava bene. Non è un colore che uso molto , ma è il mio preferito. Il mio Animale preferito è il gatto. Ho sempre avuto gatti sin da piccola. Li ricordo tutti. Quello della foto è Giovannino è stato 15 anni con noi insieme ad un'altro Enzino che era nero con un bavaglino e le zampette bianche. Sono oramai quasi 10 anni che non ho più animali in casa. Anche perchè mio marito avendo un polmone solo i peli dei gatti non sono l'ideale. Lucia

Un uomo è ormai vecchio



"Un uomo è ormai vecchio solo quando
non ha più sogni da realizzare.
E' per questo che al mondo ci sono uomini immortali."

Antonio Bacchiocchi

Maria Campi la donna che inventò la Mossa!!!


nome d'arte di Maria De Angelis
è stata una cantante, attrice e diva di varietà, italiana,
celebre per essere stata l'inventrice della "mossa"
Trasteverina, dopo un'infanzia povera, debuttò (1901) nell'operetta, quindi passò al teatro di varietà. Ispirò a Guido da Verona una celebre romanza; apprese in Spagna la rumba e la introdusse in Italia nel 1913. Divenuta famosa, su di lei un maligno anonimo scrisse la seguente pasquinata: Maria Campi è quella cosa / che innamora il giovinetto. / Se ci vai una volta a letto / figlio mio non campi più. Cantò fino al 1930, e cioè fino a cinquantatré anni d'età, poi si ritirò a vita privata. Fu una grande divetta, appassionata della sua arte. Nei primi anni del Novecento, quando la Campi era già celebre, cantò al teatro Amor, allora esistente in piazza Apollonia, frequentato dal fior fiore della marmaglia di Trastevere. Poi, sempre più affermatasi nella sua arte, accettò più importanti scritture alla Sala Umberto rifiutandosi di tornare al teatro Amor, di bassa levatura. I trasteverini organizzarono una spedizione punitiva alla Sala Umberto dove, all'apparire della Campi sulla scena, l'accolsero a fischi, urla e pomodori ben maturi. Allontanati dai questurini i disturbatori si dileguarono e Maria Campi decise di tornare ancora al teatro Amor dove venne accolta ed acclamata in una memorabile serata in cui si presentò in calzamaglia rosa, a quell'epoca il massimo dell'audacia esibizionistica per una canzonettista. Nel secondo dopoguerra, quando si era già posta a riposo, accettò una particina offertale da Vittorio de Sica nel film Sciuscià. La leggenda invece racconta che al suo ottantesimo compleanno gli venne chiesta "la mossa" e Maria non se lo fece ripetere due volte. Morì povera in un ospedale di Roma.

Dalla mia collezione di vecchi libri di scuola 1936

 
Marzo
Marzo all'aperto. Sul piovoso cielo
viaggiano le nuvole raminghe,
come greggi vastissime, che il vento
spinge, solerte pastore, da presso.
Ridesto il merlo nella quercia canta.
Lo zèfiro discioglie l'acre inverno
ad annunziar le rifiorenti rose.
L'azzurro è azzurro come la corolla
del lino. Sulle rame i primi petali
aleggiano quasi fremide farfalle.
S'apre la terra ai teneri garzuoli.
Tutto rinasce al mondo e par che il cielo
vagheggi insieme l'Angelo e Maria.
Sembra che tutte albeggino le cose.
Un serto le inghirlanda, ed un respiro
nuovo le esorta al gaudio della vita.
Come l'armento sviato dal chiuso
nei campi, a brucar l'erbe ora nate
sbranca pei fossi, finché poi meriggia
inerte al sole, o va di valle  in valle;
così l'animo umano, con vibranti
ritmi s'accorda nel primaverile
concerto che dal sonno la destò.
Poi si libra nel cielo e vola, allodola
canora, oltre le nuvole e le stelle.
Non c'è l'autore 
i testi sono stati raccolti da Francesco Sapori

BENIAMINO Auguri !

