venerdì 31 maggio 2019

Schianto


Perchè gridate forte, perchè mi piace sentirvi
Gridare forte, qui nella sera senza rugiada, seduti
Accanto, accanto insieme, così accosti che il cuore cessa di battere
E il cervello di pensare? Mortali senza parole e senza valore
Barcollando, esausti, in questa distesa aridità
Della nostra congiunta distruzione! Sentite l'erba
Che infuria intorno a noi! Udite gl'insetti applaudire!
Sentite come il mormorio forma un suono di caos!
Udite ora, in questi e in quegli altri rumori della sera,
II primo passo animale d'Iddio!
Intorno al vostro gomito,
Facendo un anello del pollice e dell'indice,
lo spruzzo il mio sangue prigioniero contro il sangue meno
prigioniero,
Muovete giù il vostro braccio, alzate il polso,
Chiudete la vostra magra mano nella mia.
Ciascuna estremità del dito
E' salutata dalla stessa estremità,
Le mani s'incontrano dorso contro dorso,
Quindi palmo contro palmo;
Poi si chiudono insieme. E noi, con gli occhi distolti
Sorridiamo al cielo della sera d'alabastro,
Non vediamo nulla, perdiamo la nostra anima
Nel vortice, roteando in rapidi giri.
Amara donna,
Amaro del cuore, del cervello e del sangue, amaro quanto me
Che beve la vostra amarezza - può esser questo bellezza?
Gridate perchè la bellezza è crudele?
Terrore, perchè noi passiamo giù rapidamente?
Terrore della tenebra?
E' uno schianto,
Il mondo si sfascia, il mondo è uno schianto,
Molte armonie, diverse, profonde,
Un frammento di bellezza. Vedete come si perisce insieme,
Sentite che sfasciamento di corde in disordine e che dissonanze
Riempono il mondo cadendo,quando noi così appoggiamo
I nostri due folli corpi insieme!
E' uno strepito
Di dolore senza fine, la voce del pianto,
La voce del disastro e della miseria, l'urlo
Lamentevole e straziante d'un cuore appassionato
AI centro del mondo.
Conrad Aiken

Questa è la forma della foglia


 
Questa è la forma della foglia, e questa del fiore,
E questo il pallido tronco dell'albero
Che osserva il suo ramo in uno stagno d'acqua ferma
In una terra che noi non vedremo mai.

Il tordo è silenzioso sul ramo, la rugiada cade dolcemente,
Si sente appena un rumore nella sera.
E i tre bellissimi pellegrini che vengono qui insieme
Sfiorano la polvere della terra,
La toccano coi piedi che agitano la polvere, ma come fanno le
ali,
Vengono timidi insieme, sono fermi,
Come danzatrici che attendono, in una pausa della musica,
Perchè essa copra il delizioso silenzio.

Questo è il mio pensiero del primo, e questo del secondo,
E questo il grave pensiero del terzo:
Soffermiamoci così per un momento, pallidi in attesa,
E il silenzio terminerà, e l'uccello

Canta la frase pura, dolce e chiara nel crepuscolo
Per colmare la campana azzurra del mondo;
E noi, che nella musica, così come una foglia siamo stati sollevati
insieme,
Come una foglia saremo separati e turbinati
Soltanto nella bellezza del silenzio, silenzio per sempre?  ...
...Questa è la forma dell'albero
E il fiore, e la foglia, e i tre pallidi bellissimi pellegrini;
Questo è quello che sei per me.
 
Conrad Aiken

Conrad Potter Aiken



è stato uno scrittore e poeta statunitense appartenente alla corrente letteraria dell'imagismo.Nel 1930 gli venne assegnato il Premio Pulitzer per la poesia.

Remo Germani,





 nome d'arte di Remo Speroni
(Milano, 31 maggio 1938Vigevano, 18 ottobre 2010),
è stato un cantante italiano.

