San Bonaventura
Vescovo e dottore della Chiesa
Vescovo e dottore della Chiesa
Bagnoregio, Viterbo, 1218 - Lione, Francia, 15 luglio 1274
Patronato: Fattorini
Etimologia: Bonaventura = fortunato, significato intuitivo
Emblema: Bastone pastorale, cappello da cardinale
Patronato: Fattorini
Etimologia: Bonaventura = fortunato, significato intuitivo
Emblema: Bastone pastorale, cappello da cardinale
Quale
pienezza di fede, di pietà, di lavoro, di azione nella vita dei santi!
San Bonaventura ne è un esempio notevole. La sua vita religiosa,
sacerdotale, episcopale, in una atmosfera di lavoro di serenità, di
calda e dolce pietà, gli è valso da parte dal papa Sisto IV il titolo di
“Dottore Serafico”. San Bonaventura si chiamava Giovanni di Fidanza.
Nacque a Civita di Bagnoregio presso Viterbo nel 1217. Egli stesso narra
che da bambino si ammalò di un morbo che lo stava conducendo alla
morte, ma poi fu risanato da san Francesco in persona il quale, facendo
su di lui un segno di Croce, pronunciò queste parole: “ Bona ventura”.
Fu guarito e da allora fu chiamato Bonaventura”. Entrò nell’ordine
francescano e compì gli studi a Parigi, dove iniziò anche ad insegnare.
Una delle caratteristiche più significative della cultura medievale fu
quella di non separare il naturale dal soprannaturale, in una
prospettiva che non fosse solo di semplice riconoscimento intellettuale
del soprannaturale, ma che si trasformasse inevitabilmente in
consapevolezza dell’esserci di Dio in tutto. San Bonaventura afferma
chiaramente che Dio è l’essere assoluto, eterno, provvidente e
…illuminante perché la vita, la sapienza, la bontà di Dio sono la luce
stessa di Dio impressa nelle cose al momento della creazione. Con questa
teoria teologica di san Bonaventura si riconosce uno stretto legame
tra Creatore e realtà creata, legame che però non scivola nel
panteismo, cioè nella identificazione tra Creatore e creato. Infatti
san Bonaventura sceglie questa teoria perché convinto che solo così si
possa spiegare il continuo intervento provvidente di Dio nel creato.
Tutto l’universo- dice- è manifestazione evidente dell’esistenza di
Dio. Ma oltre questa evidenza di carattere esterno, egli insegna che
Dio è presente in ciascun essere, specialmente nell’anima umana. San
Bonaventura ritiene che la conoscenza fine a se stessa non vale a nulla,
questa ha senso se fa vivere meglio, se fa raggiungere la felicità che
è unicamente Dio e in Dio. Ecco spiegato il perché Bonaventura non
distingue tra conoscenza, vita morale e ascetica e ne parla come di un
unico viaggio dell’anima, un itinerario della mente verso Dio che è
formato da sei gradi fino a raggiungere l’unione con Dio senza perdere
la propria individualità. In tal modo egli evita qualsiasi tipo di
spiritualismo astratto. L’uomo arriva a Dio partendo dalle sue cose
della sua vita quotidiana, ma non solo nel senso della conoscenza
filosofica, ma anche nel senso della conoscenza come semplice studio
delle cose. Tutto se conosciuto bene, concorre al raggiungimento di Dio;
perché la realtà è una sorta di sinfonia di Dio. Il primo grado dice
infatti che per mezzo dei sensi esterni l’anima apprende la bellezza del
creato e tende al Creatore.
Teologo dogmatico, mistico, superiore generale del suo Ordine dei Frati Minori, Vescovo Cardinale, egli non è vissuto che 53 anni ed ha lasciato dietro di sé come un immenso solco la soavità della sua anima penetrata dalla dottrina e nello stesso tempo della tenera pietà in una grande santità. Egli scrisse una vita di San Francesco d’Assisi, cosa che faceva dire a San Tommaso d’Aquino : è l’opera di un santo su di un altro santo.