 
Oggi 31 marzo chi ha questo nome festeggia l'onomastico.
Beniamino è un nome maschile che deriva dall'ebraico Benjámin e significa 'figlio della destra, prediletto'. Nella tradizione biblica egli è l'ultimo figlio di Giacobbe, colui che la moglie Rachele ha dato alla luce poco prima di morire. La donna gli dette il nome 'figlio del mio dolore' ma Giacobbe lo cambiò in Benjàmin appunto che oggi in italiano si usa anche come sostantivo per indicare una persona prediletta. L'onomastico si festeggia il 31 marzo in ricordo di San Beniamino diacono martire in Persia nel 424.
Diffusione: In Italia ci sono circa 17.270 persone di nome Beniamino. Suddivisione: Lombardia (17%), Campania (15%), Veneto (12%)  
Caratteristiche: è una persona amica di tutti, ha sempre il sorriso sulle labbra e diffonde il bene solamente con il suo irresistibile sorriso; ama correre, porsi traguardi ambiziosi, viaggiare e guardare serie tv straniere in lingua originale. 
Significato: Figlio della destra, figlio prediletto
Onomastico:
31 marzo
Origine:
Ebraica
Segno corrispondente:
Vergine
Numero fortunato:
5
Colore:
Verde
Pietra:
Smeraldo
Metallo:
Rame
  • Femminili: Beniamina

Varianti in altre lingue

 

31 marzo San Beniamino



Diacono e martire

† Ergol, Persia, 420
Etimologia: Beniamino = figlio prediletto, dall'ebraico
S. Beniamino diacono di Ergol in Persia, fa parte di un gruppo di martiri, uccisi appunto in Persia durante la lunga persecuzione contro i cristiani, che iniziò sotto il regno di Iezdegerd I e finì con quello del successore Bahram-Gor. L’episodio avvenuto all’interno della lunga persecuzione contro i cristiani in Persia, racconta che verso il 420, lo sfrenato zelo di alcuni cristiani, capeggiati da un sacerdote Hasu, portò ad incendiare ad Ergol (Argul) un pireo, cioè un tempio dedicato al culto del fuoco. Per questa distruzione venne arrestato il vescovo Abdas, il fratello Papa, i preti Hasu e Isacco, il segretario Ephrem, il suddiacono Papa, i laici Daduq e Durtan; al vescovo Abdas fu ingiunto dalle autorità civili di ricostruire il tempio, poiché egli si rifiutò, furono condannati a morte. A loro sono associati nella celebrazione altri martiri di quella persecuzione, scaturita dall’episodio dell’incendio del ‘pireo’ e sono Ormisda (Manides), Sahin e il diacono di Ergol, Beniamino. Su quest’ultimo, il ‘Martyrologium Romanum’ commemorandolo al 31 marzo, riporta la seguente citazione: “In Ergol (Argul) in Persia, san Beniamino diacono, che non desistette dal predicare le Verità della fede, sotto Bahrom-Gor re; consumò il suo martirio venendogli conficcati negli orifizi e sotto le unghie legni sottili ed acuminati”. Il martirio avvenne verso il 420 cioè nei primi due anni del regno di Bahrom-Gor, perché nel 422 egli fu vinto da Teodosio II, che come condizione di pace pose la libertà di culto ai cristiani di Persia.
Autore: Antonio Borrelli

Il lupo e l'agnello



Un lupo che aveva visto un agnello intento a bere presso un fiume volle divorarlo, accampando una motivazione che fosse plausibile. Perciò, nonostante si trovasse più a monte, prese ad accusare l'agnello dicendo che gl'intorbidiva l'acqua, impedendogli di bere. Ma l'agnello rispose che stava bevendo a fior di labbra e che peraltro, trovandosi più a valle, non poteva sporcare l'acqua a lui. Il lupo allora, visto fallire il pretesto addotto, disse:
«Però l'anno scorso tu offendesti mio padre!». E come l'agnello gli ebbe risposto che a quell'epoca non era ancora nato, gli fece il lupo: «Guarda che, pure se hai facili gli argomenti per scagionarti, non per questo rinuncerò a mangiarti». La favola dimostra che di fronte a coloro che hanno la propensione a commettere ingiustizie non può nulla neppure la difesa più giusta.
Esopo

Trovati un uomo che ti ami.


“Trovati un uomo che ti ami.
Un uomo che ti abbracci
improvvisamente e ti baci spesso.
Un uomo che ti aiuti nelle faccende domestiche e non perché tu glielo debba chiedere.
Trovati un uomo che ti sorprenda: con una cena, un regalo inaspettato,
un piccolo pensiero.
Un uomo che ti coccoli per farti star bene dopo una giornata pesante.
Trovati un uomo che ti guardi come se fossi la cosa più bella e preziosa del mondo.
Trovati un uomo che ti faccia almeno un complimento al giorno,
che ti faccia sentire bella in ogni momento.
Un uomo orgoglioso di te,
che ti mostri fiero al mondo.
Un uomo che sappia farti ridere e divertire.
Un uomo che ti sappia ascoltare, capire, comprendere.
Un uomo che si faccia in quattro per realizzare i tuoi desideri perché ti ama.
Un uomo che ti protegga,
che ti faccia sentire al sicuro.
Un uomo che ti metta al primo posto.
Trovati un uomo che ti faccia venire la voglia di vivere,
che renda le tue giornate meravigliose.
Un uomo che non ti faccia sentire mai sola.
Un uomo che ti faccia sentire completa e senza la mancanza d’altro.
Un uomo capace, sicuro.
Un uomo onesto.
Sincero. Serio.
Trovati un uomo che renda migliore il tuo mondo e non peggiore.”

web

Elogio dell’infanzia


Quando il bambino era bambino,
camminava con le braccia ciondoloni,
voleva che il ruscello fosse un fiume,
il fiume un torrente
e questa pozzanghera il mare.

