Dobbiamo a lei le prime traduzioni italiane di autori come Francis Scott Fitzgerald ed Ernest Hemingway
Fernanda Pivano
Genova il 18 luglio 1917 - Milano, 18 agosto 2009)
Nacque da una famiglia di origini scozzesi. Nella sua lunga vita è stata traduttrice,
scrittrice, giornalista, attivista politica e critica musicale, ma
queste etichette rendono solo in parte la natura di una delle più
importanti figure della cultura italiana della seconda metà del ‘900.Se si volessero cercare nella sua infanzia i segni premonitori di un destino già segnato, basti pensare che fu compagna di classe di Primo Levi ed ebbe come insegnante di italiano Cesare Pavese; e proprio sotto la guida di Pavese, nel 1943, all’età di 26 anni inaugurò la propria carriera pubblicando per Einaudi la prima traduzione italiana della monumentale Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Arrestata durante la Seconda Guerra Mondiale per aver tradotto Addio alle armi di Hemingway, testo accusato di essere un manifesto antimilitarista, dopo aver sposato l’architetto e designer Ettore Sottsass nel 1949, partì alla volta degli Stati Uniti nel ‘56. Da quel momento Pivano divenne una delle più esperte americaniste a livello mondiale, grazie anche all’amicizia
intima con tutti i più importanti scrittori dell’epoca. Fu proprio
Pivano a promuovere in Italia e in Europa gli scrittori della Beat Generation e
fino agli anni ’90 rimase un’attenta talent scout, segnalando al
pubblico italiano autori che di lì a breve si sarebbero imposti sulla
scena culturale internazionale. E proprio a lei dobbiamo i primi accenni
nel nostro paese ad autori come Francis Scott Fitzgerald, Henry Miller, Charles Bukowski e
molti altri. In Italia fu attenta osservatrice del fermento culturale
del tempo e si distinse per essere tra le prime e più entusiaste
estimatrici di molti cantautori che, in maniera
lungimirante e moderna, riteneva i degni eredi della tradizione
letteraria nostrana. Intenso fu il rapporto con Fabrizio De Andrè,
Francesco Guccini, Vasco Rossi e Ligabue. Dimostrò lo stesso
entusiasmo anche per il cantautorato d’oltreoceano: fu tra le prime,
nel 1966, a parlare di un certo Bob Dylan
in Italia, autore che negli anni successivi avrebbe definito tra i più
grandi poeti del ‘900. Al di là di una considerevole e inestimabile
attività di traduzione e critica letteraria, di Nanda Pivano rimane il
simbolo di una donna emancipata e indipendente che, in anni in cui imperava l’immagine di moglie-Angelo del focolare, rifiutò la vita domestica a cui la società sembrava destinarla: da quel momento divenne, nell’ambiente culturale, un’icona d’indipendenza e dedizione al lavoro. l lascito più considerevole rimangono i suoi Diari, pubblicati da Bompiani
in due volumi nel 2008 e 2010 ripercorrono una storia che, per vastità
di esperienze e spessore di uomini e donne incontrati nel corso della
propria vita, ha pochi paragoni nel ‘900.
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