Impiegato in banca con l'hobby della musica, dopo aver ottenuto un contratto con la Jolly, ottiene il primo successo nel 1962 con Baci, successo replicato l'anno dopo da Non andare col tamburo; nello stesso anno registra il suo primo album. Nel 1963 interpreta la sigla della Canzonissima  con la canzone: se vinco 150.000.000 milioni. Ha partecipato al Festival di Sanremo dal 1964 al 1967 con Stasera no no no, Prima o poi, Così come viene e E allora dai. Nel 1965 ha partecipato al Cantagiro con la canzone Dammi la prova e nel film 008 Operazione Ritmo. Nel 1967 partecipa ad un disco per l'estate piazzandosi tra i 20 finalisti con Darsi un bacio. Tra gli altri suoi successi ci sono Non piangere per me e Il cielo con un dito. Nel 1968  incide Il trombone. Nello stesso anno partecipa ad Un disco per l'estate con Mi capisci con un bacio, ma non riesce più a replicare i successi degli anni passati. Nel 1970 insieme alla moglie incide, con la denominazione Remo & Josie una versione reggae di A groowy kind of love intitolata Ora che sei qui  e Non c'è più nessuno, ed anni dopo verrà rielaborata da Ivan Graziani e intitolata Agnese). Nel 1971 scrive ed incide in inglese: In this world we live in (canzone reinterpretata da 31 artisti stranieri nelle loro lingue nazionali). Nel corso della sua attivitànza ha partecipato anche ad alcune pellicole cinematografiche a musicarello. Remo Germani ha continuato per molti anni a fare tournée in Romania, Russia, Canada, Spagna, Francia, Ungheria ed Estremo Oriente. Dal 1969 al 1978, si è specializzato negli Stati Uniti come arrangiatore, studiando musica nelle accademie specifiche. Nel 1978 si trasferisce a Vigevano, dov'era nata la nonna materna, e fonda Radio Ducale City. Roberto Benigni, volendo rendergli omaggio, ha eseguito la canzone Baci durante la trasmissione Speciale per me - Meno siamo, meglio stiamo!, ideata e condotta da Renzo Arbore; intervistato poi in merito dallo showman foggiano, l'attore ha dichiarato: «Sono da molti anni un "germanista"». È scomparso nel 2010 all'età di 72 anni dopo lunga malattia

CONDIZIONE DELLE DONNE NELL'ANTICA ROMA




Le limitazioni alla capacità giuridica della donna romana vengono spiegate dai giuristi latini con pretese qualità negative come l'ignorantia iuris (ignoranza della legge), imbecillitas mentis (inferiorità naturale), infirmitas sexus (debolezza sessuale), levitatem animi (leggerezza d'animo) ecc. La rivendicazione di questa radicale diversità tra uomo e donna rifletteva una netta contrapposizione già esistente tra uomo e uomo, tipica delle società antagonistiche.
Al pari degli impotenti o degli eunuchi, la donna romana, nel periodo arcaico, non poteva adottare; non poteva neppure rappresentare interessi altrui, né in giudizio, né in contrattazioni private; non poteva fare testamento o testimoniare, né garantire per debiti di terzi, né fare operazioni finanziarie; non poteva neppure essere tutrice dei suoi figli minori.
Le veniva preclusa la facoltà d'intervenire nella sfera giuridica di terzi semplicemente perché (e con questo in pratica si chiudeva il cerchio della discriminazione) non aveva mai ufficialmente gestito alcun tipo di potere su altri.

Denominazione delle popolazioni indigene delle Americhe.


Le foreste tropicali
Probabilmente questa regione amazzonica non fu abitata prima del 3000 a.C. Le popolazioni indigene, che lavoravano il cotone e si dipingevano il corpo, mantengono tuttora gran parte dei costumi tradizionali. Il loro habitat, tuttavia, è minacciato dallo sfruttamento intensivo delle miniere e del legname. Tra i numerosi gruppi dell'area figurano i makiritare, i tupinamba e quelli che parlano le lingue degli arawak e dei caribi.

Benedizione Apache


Che il sole ti porti nuova energia durante il giorno,
che la luna dolcemente ti rigeneri di notte,
che la pioggia ti lavi via le preoccupazioni,
che il vento soffi nuova forza nel tuo essere,
che tu possa camminare per il mondo
e conoscere la sua bellezza tutti i giorni della tua vita.