Quando il bambino era bambino,
non sapeva di essere un bambino,
per lui tutto aveva un’anima
e tutte le anime erano un tutt’uno.

Quando il bambino era bambino
non aveva opinioni su nulla,
non aveva abitudini,
sedeva spesso con le gambe incrociate,
e di colpo si metteva a correre,
aveva un vortice tra i capelli
e non faceva facce da fotografo.

Quando il bambino era bambino,
era l’epoca di queste domande:
perché io sono io, e perché non sei tu?
perché sono qui, e perché non sono lì?
quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio?
la vita sotto il sole è forse solo un sogno?
non è solo l’apparenza di un mondo davanti al mondo
quello che vedo, sento e odoro?
c’è veramente il male e gente veramente cattiva?
come può essere che io, che sono io,
non c’ero prima di diventare,
e che, una volta, io, che sono io,
non sarò più quello che sono?

Quando il bambino era bambino,
si strozzava con gli spinaci, i piselli, il riso al latte,
e con il cavolfiore bollito,
e adesso mangia tutto questo, e non solo per necessità.

Quando il bambino era bambino,
una volta si svegliò in un letto sconosciuto,
e adesso questo gli succede sempre.
Molte persone gli sembravano belle,
e adesso questo gli succede solo in qualche raro caso di fortuna.

Si immaginava chiaramente il Paradiso,
e adesso riesce appena a sospettarlo,
non riusciva a immaginarsi il nulla,
e oggi trema alla sua idea.

Quando il bambino era bambino,
giocava con entusiasmo,
e, adesso, è tutto immerso nella cosa come allora,
soltanto quando questa cosa è il suo lavoro.

Quando il bambino era bambino,
per nutrirsi gli bastavano pane e mela,
ed è ancora così.

Quando il bambino era bambino,
le bacche gli cadevano in mano come solo le bacche sanno cadere,
ed è ancora così,
le noci fresche gli raspavano la lingua,
ed è ancora così,
a ogni monte,
sentiva nostalgia per una montagna ancora più alta,
e in ogni città,
sentiva nostalgia per una città ancora più grande,
ed è ancora così,
sulla cima di un albero prendeva le ciliegie tutto euforico,
com’è ancora oggi,
aveva timore davanti a ogni estraneo,
e continua ad averlo,
aspettava la prima neve,
e continua ad aspettarla.

Quando il bambino era bambino,
lanciava contro l’albero un bastone come fosse una lancia,
che ancora continua a vibrare.


da Il cielo sopra Berlino (Wim Wenders, 1987)

Non servono altre parole


lunedì 30 marzo 2020

Noi saremo




Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi
che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?
Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto
che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,
i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.
Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene
accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,
e inoltre ricoperti di una dura corazza,
sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino
per noi ha stabilito, cammineremo insieme
la mano nella mano, con l'anima infantile
di quelli che si amano in modo puro, vero?


Paul Verlaine

Vola, Canzone, Rapida


Vola, canzone, rapida
davanti a Lei e dille
che, nel mio cuor fedele,
gioioso ha fatto luce
un raggio, dissipando,
santo lume,
 le tenebre
dell'amore: paura,
diffidenza
e incertezza.
Ed ecco il grande giorno!
Rimasta a lungo muta
e pavida - la senti?
- l'allegria ha cantato
come una viva allodola
nel cielo rischiarato.
Vola, canzone ingenua,
e sia la benvenuta
senza rimpianti
vani colei che infine torna.
 
