Sant' Arsenio il Grande
Eremita
Roma, 354 - Menfi, 450Etimologia: Arsenio = virile, forte, dal greco
Nella
Chiesa primitiva le debolezze umane venivano combattute con una
disciplina assai rigorosa. In tempo di persecuzione l'ideale era
rappresentato dalla morte per Cristo, col martirio. Poi, a cominciare
dal IV secolo, si cercava un'altra morte: la rinuncia al mondo e la
solitudine del deserto. La vita eremitica, che ha nell'egiziano S.
Antonio abate l'esempio più imitato e più popolare, grazie anche alla
biografia scritta da S. Atanasio, costituì per molti anni il rifugio
preferito di questi simpatici anarchici dello spirito, inizialmente
autonomi come i primi pionieri del West americano, poi organizzati da
una Regola ascetica, che fissava tempi di digiuno e di preghiera nella
vita parzialmente comunitaria, che mitigava la rigida separazione dai
propri simili. Molti cristiani
intraprendevano lunghi e disagiati pellegrinaggi per avere un colloquio
con questi anacoreti illuminati, tra i quali vi è appunto S. Arsenio,
eremita in Egitto e uno dei più celebri "padri del deserto". Il santo
anacoreta però non amava rompere la rigida osservanza del silenzio
neppure con un pellegrino che venisse da lontano. E quando non poteva
sottrarsi a queste visite d'obbligo, le sue rare e monosillabiche
risposte scoraggiavano anche il più devoto degli interlocutori, al
punto che questi se ne andava quasi più sconcertato che edificato.
Arsenio era nato a Roma intorno al 354 da nobile famiglia senatore.
Un'antica tradizione dice che egli fu ordinato diacono dallo stesso
papa Damaso. Nel 383 l'imperatore
Teodosio lo volle a Costantinopoli per affidargli l'educazione dei
figli Arcadio e Onorio. Vi restò undici anni, fino al 394, quando in
seguito a una profonda crisi spirituale ottenne l'esonero da
quell'incarico per ritirarsi nel deserto egiziano. Chiedendo a Dio una
sicura via per giungere alla salvezza, una voce misteriosa gli avrebbe
risposto: "Fuggi gli uomini". Il quarantenne Arsenio seguì alla
lettera il consiglio: sbarcato ad Alessandria d'Egitto, si aggregò alla
comunità degli anacoreti di Scete, in pieno deserto. Concedendosi
pochissimo sonno, trascorreva notti intere in preghiera e meditazione:
una preghiera fatta più di lacrime che di parole, poiché egli ebbe da
Dio il "dono del pianto". Dal 434
al 450, che si presume sia l'anno della morte, Arsenio dovette vivere
lontano dalla tranquilla Scete, invasa da una tribù libica. Morì a
Troe presso Menfi. Di lui, oltre a una cronistoria e a sagge massime,
riferite da Daniele di Pharan, amico di due discepoli di Arsenio, ci
resta addirittura un ritratto in cui appare di bell'aspetto,
maestosamente alto e asciutto.
Autore: Piero Bargellini
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