giovedì 30 maggio 2019

31 magg. Visitazione della Beata Vergine Maria



Dopo l'annuncio dell'Angelo, Maria si mette in viaggio frettolosamente" dice S. Luca) per far visita alla cugina Elisabetta e prestarle servizio. Aggregandosi probabilmente ad una carovana di pellegrini che si recano a Gerusalemme, attraversa la Samaria e raggiunge Ain-Karim, in Giudea, dove abita la famiglia di Zaccaria. E’ facile immaginare quali sentimenti pervadano il suo animo alla meditazione del mistero annunciatole dall'angelo. Sono sentimenti di umile riconoscenza verso la grandezza e la bontà di Dio, che Maria esprimerà alla presenza della cugina con l'inno del Magnificat, l'espressione "dell'amore gioioso che canta e loda l'amato" "La mia anima esalta il Signore, e trasale di gioia il mio spirito...".La presenza del Verbo incarnato in Maria è causa di grazia per Elisabetta che, ispirata, avverte i grandi misteri operanti nella giovane cugina, la sua dignità di Madre di Dio, la sua fede nella parola divina e la santificazione del precursore, che esulta di gioia nel seno della madre. Maria rimane presso Elisabetta fino alla nascita di Giovanni Battista, attendendo probabilmente altri otto giorni per il rito dell'imposizione del nome. Accettando questo computo del periodo trascorso presso la cugina Elisabetta, la festa della Visitazione, di origine francescana (i frati minori la celebravano già nel 1263), veniva celebrata il 2 luglio, cioè al termine della visita di Maria. Sarebbe stato più logico collocarne la memoria dopo il 25 marzo, festa dell'Annunciazione, ma si volle evitare che cadesse nel periodo quaresimale.La festa venne poi estesa a,tutta la Chiesa latina da papa Urbano VI per propiziare con la intercessione di Maria la pace e l'unità dei cristiani divisi dal grande scisma di Occidente. Il sinodo di Basilea, nella sessione del 10 luglio 1441, confermò la festività della Visitazione, dapprima non accettata dagli Stati che parteggiavano per l'antipapa.L'attuale calendario liturgico, non tenendo conto della cronologia suggerita dall'episodio evangelico, ha abbandonato la data tradizionale del 2 luglio (anticamente la Visitazione veniva commemorata anche in altre date) per fissarne la memoria all'ultimo giorno di maggio, quale coronamento del mese che la devozione popolare consacra al culto particolare della Vergine."Nell'Incarnazione - commentava S. Francesco di Sales - Maria si umilia confessando di essere la serva del Signore... Ma Maria non si indugia ad umiliarsi davanti a Dio perchè sa che carità e umiltà non sono perfette se non passano da Dio al prossimo. Non è possibile amare Dio che non vediamo, se non amiamo gli uomini che vediamo. Questa parte si compie nella Visitazione".

Maggio


Pensierini......



Semplicità
Amo la semplicità delle parole...
quelle vere che riescono a commuoverti dentro
Amo la semplicità delle poesie
quelle che non devi sforzarti a capire
che arrivano al cuore senza troppe filosofie...
quelle che ti parlano, ti toccano,
e cambiano qualcosa dentro te ..
Lucia

Riflessione
Qualunque sia il nostro credo
le prime persone che ci hanno impartito delle lezioni,
ordini, comandamenti o stili di vita erano buone persone.
Poi è arrivato il Dio denaro e ci ha sciupato tutti:
Lucia

Una barchetta in riva al mare.


