domenica 23 luglio 2017

Elio Vittorini


 
Elio Vittorini
(Siracusa, 23 luglio 1908Milano, 12 febbraio 1966)
è stato uno scrittore e traduttore italiano.
Pimo di quattro fratelli, Elio nasce da Lucia Sgandurra e Sebastiano Vittorini. Seguendo gli spostamenti del padre ferroviere, trascorre l'infanzia «in piccole stazioni ferroviarie con reti metalliche alle finestre e il deserto intorno»: e insistentemente in tutta la sua opera sarà presente il fascino del treno e del viaggio. Inquieto e ribelle, durante l'adolescenza fugge diverse volte da casa «per vedere il mondo», utilizzando i biglietti omaggio cui hanno diritto i familiari di un dipendente delle ferrovie. Nel 1924 entra in contatto con un gruppo di anarchici siracusani in lotta contro lo squadrismo fascista e interrompe gli studi tecnici a cui i genitori l'hanno destinato. Quindi, a diciassette anni decide di lasciare definitivamente la Sicilia e si stabilisce a Gorizia, dove troverà lavoro in un'impresa di costruzioni. Nel 1926 pubblica un articolo politico sulla rivista «La conquista dello stato», assumendo posizioni di fascismo antiborghese. E nel 1927 grazie all'amicizia con Curzio Malaparte comincia a collaborare con «La Stampa» e pubblica su «La fiera letteraria» il racconto il Ritratto di re Gianpiero. Il 10 settembre 1927, dopo la fuga architettata per potersi sposare subito, viene celebrato il matrimonio "riparatore" con Rosa Quasimodo, la sorella del celebre poeta Salvatore Quasimodo. Nell'agosto del '28 nascerà il loro primo figlio, chiamato, in omaggio a Curzio Malaparte, Giusto Curzio. In questo periodo intraprende la lettura di alcuni dei maggiori scrittori europei, fra cui Gide, Joyce e Kafka, e nel frattempo le sue collaborazioni si estendono a «Il Mattino», «Il Lavoro fascista» e ad altri periodici. Nel '29 suscita scandalo un suo articolo contro il provincialismo della cultura italiana. Vittorini comincia ad essere considerato «uno scrittore tendenzialmente antifascista». Quindi perde le collaborazioni «ai giornali che pagano» e comincia a collaborare con una piccola rivista fiorentina, «Solaria», su cui pubblica la maggior parte dei racconti, raccolti poi in volume nel 1931 con il titolo Piccola borghesia — il suo primo libro. Così Vittorini diviene un «solariano» e — come racconta egli stesso in Della mia vita fino ad oggi — «solariano negli ambienti letterari di allora, era parola che significava antifascista, europeista, universalista, antitradizionalista…». Grazie al direttore della rivista, Giansiro Ferrata, realizza il suo sogno di vivere a Firenze, dove nel 1930 si trasferisce con la famiglia. Qui lavora come segretario di redazione di «Solaria» e, per interessamento di Gianna Manzini, viene assunto come correttore di bozze al quotidiano «La Nazione». La sera frequenta il noto caffè degli ermetici «Le Giubbe Rosse», o s'incontra con gli amici in casa di Drusilla Tanzi, moglie del critico d'arte Matteo Marangoni, da tutti chiamata " Mosca" — la futura compagna di Eugenio Montale. In questi anni, sollecitato e dal desiderio di leggere i testi della letteratura anglosassone in lingua originale e dall'intento di aprirsi le porte anche come traduttore, da autodidatta e con grande zelo, inizia a studiare la lingua inglese proprio nella tipografia de «La Nazione», aiutato dal tipografo Chiari. Non parlerà mai l'inglese, ma da quella lingua tradurrà decine di libri (il Robison Crusoe e le opere di Lawrence, Poe, Saroyan, Faulkner, Powys, Steinbeck, Defoe, Caldwell ecc.). Attraverso recensioni e traduzioni — e poi in seguito anche mediante la sua attività editoriale — Vittorini, al pari di Cesare Pavese, contribuirà a diffondere in Italia la moderna letteratura anglosassone e a creare così il mito dell'America: il mito di una civiltà moderna progredita, industriale e cittadina in contrapposizione a quell'italiana, arcaica arretrata rurale e provinciale. Vivendo poveramente, negli anni 1931-1937 collabora al «Bargello», il settimanale della federazione fascista di Firenze, su cui esprime le sue posizioni di fascista «di sinistra». Nel 1932 vince ex aequo con Virgilio Lilli il premio per il miglior Diario del viaggio in Sardegna, bandito dal settimanale «L'Italia letteraria». Dal