Paul Verlaine

Paul Verlaine




Paul Marie Verlaine
Metz,30/03/1844 – Parigi,08/01/1896
Paul-Marie Verlaine nasce da una famiglia di Verlaine appartenente alla piccola borghesia: il padre, era capitano nell'esercito. Verlaine si trasferisce con la famiglia a Parigi (1850) dove studia nel collegio Institution Landry; i risultati scolastici non sono eccellenti e il contatto con la letteratura lo affascina. Nel 1862, dopo aver conseguito il laureato in lettere si iscrive alla facoltà di giurisprudenza, che però ben presto dovrà abbandonare. Successivamente trova un impiego al comune. Frequenta i caffè e i salotti letterari parigini, nel 1866, collabora al primo Parnasse contemporain e pubblica i Poèmes saturniens. Nel 1869, le Fêtes galantes, delle fantasie che evocano il XVIII secolo di Jean-Antoine Watteau, confermano questo orientamento. Nel 1870 sposa Mathilde Mauté, per la quale pubblica La Bonne Chanson. Nel 1871  gli nasce il figlio Georges. Verlaine  publica la sua prima poesia nell'agosto del 1863. Un amico di Verlaine, lo mette in contatto con un piccolo libraio specializzato nelle opere religiose, Alphonse Lemerre, che accetta di pubblicare, ma a spese dell'autore, le opere dei giovani poeti .Ed è in questo mezzanino della libreria di Lemerre che si riunisce allora un gruppo, che lancia lo stesso anno una effimera  nuova rivista settimanale, esclusivamente letteraria: L'Art. Paul Verlaine publica due poesie in questa rivista. Dopo la scomparsa dell' L'Art, nel marzo 1866 nasce, una nouvelle revue: Le Parnasse contemporain. I poeti che publicano nella rivista condividono essenzialmente lo stesso rifiuto per la poesia sentimentale del periodo romantico, ma vedono nel gruppo che si riunisce nel mezzanino della libreria Lemerre una nuova scuola poetica, una scuola « parnassiana », risollevata largamente dall'illusione retrospettiva .L'anno successivo compare nella sua vita il diciassettenne Arthur Rimbaud, che va a turbare gli agi borghesi nei quali il poeta si era adagiato. Chiamato da Verlaine a cui ha inviato qualche lirica, Rimbaud comincia con lui una relazione fortemente intima e una vita di vagabondaggio. Verlaine lascia allora la moglie e il figlio, per seguire il giovane poeta e compagno di vita in Inghilterra e in Belgio. Durante questi viaggi Verlaine scrive Romances sans paroles.Questa relazione tumultuosa termina dolorosamente: nel 1873, i due poeti sono a Londra. Verlaine abbandona tutto d'un tratto Rimbaud, affermando di voler tornare dalla moglie, deciso, se ella non lo riaccettasse, a spararsi. Trasloca in un albergo a Bruxelles. Rimbaud lo raggiunge, persuaso che Verlaine non avrebbe avuto il coraggio di mettere fine ai suoi giorni. Nel momento in cui Rimbaud lo vuole lasciare, Verlaine, ubriaco, gli spara due colpi di pistola, ferendolo leggermente ad una mano. Verlaine viene così incarcerato a Mons, Rimbaud invece raggiunge la fattoria di famiglia a Roche, nelle Ardenne dove scrive Una stagione all'inferno. Condannato a due anni di prigione,che sconta a Bruxelles e a Mons. È qui, venuto a conoscenza del fatto che sua moglie ha chiesto e ottenuto la separazione, che si converte al cattolicesimo. Ne uscirà il suo libro di Sagesse.Alla sua uscita, se ne torna in Inghilterra, poi a Rethel dove esercita l'incarico di professore. Nel 1884 pubblica un saggio su tre "poeti maledetti" (Stéphane Mallarmé, Tristan Corbière, Arthur Rimbaud) che contribuisce a farlo conoscere.Nel 1885 divorzia dalla moglie, e sempre più schiavo dell'alcol tenta di strangolare la madre finendo nuovamente in carcere. A partire dal 1887, mentre s'accresce la sua fama, Verlaine cade nella miseria più nera. Le produzioni letterarie dei suoi ultimi anni sono puramente destinate alla mera sussistenza. È in questo contesto che nascono le poesie fortemente erotiche di Hombres (a tematica omosessuale) e Femmes (a tematica eterosessuale).In questo periodo Verlaine divide il suo tempo tra il caffè e l'ospedale.Nel 1894, viene incoronato "principe dei poeti" e gli viene elargita una pensione. Il 7 gennaio 1896 il poeta si confessa, il giorno seguente, prematuramente consumatosi, muore a Parigi (a 52 anni). All'indomani del suo funerale, numerosi quotidiani riportano un curioso avvenimento: la notte seguente delle esequie, la statua della Poesia, in cima all'Opéra, ha perso un braccio che si è schiantato, con la lira che sosteneva, nel luogo dove il carro funebre di Verlaine era da poco passato.