C'era una volta una barchetta aveva sempre vissuto abbandonata a se stessa in riva al mare. Nessuno la curava, ma tutti la usavano per i loro bisogni e per anni e anni aveva resistito a tutte le ondate, cercando di mantenere al meglio il suo legno, non rifiutando mai di far salire chi aveva bisogno, anche se dopo si sentiva maltrattata. Era rassegnata al suo destino....il suo cuore non era legnoso e conteneva un sogno. Un giorno qualcuno si sarebbe avvicinato e l'avrebbe un po' aggiustata per darle coraggio. Aveva un trascorso di navigazione con anziani, poi finalmente ci salivano due bellissimi bambini,  il suo cuore era al top, si sentiva orgogliosa di poterli tresportare sani e salvi a riva ogni giorno della loro vita. Si sa il tempo passa in fretta e i bimbi oramai adulti, avevano trovato (come deve essere) altre barche perchè quella  barchetta gli era diventata stretta. Lei era felice ugualmente vedendoli salire su  barche nuove e fare piccoli viaggi e girare il mondo. Inesorabilmente scorre il tempo, sulla barchetta mezza distrutta ora ci salgono quattro  bellissimi cuccioli d'uomo, vispi e belli. Lei ne è ultrafelice, i suoi legni non sono molto robusti per quei "diavoletti" ma è felice lostesso anche se ogni viaggio le pesa un po' di più. Un giorno alla barchetta si avvicinò un pescatore. La guardò e benchè gli sembrasse un po' malconcia la giudicò ancora navigabile. Prese a dipingerla con colori tenui, e la barchetta che oramai aveva perduto ogni speranza si sentì felicissima. Non chiedeva niente al pescatore che ogni tanto veniva a trovarla dando una mano quà e là di vernice calda e colorata. Gli era grata e gli si era affezionata tantissimo....oramai viveva nell'attesa per poter  navigare in acque calme e tranquille. Un giorno mentre finiva di dipingerla diede anche un nome alla barca, la chiamò... "AMORE". Lei incredula si rimirava felice. Tutto andò liscio, chiedeva solo di fare dei giretti, sapeva di non essere l'unica barca della sua vita e dal canto suo anche Amore era servita tanti anni ad una famiglia che non avrebbe mai e poi mai fatto un torto, anche se avessero continuato a trattarla male, oramai era normale per lei l'affetto e la dedizione verso di loro. Arrivarono le vacanze, la lontananza, come è giusto la barchetta fu un po' abbandonata, il pescatore aveva altro da pensare e le visite si erano diradate. Amorei ci rimase, molto male, perchè dal canto suo, anche lei aveva il suo da fare, faceva scorribande con i suoi cuccioli che le massacravano i legni o la riempivano di sabbia, ma la sua mente e il suo cuore appena potevano, ripensavano sempre ai bei gesti e alle belle uscite in mare che aveva fatto con quell'uomo, anzi le mancavano tanto quelle uscite piene di parole e sogni. Passò del tempo e mettendo da parte l'ogoglio, riprese a navigare e sognare con lui. Ogni tanto veniva ferita con delle parole. Lei sapeva che aveva una barca più bella e sicura, e mai si sarebbe proposta di diventare lei la più importante. Era  Amato,aspettato, bramato, adorato, ma cera un'altro nucleo di persone da servire e non pensava nemmeno per un'attimo di abbandonare o trascurare nessuno, quell'uomo serviva solo a darle forza e coraggio in se stessa per andare avanti e non voleva niente di più. Il mare era stato burrascoso più di una volta e la barchetta aveva ogni volta detto a se stessa di non pensarci più di non illudersi più di fare da sola di andare avanti facendosi coraggio da sola. Ma ogni volta alle richieste del pescatore, non sapeva dire di no e la storia andava avanti. Un giorno la Barca che era stata male veramente, si era confidata co l'uomo, pensando di poter essere consolata un po', anche se le cose si sarebbero risolte, sono state ben gravi e al suo posto si sarebbe preoccupata moltissimo e avrebbe usato ogni mezzo per sapere come andavano le cose. Invece lei vedeva quell'uomo pensare a nuove  barche e non avvicinarsi  a lei per infonderle coraggio anche solo con una buona parola. Era logico non poteva perdere 5 minuti con la barchetta, tanto la conosceva e prima o poi sarebbe tornato il sereno tra loro, meglio costudire le nuove barche. Quella barchetta avrebbe sopportato tutto, ma non l'indifferenza. Chiedeva solo di non essere messa a confronto con la sua bella barca, perchè anche lei voleva bene all'atra barca, si era affezionata e le era grata perchè quando non era con lei si prendeva cura dell'uomo nel migliore dei modi e per questo non avrebbe mai fatto niente contro la bella e tranquilla barca. Ma l'indifferenza no! non poteva  sopportarla!!! Allora perchè aveva scritto Amore su di lei e non Bisogno? No  la barchetta a questo non ci sarebbe stata, vecchia, malmessa, ma con un cuore di legno lucido e trasparente. Non poteva prendere a bordo un uomo che si era dimostrato in un modo e poi l'aveva trattata come da tanti anni aveva fatto e faceva l'uomo che ne è il vero "padrone". Un padrone è già troppo ...e la barchetta ha decisedi navigare  da sola scorrazzando i suoi cuccioli che piano piano cresceranno e la lasceranno riposare sempre di più. E se il legno reggerà ancora li vedrà crescere belli e sani e tutto questo deve bastarle.
 
Buona vita Amore...senza di me. 
 Lucia

Inviato: 22/06/2017 12:41

Quando l’amore esplode


Se la vita è amore, ch’essa sia benedetta!
Voglio aver più vita per amare! Oggi sento
che mille anni di idee non valgono
un azzurro minuto di sentimento.

Il mio cuore s’estingueva in una tristezza lenta.
Oggi, fior di Cupido, s’apre alla luce.
La vita esplode come una violenta marea,
che la mano dell’amore ha armato.

Oggi la mia melanconia s’avvia verso la notte,
triste e fredda, con le sue ali spezzate:
nell’ombra lontana essa svanisce,
come una chiazza di dolore antico…
E tutta la mia vita canta, bacia, ride!
E tutta la mia vita è una bocca in fiore!


Delmira Agustini

Notturno

Fuori, la notte in veste tragica singhiozza
Come un'enorme vedova incollata ai miei vetri.
La mia stanza...
Per uno splendido miracolo di luce e fuoco
La mia stanza è una grotta di oro e gemme rare:
E' come un muschio delicato, così profonda di tappeti,
ed è tanto vivida e calda così dolce che credo
di essere dentro un cuore....
Il mio letto insonne è bianco e vaporoso
Come il fiore dell'innocenza,
Come la spuma del vizio!
Questa è una notte di insonnia;
Ci sono notti oscure così oscure che portano sulla fronte
una rosa di sole...
In queste notti scure e chiare non si dorme
Io ti amo inverno!
Io ti immagino vecchio,
Ti immagino saggio,
Come un divino corpo di marmo palpitante
Che trascina come un manto regale il peso del tempo..
Inverno, io ti amo e sono la primavera...
Io sorrido, tu nevichi
Tu perché tutto sai
Io perché tutto sogno....
Amiamoci per questo!..
Sopra il mio letto insonne,
Così bianco e vaporoso come il fiore dell'innocenza,
Come la spuma del vizio,
Inverno, inverno, inverno,
Sprofondiamo in un ramo di rose e di gigli!

