venerdì 29 marzo 2019

La Leggenda dei Giorni Della Vecchia


 

Ovvero: La Coda Dell’Inverno
Marzo è mese dedicato a Marte, divinità dall’umore instabile ed irascibile e non a caso, visto che era il Dio della guerra.
Il suo brutto carattere venne riconosciuto dagli umani sin dall’antichità, soprattutto dal punto di vista meteorologico; pur mostrando netti segni di fine inverno con fiori e germogli, giornate calde, uccellini intenti alla fabbricazione del nido e risveglio della Natura in genere, l’esperienza contadina sa che di lui occorre sempre diffidare perché, come dice il proverbio, “Al principio, a metà o alla fine, sempre Marzo versa il suo veleno” con freddi improvvisi e dannosi che solitamente vengono definiti dai meteorologi “coda dell’Inverno“
Un’antica leggenda racconta che Marzo, tanti e tanti anni fa, aveva solo 28 giorni.
Ma visto che gli uomini lo prendevano sottogamba, non temendolo certamente come i suoi rigidi fratelli Dicembre, Gennaio e Febbraio, decise di vendicarsi allora (e ancora lo fa, anche se non rispetta perfettamente i tempi).
La colpa fu tutta di una vecchia pastora che per tutto il mese, con grande fatica, era riuscita a proteggere i suoi agnellini dai repentini sbalzi climatici marzolini; questa, la sera del 28 esclamò in tono sfottente “E ora con la tua fine la pianterai di fare il matto, oh Marzo bislacco!”.
Fu così che il mese, atrocemente offeso, chiese in prestito ad Aprile tre giorni in cui scatenare tutta la sua cattiveria con gelo, neve e vento.
E in quei tre giorni morirono per il freddo improvviso non solo gli agnellini della Vecchia e degli altri pastori, ma anche tutte le erbe e i germogli già spuntati nei prati stecchirono sotto la neve inaspettatamente caduta.
E ghiacciarono i petali dei fiori degli alberi da frutto; e il vento e la pioggia spazzarono via i piccoli nidi in costruzione e la Vecchia stessa, che imprudentemente aveva smesso gli abiti pesanti, si prese un accidente e defunse di polmonite.
Così Marzo, dopo tanta distruzione, poté finalmente andarsene soddisfatto e gli ultimi suoi 3 giorni furono chiamati, da allora, i Giorni della Vecchia.
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sabato 23 marzo 2019

Primavera



Primavera

Disse alla primavera il Dio del cielo:
Va' dolce  dea, pel mondo;
tocca col lembo del tuo bianco velo
il popolo giocondo
dell'erbe, delle rame, delle fronde,
i nidi degli uccelli;
vesti di fiori i prati e le profonde
selve: gonfia i ruscelli.

Clara Ventura.

martedì 19 marzo 2019

Come l'acqua del fiume

Come l'acqua del fiume, anche noi non possiamo fermarci, dobbiamo trovare la forza di andare avanti con il nostro pesante zaino sulle spalle. Ognuno cammina con le sue forze, con la sua fede, con le sue speranze. Ma a volte la stanchezza fiacca le gambe e l'andare avanti sembra una tortura
Spesso, vivendo, commettiamo un altro errore: camminiamo troppo in fretta, senza gustare ne' vedere le piccole grandi cose dell'esistenza.
Non bisogna essere ansiosi di arrivare: non sappiamo, e mai sapremo, che cosa ci riserva il destino
Per essere sereni, bisogna conoscere i confini delle nostre possibilita', e amarci come siamo
Finche' la mano e la mente ti guideranno non smettere mai di amare la vita. Anche se aiuterai una sola anima non avrai vissuto invano. Non guardare gli uomini piccoli che ti girano intorno, ma guarda l'uomo grande che e' in te. Vivi apprezzandoti e fai silenzio, vedrai che ritroverai la calma e la serenita'. In mezzo al rumore non si avvertono ne' i respiri ne' i sospiri delle persone che ti vogliono bene. Fai in modo di non sentire la cattiveria degli uomini, ma di apprezzare la loro bonta'.
I destini dell'uomo sono come fiumi, alcuni scorrono veloci, senza incertezza, lungo facili percorsi. Altri passano attraverso mille difficolta' ma arrivano ugualmente al mare. La meta finale e' per tutti la stessa
Non lamentarti se sei ricco o potente: anche un uomo umile e solitario puo' diventare grande come una montagna
Ci sono uomini che vivono di certezze e non hanno mai dubbi: quelli non vivono, esistono. L'unica cosa che hanno di tangibile e' il corpo. Camminano sicuri nel buio della loro strada, non avvertono i pericoli nascosti, le loro orecchie sentono i rumori del mondo, ma non sanno ascoltare il silenzio dei loro interlocutori. La loro anima e' un sogno della mente, non possono conoscerla perche' il sogno e' irrealta'. Questi uomini dormono l'infinito sonno del nulla e credono di vedere
La vita non e' breve, la rendiamo noi breve, con la nostra incapacita' di vedere lontano....