Evelina Paoli,



 

Nata nel 1878 in una famiglia della ricca borghesia fiorentina, Evelina Paoli fu una delle maggiori attrici teatrali del novecento. La sua carriera sui palcoscenici cominciò alla fine dell'800, all'età di diciotto anni, nella compagnia di Achille Vitti, passando in seguito a quella del teatro stabile Fiorentini di Napoli. All'inizio del '900 entrò nella compagnia di Eleonora Duse, compiendo diverse tournée negli Stati Uniti nel triennio 1902-1905. Dal 1905 al 1912 fu prima attrice assoluta nella compagnia di Teresa Mariani, recitando nel 1908 il ruolo di Basiliola ne La nave di Gabriele D'Annunzio. Fu poi in ditta con Flavio Andò e Antonio Gandusio con i quali formò la clebrata Andò-Paoli-Gandusio. Dopo essere entrata fra il 1913 ed il 1914 nella compagnia di Cesare Dondini, si avvicinò al cinema alla fine degli anni dieci, apparendo nei film Silvio Pellico, (1915),  ed Il piacere, (1918). All'apice della sua carriera, all'inizio degli anni venti, fu costretta al ritiro da una gravissima malattia che la colpì. Maggiore fortuna le arrivò negli anni della senilità, quando, ormai pienamente ristabilitasi, apparve in pellicole molto celebri e fortunate come Noi vivi, (1942), di Goffredo Alessandrini. Moglie del regista Enrico Guazzoni, si ritirò all'inizio degli anni cinquanta, dopo la morte del marito, andando a vivere nella casa di riposo per artisti Lyda Borelli di Bologna, dove si spense nel 1974, alla veneranda età di novantasei anni, in seguito ad una trombosi cerebrale.

Generosità



La mia generosità è come il mare e non ha confini, e il mio amore è altrettanto profondo: entrambi sono infiniti e così più do a te e più ho per me
- W. Shakespeare -

Speranza


Nella nostra vita abbiamo perso delle persone,
abbiamo perso delle idee,
abbiamo perso dei sogni..
..ma non dovremo mai perdere la speranza!

La nostra vita


Non andremo allo scopo ad uno ad uno ma per due
Conoscendoci a due a due noi ci conosceremo tutti
Noi ci ameremo tutti e i nostri bambini rideranno
Della leggenda nera in cui piange un solitario.
Paul Éluard

Fiore di primavera


 


Umile fiore di primavera
nato su un prato abbandonato
t'ho visto oggi spuntar
tra l'erba molto imbarazzato.
Non ti rattristar
or che sei nato
nell'esser li da solo e bistrattato!
Sei senza corte: è vero!
Presto l'intorno altri fiori
nasceranno pieni di colori
a farti compagnia: sii fiero!
Ora pensa soltanto
ad ammirare il Creato,
goditi il silenzio di quel prato,
ascolta delle stelle il canto.
Respira l'aria fresca del mattino,
mentre sorridi al sole
dischiudi fiero le corolle e
agli uccelli curiosi
regala un occhiolino.
Lascia vibrare i tuoi petali,
abbandonali sicuro
come nella brezza le ali
delicate di farfalla
che fruscian come seta
alla carezza del vento.
La stagion che avanza
a volte è dispettosa,
a volte impertinente,
ma fa parte integrante
del gran disegno
annuale del Creato.
Diffondi nell'aria
quel tuo profumo
umile di campo
e, se ti passa accanto
una gaia fanciulla rispettosa,
tu, mio caro umile fiore,
devi fare una cosa:
sentiti una...rosa
e piegando una foglia...
falle un bell'inchino!


Alessandro Novelli

AMEDEO Auguri


Chi ha questo nome oggi festeggia l'onomastico
Nome maschile derivante dal latino 'qui amat Deum' poi trasformatosi in Amadeum, 'colui che ama Dio'. Il nome ha origini molto antiche ed è stato un nome tradizionale di casa Savoia fin dall'XI secolo. L'onomastico viene festeggiato il 30 marzo in memoria del beato Amedeo IX di Savoia (antipapa Felice V) morto nel 1472.
Diffusione: In Italia ci sono circa 35.234 persone di nome Amedeo. Suddivisione: Lazio (11%), Campania (13%), Lombardia (14%)

Caratteristiche: Amedeo è una persona imprevedibile e lunatica che nella vita riesce a provare i sentimenti più disparati, dalla gioia alla rabbia, dalla tenerezza all'indifferenza, mantenendo però sempre una costante, ovvero la sincerità.