Delmira Agustini

Delmira Agustini


 

(Montevideo, 24 ottobre 1886Montevideo, 6 luglio 1914)
è stata una poetessa e femminista uruguaiana,
considerata una delle più importanti nella letteratura latino-americana del XX secolo.
Delmira Agustini fu una bambina di intelligenza precoce e mostrò subito una vocazione, fin da ragazzina, per la composizione poetica. Iniziò a pubblicare non ancora ventenne e si sposò con un matrimonio di alta società, che purtroppo si dimostrò problematico. Divorziò subito dopo pochi mesi, ma fu uccisa nel 1914 dal marito, che in seguito si suicidò. La Agustini risentì dell'influenza letteraria di Rubén Darío e compose nello stile del modernismo letterario del poeta nicaraguense. Il Dario la paragonò a Teresa d'Avila, affermando che era la prima donna ad esprimersi come tale nella poesia spagnola dai tempi della Santa. Le sue principali poesie hanno un tema di fondo erotico per cui fu giudicata come una femminista nel Sudamerica del primo Novecento. La Agustini era molto dedicata al soggetto amore nelle sue poesie e dedicò al Dio dell'amore, Eros, il suo terzo libro intitolato Los cálices vacíos nel 1913. In quegli anni la Agustini era entrata a fare parte del movimento letterario "La Vanguardia", assieme a Julio Herrera y Reissig.

Rake Hans



conosciuta anche come Hilde Coppi
(Berlino, 30 maggio 1909 – Berlino, 5 agosto 1943),
è stata una antifascista tedesca, moglie di Hans Coppi,
appartenente col marito al gruppo di resistenza
Schulze-Boysen-Harnack, giustiziata dai nazisti.

Rake Hilde era impiegata amministrativa presso la Cassa di previdenza sociale dei dipendenti del Reich a Berlino, quando nel 1935 conobbe con Hans Coppi, un giovane militante comunista che poco tempo prima era stato rilasciato dal campo di concentramento dove era stato rinchiuso per attività antinazista. Hilde aveva tuttavia avuto contatti con membri del Partito Comunista di Germania già dal 1933. Attorno al 1940 si unì con Hans al gruppo di resistenza di Harro Schulze-Boysen e prese parte ad attività come l'affissione di manifesti e la distribuzione di volantini politici. Hans e Hilde si sposarono il 14 giugno 1941. Ricercati dalla Gestapo, entrarono subito in clandestinità. I due si offrirono di fornire informazioni per radio all'Unione Sovietica dopo l'invasione dell'URSS da parte della Germania nazista (giugno 1941). L'anno dopo i Coppi prestarono aiuto a un agente segreto sovietico che era stato paracadutato in Germania. I coniugi Coppi vennero arrestati dalla Gestapo il 12 settembre 1942. Hilde Coppi era allora incinta del figlio Hans, che nascerà il 27 novembre 1942 nel carcere femminile di Barnimstraße a Berlino-Friedrichshain, e diverrà un noto storico. Hans venne condannato a morte dalla corte marziale del Terzo Reich il 19 dicembre 1942 e la sentenza venne eseguita tre giorni dopo a Berlino; Hilde venne condannata a morte il 20 gennaio successivo e l'esecuzione, dopo che Hitler ebbe respinto la richiesta di grazia, venne ritardata fino ai primi di agosto per permettere l'allattamento al seno del bambino. Hilde venne pertanto ghigliottinata il 5 agosto 1943 .
Il liceo di Berlino-Karlshorst è intitolato a Hilde e Hans Coppi
Peter Weiss parla dei coniugi Coppi nel romanzo autobiografico "Ästhetik des Widerstands" (L'estetica della resistenza)
Un francobollo commemorativo per i coniugi Coppi emesso dalle Poste della DDR nel 1961

aforismi



Quando un fiore è veramente bello
non ha bisogno di sbracciarsi per attirare le api.
Saranno loro a notarlo ed aposarsi sui suoi petali.
*
Per incontrare persone meravigliose occorre.........
................diventare persone meravigliose...
*
La felicità
non si trova nelle montagne del benessere.....
.....ma nella caverna del proprio CUORE
*
Stavo bene nel mio guscio:
tutto calmo,tutto sereno,tutto prevedibile.
Stavo proprio bene nel mio guscio..........
Ma non VIVEVO!
*
Per essere felici occorre lottare
per essere infelici non occorre fare niente.