Le anime coscienziose della loro perfezione, della loro santificazione quotidiana hanno interesse e profitto a frequentare, per quanto possono, dei santi del livello spirituale d’un San Bonaventura. Egli aveva una grande intelligenza, ma specialmente una grande potenza d’amore semplice ed affettuosa per Dio, per Gesù e per la Vergine, un senso d’equilibrio morale che lo distinse in mezzo ai suoi Frati così che più tardi il Pontefice lo elevò agli incarichi ed agli onori più importanti nella Chiesa. Le sensibilità moderne hanno un grande bisogno d’orientamento semplice e forte verso un autentico cristianesimo, verso una spiritualità completa, fuori dalle mode passeggere e dei punti di vista troppo particolari, talvolta interessanti ma incompleti. Occorre loro una base solida di vita soprannaturale per avere esse stesse un’attività durevole sia nell’ordine dello sforzo e nel loro fervore personale che nel loro apostolato. A giusto titolo esse sognano di adattarsi al tempo presente, alle condizioni di vita, ma non possono realizzare questo adattamento senza delle virtù iniziali di dimenticanza di sé, di rinuncia e di umiltà. Questo adattamento non significa abbandono del rigore evangelico, addolcimento della fede che richiede, facilitato per alterare sotto la coltre di più comprensione il dato divino del Vangelo, delle sue esigenze, del suo vero senso che è quello espresso da Cristo, dalle sue parole, dai suoi esempi. A questo titolo, un San Bonaventura, tutto permeato d’amore di Dio, al modo che avrà un giorno, quattro secoli più tardi, un san Francesco di Sales, e nello stesso tempo formato all’austerità delle virtù cristiane, sacerdotali e religiose, è un vero testimone di Cristo e del Vangelo. L’adattamento ricercato ed augurabile nella formazione dei cristiani moderni non sarà fecondo che nella misura in cui questa psicologia profonda della vita spirituale sarà conservata intatta, con delle virtù che sono di tutti i tempi : la pietà, la purezza, l’umiltà, la fede, la speranza, la carità. Nel quadro differente ed evoluto, occorre guardare a queste virtù fondamentali tutto il loro posto, tutta la forza di lievito in una pasta forse più difficile da lavorare, ma che esige certamente un lievito di qualità.
È a questo titolo che la psicologia dei santi ci insegna ammirabilmente quali siano le indispensabili sorgenti spirituali d’amore di Dio e delle anime, la profonda rinuncia a se stessi che solo realizzano ogni fruttuoso apostolato di oggi come di ieri e di sempre.
Teologo dogmatico, mistico, superiore generale del suo Ordine dei Frati Minori, Vescovo Cardinale, egli non è vissuto che 53 anni ed ha lasciato dietro di sé come un immenso solco la soavità della sua anima penetrata dalla dottrina e nello stesso tempo della tenera pietà in una grande santità. Egli scrisse una vita di San Francesco d’Assisi, cosa che faceva dire a San Tommaso d’Aquino : è l’opera di un santo su di un altro santo.
Le anime coscienziose della loro perfezione, della loro santificazione quotidiana hanno interesse e profitto a frequentare, per quanto possono, dei santi del livello spirituale d’un San Bonaventura. Egli aveva una grande intelligenza, ma specialmente una grande potenza d’amore semplice ed affettuosa per Dio, per Gesù e per la Vergine, un senso d’equilibrio morale che lo distinse in mezzo ai suoi Frati così che più tardi il Pontefice lo elevò agli incarichi ed agli onori più importanti nella Chiesa. Le sensibilità moderne hanno un grande bisogno d’orientamento semplice e forte verso un autentico cristianesimo, verso una spiritualità completa, fuori dalle mode passeggere e dei punti di vista troppo particolari, talvolta interessanti ma incompleti. Occorre loro una base solida di vita soprannaturale per avere esse stesse un’attività durevole sia nell’ordine dello sforzo e nel loro fervore personale che nel loro apostolato. A giusto titolo esse sognano di adattarsi al tempo presente, alle condizioni di vita, ma non possono realizzare questo adattamento senza delle virtù iniziali di dimenticanza di sé, di rinuncia e di umiltà. Questo adattamento non significa abbandono del rigore evangelico, addolcimento della fede che richiede, facilitato per alterare sotto la coltre di più comprensione il dato divino del Vangelo, delle sue esigenze, del suo vero senso che è quello espresso da Cristo, dalle sue parole, dai suoi esempi. A questo titolo, un San Bonaventura, tutto permeato d’amore di Dio, al modo che avrà un giorno, quattro secoli più tardi, un san Francesco di Sales, e nello stesso tempo formato all’austerità delle virtù cristiane, sacerdotali e religiose, è un vero testimone di Cristo e del Vangelo. L’adattamento ricercato ed augurabile nella formazione dei cristiani moderni non sarà fecondo che nella misura in cui questa psicologia profonda della vita spirituale sarà conservata intatta, con delle virtù che sono di tutti i tempi : la pietà, la purezza, l’umiltà, la fede, la speranza, la carità. Nel quadro differente ed evoluto, occorre guardare a queste virtù fondamentali tutto il loro posto, tutta la forza di lievito in una pasta forse più difficile da lavorare, ma che esige certamente un lievito di qualità.
È a questo titolo che la psicologia dei santi ci insegna ammirabilmente quali siano le indispensabili sorgenti spirituali d’amore di Dio e delle anime, la profonda rinuncia a se stessi che solo realizzano ogni fruttuoso apostolato di oggi come di ieri e di sempre.
Autore: Don Marcello Stanzione
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