Significato: colui che ama Dio
Onomastico: 30 marzo
Origine: latina
Segno corrispondente: gemelli
Numero fortunato: 2
Colore: bianco
Pietra: diamante
Metallo: oro

30 marzo Beato Amedeo IX di Savoia



Duca, Terziario francescano
Thonon, Savoia, 1° febbraio 1435 - Vercelli, 30 marzo 1472
Patronato: Valle Chisone
Etimologia: Amedeo = che ama Dio, dal latino
Emblema: Collare dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata
 Beato Amedeo IX, duca di Savoia e uomo di Dio. Nacque nel castello di Thonon-les-Bains in Alta Savoia, sulle rive del lago di Ginevra. Sua madre era Anna di Lusingano e suo padre il duca Ludovico I di Savoia. Nel 1452 si sposò con Jolanda di Valois, figlia di re Carlo VII di Francia. Il loro fu un matrimonio combinato fin dalla più tenera età; eppure, nonostante le ragioni di Stato la loro unione fu formidabile e riuscitissima, cementata sulla fede in Cristo. Ad Amedeo IX venne assegnato il governatorato del Piemonte, con il disaccordo del fratello Filippo che lo avrebbe attaccato se Ludovico di Savoia non avesse arrestato il figlio. Gli sposi andarono a vivere nel bresciano ed ebbero otto figli: Anna, Carlo (Principe di Piemonte), Filippo I , Bernardo, Carlo I, Giacomo Luigi (conte di Ginevra e di Gex), Maria (contessa di Neuchàtel), Ludovica (morta in concetto di santità), Gian Claudio. Jolanda fu un’ottima consorte per Amedeo IX, infatti alleviò molto il marito nei compiti di governo, in quanto il duce soffriva di crisi epilettiche, una patologia che accettò sempre con grande rassegnazione, in quanto la considerava un mezzo per essere più vicino alle sofferenze di Cristo. Amedeo venne più volte attaccato dai suoi stessi parenti perché considerato inadatto al governo; ma la sua magnanimità e la sua benevolenza ebbero la meglio. Nel 1459, durante il Concilio di Mantova aperto da papa Pio II, Amedeo IX fu fautore di una crociata indetta per liberare Costantinopoli dai turchi e in difesa del Peloponneso. Per tale ragione, con grande determinazione e conscio di realizzare un’impresa votata alla causa religiosa, il duca reclutò uomini, denari ed armi. Nel 1464, alla morte del padre Ludovico, Amedeo ereditò il ducato di Savoia e con esso la posizione da tenere nella guerra stabilitasi fra Luigi XI e Carlo il Temerario. L’appoggio di Amedeo e di Jolanda andò al re di Francia, il quale, come risposta dell’alleanza, diede il suo sostegno contro Guglielmo VIII di Monferrato e Giangaleazzo Sforza, nemici dei duchi di Savoia. Seppe amministrare con acume lo Stato, si conquistò la stima e la simpatia dei sudditi anche per il suo amore ai poveri che si concretizzava in aiuti cospicui e generosi. Si racconta che un giorno un ambasciatore gli domando se possedesse cani da caccia, allora il beato Amedeo mostrò una tavola imbandita sul terrazzo che si trovava fuori dal suo palazzo, attorno alla quale sedevano un gran numero poveri e mendicanti, e disse: «Queste sono le mie mute ed i miei cani da caccia. È con l’aiuto di questa povera gente che inseguo la virtù e vado a caccia del regno dei cieli». Uomo dalla vita morigerata e austera, non lesinava in penitenze e digiuni, eresse chiese e monasteri, donò beni preziosi alla cattedrale di Vercelli e, quando la sua malattia non gli permise più di governare, lasciò la mansione alla moglie, poiché i suoi figli erano ancora troppo giovani. Tuttavia la corte si ribellò alleandosi con i fratelli di Amedeo e venne imprigionato, finché Luigi XI lo liberò, ristabilendo l’ordine. Stremato dall’epilessia, Amedeo, che visse in pienezza tutte le virtù in grado eroico, consegnò a Jolanda, ai figli e ai suoi ministri il suo testamento spirituale: «Siate retti. Amate i poveri e Dio vi garantirà la pace». Morì a Vercelli il 30 marzo 1472. Le sue spoglie riposano oggi nella cattedrale di Vercelli sopra l’altare della cappella di destra, di fronte a quella di sant’Eusebio, evangelizzatore e patrono del Piemonte. Il processo di canonizzazione, apertosi poco dopo la sua morte, che fu seguita da un florilegio di miracoli, si chiuse soltanto il 3 marzo 1677 con papa Innocenzo XI, che fissò la festa del Beato il 30 marzo. La sua memoria si conserva a Vercelli, a Pinerolo, a Torino e precisamente nel Duomo della città, nelle chiese della Madonna del Carmine, nel santuario di Maria Ausiliatrice e nella sabauda basilica di Superga.