Omar Falwort

mercoledì 29 maggio 2019

Il sogno


A me succede che per tutto il giorno
in casa resto con la famiglia intorno;
ma ogni notte lontano posso andare,
nel paese dei sogni per sognare.
 
Esploro quella terra sconosciuta
dove nessuno mi vede o m'aiuta.
Il sogno mi porta in riva ai torrenti
o tra le montagne percosse dai venti.


Ho tante cose strane da guardare
e tante cose buone da mangiare.
E quante volte mi sono spaventato!
Ma poi mi sono sempre risvegliato.


Di giorno invece è proprio impossibile
trovare quel paese invisibile.
E nessuno mi fa riascoltare
la musica che mi ha fatto sognare.


Louis Stevenson

Canzoncina


Allo spuntar del sole
canto all’amore
in ginocchio nell’orto mentre
annaffio la grande bietola rossa.
Strappo il secco e lo getto,
che mi perdoni lei.
Vedo accanto alla siepe
una bambina che piange scalza.
Che spavento quelle grida
e la voce piena di strazio,
l’odore caldo, più intenso della bietola
che appassisce intanto.
Avrò pietre invece che pane
a crudele ricompensa.
Sopra di me soltanto il cielo,
la tua voce accanto a me.

(Anna Andreevna Achmatova 1911)

Anna Andreevna Achmatova



pseudonimo di Anna Andreevna Gorenko
(Bol'soj Fontan, 23 giugno 1889Mosca, 5 marzo 1966),
è stata una poetessa russa; non amava l'appellativo di poetessa, perciò preferiva farsi definire poeta, al maschile.

Figlia di Andreij Antonovich Gorenko, funzionario pubblico, e di Inna Erazmovna Stogova, entrambi di nobile famiglia, fu moglie dal 1910 al 1918 di Nikolaj Gumilëv, dal quale ebbe il figlio Lev. Fece parte della Corporazione dei poeti, un gruppo acmeista fondato e guidato dal marito. Compose la prima opera, La sera, nel 1912, alla quale seguì Il rosario nel 1914, caratterizzate entrambe da un'intima delicatezza. Lo stormo bianco (1917), Piantaggine (1921), Anno Domini MCMXXI (1922) sono raccolte di versi ispirate dal nostalgico ricordo dell'esperienza biografica, che spesso assumono quasi la cadenza di una preghiera. Dopo la fucilazione del primo marito, Nikolaj, nel 1921, seguì una lunga pausa indotta dalla censura, che la poetessa ruppe nel 1940 con Il salice e Da sei libri, raccolte dalle quali emerge un dolore derivato dalla costante ricerca della bontà degli uomini. Il figlio Lev fu imprigionato fra il 1935 e il 1940 nel periodo delle grandi purghe staliniane. Espulsa dall'Unione degli Scrittori Sovietici nel 1946 con l'accusa di estetismo e di disimpegno politico, riuscì tuttavia ad essere riabilitata nel 1955, pubblicando nel 1962 un'opera alla quale lavorava già dal 1942, il Poema senza eroe, un nostalgico ricordo del passato russo, rielaborato attraverso la drammaticità che la nuova visione della Storia comporta, e attraverso una trasfigurazione dello spazio e del tempo in una concezione di puro fine.Sulla sua poetica ebbe molta influenza la conoscenza delle opere di Dante Alighieri, come anche testimonia il filosofo Vladimir Kantor: «Quando chiesero ad Anna Achmatova, la matriarca della poesia russa, “Lei ha letto Dante?”, con il suo tono da grande regina della poesia rispose: “Non faccio altro che leggere Dante”»

Denominazione delle popolazioni indigene delle Americhe.




Le Ande centrali e meridionali
La sezione delle Ande che attraversa la parte occidentale dell'America meridionale, insieme alle strette valli tra i monti e il Pacifico, ospitarono grandi civiltà indigene. Dopo il 2000 a.C., le popolazioni dei villaggi delle valli costiere del Perù centrale edificarono grandi templi di pietra e mattoni. Al crollo degli stati di Huari, Tiahuanaco e Chimú, tutto il Perù fu conquistato dagli inca, che si espansero dall'Ecuador al Cile e all'Argentina. Indebolito dalle lotte interne, quest'impero fu poi facilmente conquistato dagli spagnoli. Attualmente sopravvivono popolazioni di lingua quechua, integrate nella cultura ispano-americana.