Romano Battaglia

lunedì 18 marzo 2019

Capo Molti Trofei




Uno degli ultimi grandi capi dei Crow, crebbe affrontando forse i tempi più difficili nella storia del suo popolo. Le varie nazioni indiane, confinate in territori sempre più ristretti, erano costrette a competere tra loro sempre più spesso per la terra e il cibo, e gli scontri intertribali erano al culmine. Egli riuscì a guidare il suo popolo durante il difficile periodo dell’adattamento alla vita nelle riserve anche dando l’esempio con la propria vita ed esercitando la sua influenza di leader e uomo politico. Quando morì, nel 1932, all’età di 84 anni, era considerato dal suo popolo l’ultimo dei grandi capi: come disse al suo biografo, egli aveva considerato tutti i Crow come i suoi figli. “Cercammo di adattarci a essere amici… ma questo fu difficile, perché l’uomo bianco troppo spesso promette una cosa e poi, al momento di agire, ne fa un’altra. Gridano a gran voce che le loro leggi sono uguali per tutti, ma abbiamo imparato molto presto che, nonostante essi si aspettino che noi le rispettiamo, loro non pensano ad altro che a infrangerle… sappiamo che con tutti i suoi meravigliosi poteri l’uomo bianco… è abile, ma non astuto e inganna solo se stesso… Niente di ciò che ci ha dato l’uomo bianco è paragonabile alla vita felice all’epoca in cui le praterie non erano recintate”.“Quando avevo circa quarant’anni, si verificarono nel nostro paese grandi cambiamenti che ci costrinsero a un tipo di vita totalmente diverso. Tutti sapevano ormai che presto non ci sarebbero stati più bisonti nella prateria e si domandavano come avrebbero potuto sopravvivere. Non si facevano quasi più incursioni e di conseguenza non c’erano più bottini di guerra. Eravamo circondati da bianchi che allevavano bovini. Le loro case sorgevano vicino ai punti d’accesso all’acqua e i loro villaggi sui fiumi.  Nonostante i cambiamenti che avevano portato, decidemmo di mantenere rapporti amichevoli con loro, anche se non era facile, perché troppo spesso i bianchi promettevano di fare qualche cosa, ma quando la realizzavano si trattava di qualcosa di completamente diverso”.“La terra che calpestiamo è una terra sacra. È la polvere e il sangue dei nostri antenati. Su queste pianure il Grande Padre Bianco mandò i suoi soldati armati con lunghi coltelli e fucili per uccidere gli Indiani. Molti di loro dormono lassù sulla collina dove Pahaska – Capo Bianco dai Lunghi Capelli (il generale Custer) – combatté e cadde così valorosamente. Passeranno ancora pochi soli e noi non ci saremo più, e la nostra polvere e le nostre ossa si mescoleranno con la terra delle praterie. Riesco a scorgere come in una visione le scintille morenti dei fuochi dei nostri consigli, le ceneri fredde e bianche. Non vedo più le spirali di fumo uscire dalle aperture sulle nostre tende. Non sento più le donne cantare mentre preparano il pranzo.
L’antilope non c’è più, i pantani dei bisonti sono vuoti. Si sente solo l’ululato del coyote. La medicina dell’uomo bianco è più forte della nostra; il suo cavallo di ferro (la ferrovia) corre sulle piste dei bisonti. Ci parla attraverso il suo ‘spirito che sussurra’ (il telefono).
Siamo come uccelli con un’ala spezzata. Il mio cuore è freddo. I miei occhi si fanno deboli, sono vecchio”.
Capo Molti Trofei

venerdì 15 marzo 2019

L'arcobaleno



 
O arcobaleno,

tu risplendi così alto,così alto

sopra il bosco, sopra il grande bosco,
fra le nubi nere

e dividi il cielo cupo.

Fra le nere nubi, tu dividi il cielo oscuro

come un coltello

che taglia il frutto maturo.

O arcobaleno,

tu stai in alto,

sul cacciatore che segue il gregge delle nubi

come un gregge di elefanti spaventati.
 
Canto dei Pigmei.

giovedì 14 marzo 2019

Rivedo spesso ...

 

Rivedo spesso ...

Vedo spesso sotto le palpebre chiuse
Di notte, i miei vecchi mulini costruiti con mattoni rosa,
Le corti tutte imbalsamate dai fiori di tiglio,
Questo vecchio ponte in granito costruito da mio nonno,
Le nostre fontane, campi, boschi, cari tombe,
Il cielo della mia infanzia dove volano le colombe,
Le grandi stuoie di erba dove sono stato camminato
Toddler, la casa ridente dove sono nato
E i sentieri folti, scavati come gole,
Chi conduce così allegramente alla mia bella Font-Georges,
A chi sono collegati i miei ricordi più dolci.
E la sua cenere di montagna, il suo salotto di alto pioppo,
La sua primavera è così fredda dalla schiuma impreziosita
Dove sono andato a bere con mia sorella Zélie,
Li vedo di nuovo; Vedo i buoni vecchi vignaioli
E le api dorate che volano sulle nostre fronti,
Il frutteto pieno di uccelli, canzoni, mormorii,
I peschi del vigneto con le loro pesche mature,
E sento vicino a noi arrampicarsi sulla collina
Il felice abbaiare del mio cane Calisto!