Autore: Cristina Siccardi

La Vita ............


Perchè..........


Col senno di poi.........


Buona settimana

Ricominciamo il giorno amici cari
Apriamo il cuore a tutti,
ne ritroveremo i frutti
Il sole ci accompagni
 e  l'acqua non ci bagni.
Lucia

domenica 29 marzo 2020

ELICA



Quanta folla nel vento
se l’ascolti dal camino notturno
si pensa a quelli di sopra
nelle stanze da letto.
La vita
non si sa come sia sorta. Fancis Crick
ci dice che sia caduta dagli spazi
già avvolta ad elica.
Se avvicini uno specchio
alla bocca del dormiente
il vetro si appanna. Allora con molta facilità
ci si ricorda di una propria colpa.

Per il bosco, adesso, o lungo il Rio
il più innocuo cespuglio assume forme strane,
come se invisibili divinità
dessero manate selvagge all’erbaspagna, al frumento:
anche gli animali stanno acquattati, e si stringono
alle covate.
 
Pier Luigi Bacchini

Affreschi


Simili ai nostri
sono i modi della sua mente,
le sue meditazioni sulle conchiglie e quelle
musicali sulle sonorità degli imenotteri
fra i brusii e le tenerezze dei venti,
e i tremori e gli urti
della loro violenza.
E con lentezza
Abbiamo calcolato i passaggi
delle scricchiolanti comete.
Verità provvisorie, e altre vere. E Pisanello
è come lui, a guardarlo
tremiamo dentro di noi,
come dinanzi alle rupi e ai boschi.