CONDIZIONE DELLE DONNE NELL'ANTICA ROMA



Nella Roma arcaica, quella in cui cominciano a imporsi i rapporti antagonistici, il pater familias (con la sua patria potestà, col suo potere assoluto, natura et iure) aveva dei privilegi relativi al fatto ch'era titolare dei propri beni, a differenza della donna, che, come i figli, non poteva possedere qualcosa di proprio.

Nei primi secoli della sua storia il diritto romano rifletteva le regole di una società in cui capo indiscusso era l'uomo, con un potere di vita e di morte ("ius vitae ac necis"), padrone della casa e della familia, comprensiva anche dell'intera servitù.
Soltanto l'uomo godeva dei diritti politici (votare, eleggere e farsi eleggere, percorrere la carriera politica, il corsus honorum). La donna ne era del tutto esclusa; anche per esercitare i diritti civili (sposarsi, ereditare, fare testamento) aveva bisogno del consenso di un tutore, di un uomo che esercitasse su di lei la tutela: questi era il padre, poi il marito e, all'eventuale morte del marito, il parente maschio più prossimo.

Da una legge che figura nelle XII Tavole si può ricavare la posizione giuridica della donna nell'antica Roma: "Feminas, etsi perfectae aetatis sint, in tutela esse, exceptis virginibus Vestalibus". E cioè: "(E' stabilito che), sebbene siano di età adulta, le donne devono essere sotto tutela, eccettuate le vergini Vestali" (che però erano sotto la tutela del pontefice massimo).

La donna romana era costantemente sotto tutela, cioè in manu: dalla manus protettiva e imperativa del padre passava, anche senza il suo consenso, a quella del marito. Tuttavia, è documentata la presenza di un matrimonio senza manus, cioè senza potere del marito, in epoca precedente alle Dodici Tavole.

E' con la legislazione attribuita a Romolo che si sancisce definitivamente una situazione iniqua nel rapporto tra i sessi (la stessa leggenda sul ratto delle Sabine fa capire in quale considerazione tenessero i romani le donne

Cercami


 
Cercami là dove le ombre sono più dolenti
Cercami nella notte buia e spietata dei tuoi giorni
Cercami nelle lacrime della sconfitta
Cercami nella disperazione della solitudine
Cercami nelle tue paure notturne
Cercami negli abbracci che non ti ho più dato
Cercami nei sorrisi che non ti ho più dato
Cercami nelle mani strette a pugno
Cercami nella tempesta dei tuoi pensieri
Cercami tra le pieghe del tuo immenso amore
Cercami cercami e mi troverai in un angolo del tuo cuore.
Web

Giorgio Labò "Lamberto"


Nacque a Modena dall'architetto Mario Labò ed Enrica Morpurgo. Visse a Genova dove il padre lavorò come architetto. Si iscrisse alla facoltà di architettura presso il Politecnico di Milano ma dovette interrompere gli studi allo scoppio della Seconda guerra mondiale, per arruolarsi nel Genio minatori dove arrivò al grado di sergente. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 entrò a far parte della resistenza con il nome di battaglia di Lamberto, nei partigiani della zona di Poggio Mirteto. A novembre dello stesso anno entrò a far parte dei Gruppi di Azione Patriottica di Roma dove mise a frutto le conoscenze acquisite nel campo degli esplosivi. Partecipò a numerosi sabotaggi e con mezzi di fortuna allestì e gestì insieme a Gianfranco Mattei una santabarbara clandestina a Roma, dove per quattro mesi riuscirono a produrre ordigni esplosivi via via sempre più sofisticati. Il 1º febbraio 1944, tradito, venne catturato dalle SS tedesche, arrestato e tradotto nelle carceri di Via Tasso, per 18 giorni venne tenuto strettamente legato mani e piedi nella cella nr. 31. Nonostante la tortura, che gli portò gli arti alla cancrena, negli interrogatori che subì non rivelò mai nulla.
Il compagno di lotta e di prigionia Antonello Trombadori scriverà:
  « Il martirio della legatura mani e piedi durò diciotto giorni. Le mani strette dietro la schiena; una sull'altra; deve giacere bocconi per evitare che il peso del suo corpo ricada in modo insopportabile sulle mani tumefatte e gonfie per il nodo strettissimo della corda. Le mani sono diventate livide ed enormi per il gonfiore; il difetto di circolazione ha provocato anche sul suo volto gonfiori e rose di sangue. Attorno ai polsi un solco putrido... infezione, cancrena... »
 