primo Quaderno sardo nascerà nel '36 il libro Nei Morlacchi. Viaggio in Sardegna, ristampato nel '52 col titolo Sardegna come un'infanzia. Nel '33 inizia la pubblicazione a puntate su «Solaria» del romanzo Il garofano rosso (edizione definitiva 1948). Nel '34 è costretto a lasciare il lavoro di correttore di bozze a causa di un'intossicazione da piombo. Nello stesso anno nasce il suo secondo figlio, Demetrio, tenuto a battesimo da Montale. Nel '36 interrompe la stesura di Erica e i suoi fratelli (edito incompiuto nel '54) e comincia a scrivere l'opera che costituisce il punto più alto della sua attività: Conversazione in Sicilia. Il romanzo appare a puntate su «Letteratura» tra il '38 e il '39, e poi nel '41 uscirà in volume: prima presso l'editore Parenti col titolo Nome e lagrime, e poco dopo col titolo definitivo presso la casa editrice Bompiani. Insieme con altri fascisti di sinistra e ex fascisti (come Bilenchi e Pratolini), Vittorini segue con drammatica partecipazione la guerra civile di Spagna, schierandosi dalla parte dei repubblicani spagnoli. E in seguito alla pubblicazione di un articolo antifranchista, divenuto sospetto al Regime, viene espulso dal partito fascista. Quindi si accosta ai gruppi comunisti clandestini. Nel '37 pubblica sul n.1 di «Letteratura» — una nuova rivista fiorentina «con la quale si cercava di sostituire la scomparsa «Solaria» — Giochi di ragazzi, romanzo incompiuto concepito come seguito de Il garofano rosso. Avendo trovato lavoro presso Bompiani, alla fine del 1938, si trasferisce con la famiglia a Milano, dove attraversa un periodo di crisi per via del suo vecchio amore per la milanese Ginetta Varisco, moglie del commediografo Cesare Vico Lodovici. Nel 1941 la censura fascista, contestando le note critiche di Vittorini, sequestra l'antologia Americana, che tuttavia l'anno successivo verrà rimessa in vendita, benché con l'eliminazione di quasi tutte le note critiche. Durante la guerra, svolge attività clandestina per il partito comunista. Nell'estate del '43 viene arrestato, ma rimane nel carcere di San Vittore fino a settembre. Tornato libero, si occupa della stampa clandestina, prende parte ad alcune azioni della Resistenza e partecipa alla fondazione del Fronte della Gioventù, lavorando a stretto contatto con Eugenio Curiel. Recatosi nel febbraio del '44 a Firenze per organizzare uno sciopero generale, rischia la cattura da parte della polizia fascista; quindi si ritira per un certo periodo in montagna, dove, tra la primavera e l'autunno, scrive Uomini e no, edito nel 1945. Finita la guerra, torna a Milano con Ginetta e chiede l'annullamento del suo precedente matrimonio. Sempre nel '47 esce Il Sempione strizza l'occhio al Frejus, mentre nel '49 escono Le donne di Messina (apparso poi, in una nuova veste, nel '64) e la traduzione americana di Conversazione in Sicilia, con prefazione di Hemingway. Nel '50 riprende la sua collaborazione a «La Stampa» e nel '51 inizia a dirigere per Einaudi la collana di narrativa I gettoni, dimostrandosi un «rabdomantico scopritore di talenti»: Beppe Fenoglio, Carlo Cassola, Italo Calvino, Lalla Romano, Mario Rigoni Stern, Ottiero Ottieri e molti altri. In quello stesso anno lascia il partito comunista, salutato polemicamente da Togliatti, con un articolo su «Rinascita», Vittorini se n'è ghiuto, e soli ci ha lasciato! Nel '55 la sua vita privata è lacerata dalla morte del figlio Giusto. Nel '56 esce La Garibaldina e nel '57 Diario in pubblico, volume che raccoglie gran parte dei suoi scritti critici. Grande clamore suscita poi il suo rifiuto di pubblicare Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Nel '59 fonda con Calvino «Il Menabò» — rivista aperta a una narrativa che voglia essere al passo con la civiltà industriale. Nel '63 si ammala gravemente e viene sottoposto a un primo intervento chirurgico. Malgrado la malattia, fittissima è la sua attività editoriale, avendo assunto nel frattempo la direzione della collana di Mondadori. Muore nella sua casa milanese di via Gorizia. Postumo escono il volume critico Le due tensioni (1967) e il romanzo incompiuto scritto negli anni cinquanta, Le città del mondo (1969)

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