Pier Luigi Bacchini

Pier Luigi Bacchini




(Parma, 29 marzo 1927Parma, 5 gennaio 2014)
è stato un poeta italiano.
Originario di Parma, in cui ha risieduto fino al 1993 - salvo alcuni spostamenti a Milano e a Roma per lavoro - ha vissuto sulle prime colline di Medesano sino al 2013. Dopo la Maturità classica, si è iscritto, seguendo una tradizione familiare, alla facoltà di Medicina, poi abbandonata per seguire la vocazione poetica.Importante, in questa fase, fu anche la frequentazione di Salvatore Quasimodo, e poi di Francesco Flora.Debutta sul palcoscenico della poesia italiana nel 1954, a ventisette anni, con la raccolta Dal silenzio d'un nulla (Schwarz editore), che si fregia di un giudizio critico di Francesco Flora. Nel 1956 viene incluso nella antologia "La giovane poesia" di Enrico Falqui (Roma, Colombo). Sue poesie vengono successivamente presentate da Carlo Betocchi all' "Approdo letterario" radiofonico. Pubblica Canti familiari (1968), che arriva finalista ai premi Lerici Pea, Carducci, Gatti; pubblica in seguito Distanze fioriture (1981, Premio Pontano), con un risvolto di Attilio Bertolucci e una postfazione di Giorgio Cusatelli; successivamente, presso l'editore Garzanti, Bacchini pubblica "Visi e foglie" (1993), con cui si aggiudica, all'unanimità, il Premio Viareggio nello stesso anno. L'approccio scientifico al mondo naturale e umano, di ascendenza lucreziana, è visibile in Bacchini nell'utilizzo del lessico specifico delle scienze, soprattutto botanica e medicina, ed è presente con forza sin dalle poesie pubblicate negli anni Settanta su "Nuovi Argomenti" (1974)e sull' "Almanacco dello Specchio" di Mondadori (1978). Nei decenni, ha continuato ad affiancare con regolarità l'attività letteraria al lavoro in una multinazionale farmaceutica e alla vita familiare. Ha collaborato negli anni, tra le altre, alle riviste "Paragone" e "Nuovi Argomenti", e alla pagina culturale della "Gazzetta di Parma". Nel 1996 è in Svezia, chiamato dall'Università di Lund per una serie di incontri, letture, dibattiti. Nello stesso anno, viene storicizzato in "Storia della civiltà letteraria italiana", storia della letteratura di Giorgio Barberi Squarotti per i tipi di UTET. Con Scritture vegetali (Mondadori 1999, premi S. Pellegrino, Rhegium Julii, Insula romana e altri) gli orizzonti poetici di Bacchini si aprono a una poesia nuova e ricca di suggestioni, anche religiose Bacchini indaga l'universo, ne analizza la struttura geometrica, cantando l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande, in una poesia che non è tuttavia priva di una tensione metafisica e di un afflato visionario. Nel 2003 pubblica, con una nota critica di Daniela Marcheschi, Cerchi d'acqua (Premio Giuseppe Giusti; Premio Unione Lettori Italiani, Roma), una raccolta di haiku e tanka, edita da Garzanti, nella prestigiosa collana "Gli Elefanti", volume in cui il poeta si misura con la brevità e la limpidezza del verso orientale. Durante lo stesso anno, pubblica per i tipi di Mup (Monte Università Parma Editore) e con una prefazione di Daniela Marcheschi, l'unico romanzo, "L'ultima passeggiata nel parco", scritto e rivisto lungo gli anni. Nel 2004 è incluso nell'antologia "Poeti italiani del secondo Novecento" (Mondadori, collana "Oscar Classici moderni", a cura di M. Cucchi e S. Giovanardi). Da annoverarsi è pure la sua collaborazione pluriennale con il Teatro Lenz di Parma. In Contemplazioni meccaniche e pneumatiche (Mondadori, 2005, Premio Pascoli,Premio Gozzano, Premio Il Litorale Ronchi Apuana), Bacchini riprende il verso lungo e frantumato che lo caratterizza, abbandonando le forme brevi di "Cerchi d'acqua" e amplia le principali tematiche scientifiche e umane delle raccolte precedenti, riscoprendo un nuovo sentimento del tempo e della Storia. Nel 2005 Il Comune di Parma lo premia con la medaglia d'oro del Premio S.Ilario, per i cittadini benemeriti (nel 2002, con il "San Giacomo d'oro" era stato fatto cittadino onorario di Medesano, la cui natura collinare ritorna a più riprese nella sua opera). Nel frattempo, suoi versi, che anticipano la raccolta successiva, sono di nuovo accolti sull'"Almanacco dello Specchio" (Mondadori 2006). Sempre nel medesimo anno, gli viene conferito alla carriera il Premio Trieste Scritture di Frontiera. Nel 2007, in occasione degli ottant'anni, l'Università di Parma - Dipartimento di Italianistica - su iniziativa di Paolo Briganti, gli dedica una serie di studi approfonditi e una bibliografia ragionata e completa, raccolti in un volume edito da UNI.NOVA ("Per gli Ottanta di Bacchini"). Al 2009 risalgono i Canti territoriali, sempre per Mondadori (il titolo è un «termine etologico a indicare i canti amorosi e guerreschi degli uccelli»), in cui il poeta canta la varietà delle specie animali, vegetali e minerali, i vuoti siderali e le distese equoree, la tensione della storia che si risolve nell'abbraccio ricompositivo del tempo naturale, simboleggiato dal mare, e sfuma nel mito. In questo libro compare una nuova riflessione sul linguaggio. L'universo bacchiniano si popola di forme fluttuanti e policrome, che spiccano per vivacità e colore sullo sfondo di un paesaggio primordiale.Ponendosi sul solco di una linea poetica già consolidata, che Bacchini rinnova e indirizza verso originali orizzonti di pensiero e di conoscenza, si interroga sulla scienza, lasciando trapelare l'idea che essa, lungi dallo svelare il segreto della natura, ne accresca anzi il mistero e il fascino (La campagna ha segreti / nonostante la botanica e gli studi topografici, / e si popola di solitudini, specie di notte, / o al sole ammattito di luglio). Del 2009 è anche un consistente saggio che Daniela Marcheschi dedica al poeta, pubblicato in un volumetto per i tipi di Zona Franca.Nel settembre 2010 con i Canti territoriali, si aggiudica il Premio Brancati e il Premio Val di Comino. Mentre suoi inediti vengono accolti di nuovo sull' "Almanacco dello Specchio" (2010-11), nell'estate del 2011 gli viene assegnato alla carriera il Premio Parma Poesia Festival, da parte del Comune di Parma. Nel gennaio 2012 riceve, sempre alla carriera, il Premio Fondazione Roma; nel giugno dello stesso anno, a Fossano, la giuria presieduta da Giorgio Barberi Squarotti gli assegna, ancora alla carriera, il premio "Una vita per la poesia". Nel maggio 2013 la casa editrice Mondadori lo celebra pubblicando, nella prestigiosa collana degli "Oscar", Poesie 1954-2013, a cura di Alberto Bertoni, volume che raccoglie, nella forma di opera omnia bacchiniana, l'intera sua produzione poetica. Si spegne il 5 gennaio 2014, all'età di quasi ottantasette anni. Oggi, sue poesie sono incluse (oltre che in diverse antologie) in testi scolastici in regolare adozione nelle scuole italiane

Chi ti vuole davvero ...........