 
Il 7 marzo 1944, impossibilitato a scrivere, dettò una lettera al cappellano in cui comunicò la sua morte al Prof. Giulio Carlo Argan, fu poi condotto a Forte Bravetta dove, trascinato a braccia per la sua condizione fisica, venne fucilato da un plotone della Polizia dell'Africa Italiana, senza aver subito alcun processo, insieme ad altri.
Gli fu conferita la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

MASSIMO


Nome di origine latina che significa 'grandissimo, il massimo'. I Santi e le Sante che portarono questo nome sono ben 39. Massimo festeggia l'onomastico il 25 giugno in onore di San Massimo, vescovo di Torino nel V secolo. Viene invocato contro la siccità.
Caratteristiche: il suo forte carattere indomito lo spinge ad andare incontro al pericolo, che tuttavia affronta con grinta e determinazione. Si lascia spesso guidare dall'istinto, per questo risulta schietto e sempre pronto a dire la sua.

Significato: il più grande, il maggiore
Onomastico: 25 giugno (san Massimo, vescovo di Torino),
Origine: Latina
Segno corrispondente: Vergine
Numero fortunato: 2
Colore: Arancio
Pietra: Topazio
Metallo: Rame
Varianti maschili: Max, Massimiliano
Varianti femminili: Massima, Massimina
Varianti estere / Maschili: Maxime (francese); Maximo (spagnolo)
Femminili: Maxime (francese); Maxima (spagnolo)

San Massimo di Verona




Vescovo
Etimologia: Massimo = grandissimo, dal latino
Emblema: Bastone pastorale
La storicità di Massimo vescovo di Verona è alquanto difficile da stabilire, probabilmente è esistito nel IV secolo. Esso è ricordato in un Martirologio della Chiesa veronese del secolo XVI e nel ‘Martirologio Romano’ al 29 maggio, chiamandolo prelato di esimia dottrina e di specchiata virtù. Ma il nome di Massimo vescovo, però non è nel ‘Velo di Classe’ del secolo VIII, autorevole e genuino elenco degli antichi vescovi veronesi. In favore della sua esistenza, sta l’antica memoria e il relativo culto, documentato anche dall’invocazione in due litanie veronesi dei secoli XI e XII. La coincidenza della celebrazione liturgica di san Massimo vescovo di Verona, il 29 maggio, con quella dell’omonimo vescovo di Emona (Cittanova d’Istria), che era presente al sinodo di Aquileia del 381, convinse gli studiosi veronesi a parlare di una traslazione di reliquie di Massimo, da Verona ad Emona. Anche in questa antica città la venerazione per s. Massimo, data dal 1146 e le su citate litanie veronesi, coincidono con il culto datogli ad Emona. Decenni prima dell’anno 1000, esisteva fuori dalle mura della città di Verona, una chiesa dedicata a s. Massimo vescovo, che fu distrutta durante le invasioni degli Ungari e poi ricostruita sotto il vescovo Milone nel 981. Questa chiesa, divenuta anche parrocchia nel 1459, fu poi demolita nel 1518 a causa dell’abbattimento di tutte le costruzioni vicine alla cinta muraria, distanti fino ad un miglio tutto intorno, cinta eretta dai veneziani, per motivi di difesa. Il nome di s. Massimo passò poi al borgo sorto ad ovest della basilica di S. Zeno e alla chiesa lì eretta.

Autore:
Antonio Borrelli

Gelsomima


martedì 28 maggio 2019

Passeggiata Francescana



Santo Francesco, un triste parmi udire
fischiar di serpi sotto gli arboscelli.
 «Io non odo che il placido stormire
della pineta e l'inno degli uccelli».
 Santo Francesco, vien per la silvestre
via, dallo stagno, un alito che pute.
 «Io sento odor di timo e di ginestre;
io bevo aria di gioia e di salute».
Santo Francesco, qui si affonda, e ormai
vien la sera e siam lunge da le celle.
«Leva gli occhi dal fango, uomo, e vedrai
fiorire nei celesti orti le stelle».

Aganor Pompilj Vittoria

La bella bimba dai capelli neri



   
La bella bimba dai capelli neri
è là sul prato e parla e gioca al sole.
Io so quei giochi e so quelle parole;
rido quel riso e penso quei pensieri.
Son io la bimba dai capelli neri.
   
Ed anche io vedo una fanciulla bruna,
gli occhi sognanti al ciel notturno fisi.
Quante chimere e quanti paradisi
negli occhi suoi! Te li rammenti, o Luna,
gli occhi febei della fanciulla bruna?
   
Ora è stanca; la penna ecco depose.
e la man preme su le ciglia nere.
Di quanti sogni e quante primavere
vide sfiorir le immacolate rose?
Ora è stanca; la penna ecco depose.

Vittoria Aganoor Pompilj

Se vai.......