Theodore de Banville, settembre 1841

A mia madre

 

A mia madre

La signora Élisabeth-Zélie di Banville
O mia madre, sono le nostre madri
Di chi sorride trionfante
Oscilla le nostre prime chimere
Nelle nostre prime culle di bambini.
Quindi ricevi, come promessa,
Questo libro dove fluttuano i miei versi
Tutte le speranze della mia giovinezza,
Come l'acqua dei gigli aperti!
Ricevi questo libro, che potrebbe essere
Sarà silenzioso per il futuro,
Ma dove vedrai?
Il ricordo vago e distante
Dalla mia infanzia trascorsa
In un sogno triste o beffardo,
Pazzo perché contiene il mio pensiero,
Casto perché contiene il mio cuore.
Luglio 1842.
Théodore de Banville

Théodore de Banville


 
Théodore de Banville
(Moulins, 14 marzo 1823Parigi, 13 marzo 1891)
è stato un poeta e scrittore francese.
Figlio di un ufficiale di marina, una volta trasferitosi a Parigi, studiò legge. Dopo essersi introdotto nella bohème artistica, iniziò la sua carriera giornalistica collaborando con il Pamphlet (1848), occupandosi di costume. Strinse amicizia con Théophile Gautier, e assieme a lui collaborò con numerose riviste, tra le quali si ricordano: Le Corsaire, L'Artiste, che aprirono la porta al movimento parnassiano. La sua prima raccolta, Le cariatidi, uscì nel 1857 in Italia (e pubblicati per la prima volta nel 1841 in Francia) ed evidenziò un forte legame dell'autore con il Romanticismo. Da un componimento contenuto in questa raccolta, Viae Lactee, Arthur Rimbaud si ispirò per la composizione della poesia Ofelia. Le sue linee guida furono il culto della bellezza, grazie ad un episodico recupero dei classici, unito ad una scarsa stima del mondo borghese. Il suo percorso artistico lo condusse verso la cosiddetta arte per l'arte, concretizzata nella ricerca di novità e sperimentazioni.Tra i suoi lavori più significativi, si annoverano: Odes funambolesques (1857), caratterizzate da una forte carica di umorismo, ricerca tecnica ed emozione poetica; Contes féeriques, una serie di racconti; Diane au bois (1864), opera teatrale ispirata alla mitologia.

mercoledì 6 marzo 2019

LA MIA ETà





LA MIA ETà

E' un'età che si può 
paragonare al settembre,
il mese che preclude all'autunno,
ma che è ancora sfavillante, 
ricco di colori,
pieno di profumi 
di un'intensità struggente...
Può essere il periodo 
più bello della vita,
basta saperlo guardare e viverlo 
con semplicità e naturalezza.

Romano Battaglia

domenica 3 marzo 2019

Ci sono momenti



Ci sono momenti di
sofferenza o tristezza
o giornate come
pugnalate al cuore.
Quando hai questi
momenti, prova
a bussare alla
porta del mio cuore.
La mia vita e il mio cuore
sono sempre aperti
per te.
Queste orecchie
possono ascoltare
qualsiasi cosa in ogni
momento.
Anche questi occhi hanno
accumulato tante lacrime
per piangere con te.
Quando sei gioioso
non c'è bisogno di
parlare, io lo capisco
vedendo il tuo viso.
Invece quando senti
tristezza, solitudine
o voglia di allontanarti,
parla con me di tutte
queste cose.
Io carico sulle mie spalle
la metà del peso della
tua sofferenza.
Andiamo avanti insieme.
Questa è la nostra strada
fino a quanto continuerà
la nostra amicizia.


Daisaku Ikeda

venerdì 1 marzo 2019

Viva i coriandoli di Carnevale



Viva i coriandoli di Carnevale,
bombe di carta che non fan male!
Van per le strade in gaia compagnia
i guerrieri dell'allegria:
si sparano in faccia risate
scacciapensieri,
si fanno prigionieri
con le stelle filanti colorate.
Non servono infermieri
perchè i feriti guariscono
con una caramella.
Guida l'assalto, a passo di tarantella,
il generale in capo Pulcinella.
Cessata la battaglia, tutti a nanna.
Sul guanciale
spicca come una medaglia
un coriandolo di Carnevale. 

Gianni Rodari

Canzone di Marzo


Marzo è matto.
Ormai che si è fatto questo nome,
chi glielo leva più?
Eppure vorrei vedere un altro al posto suo,
così a cavalcioni fra inverno ed estate
fra caldo e freddo,
e, da una parte, lo tira il vento di febbraio,
dall’altra, il cielo d’aprile gli fa l’occhiolino.
E quel povero marzo corre di qui e di là,
aiuta le gemme a schiudersi
spazza il cielo dalle nuvole,
si da da fare da tutte le parti…
Si capisce che qualche volta,
gli vengono le bizze e fa il matto.
Troppe esigenze per questo povero mese!

Giovanni Pascoli

Chi ti vuole davvero ...........