Pia donna
Il
nome della Veronica, ricorre per la prima volta nei Vangeli apocrifi e
si riferisce alla donna emorroissa di nome Bernike in greco, Veronica
in latino, che implorando Gesù per la sua guarigione, mentre passava
stretto nella folla, riuscì a toccargli il lembo del mantello, guarendo
all’istante. Gesù
chiese chi l’aveva toccato e gli apostoli risposero: “è la folla che
ti stringe da ogni parte”, ma Gesù insiste perché ha sentito una forza
che usciva da lui e allora l’emorroissa si fece avanti e gettandosi ai
suoi piedi, dichiarò davanti a tutti, il motivo per cui l’aveva toccato
e il beneficio che aveva ricevuto. Gesù le rispose: “Figlia la tua
fede ti ha salvata, va in pace!”. Lo
storico Eusebio racconta che a Cesarea di Filippo vi era la casa
della miracolata emorroissa Bernike, supposta originaria di Edessa in
Siria e che davanti alla porta della casa si ergeva una statua in
bronzo, rappresentante una donna piegata su un ginocchio con le mani
tese in atto d’implorazione, davanti a lei la statua di un uomo in
piedi, avvolto in un mantello, che tende la mano alla donna; ai suoi
piedi cresceva una pianta sconosciuta elevata fino al mantello e
ritenuta di efficace rimedio per ogni tipo d’infermità. La
statua dell’uomo, si diceva rappresentasse Gesù ed Eusebio conclude
dicendo, che al tempo del suo soggiorno in quella città, il gruppo
bronzeo era esistente. Altro autore, Sozomeno, dice che il monumento
eretto in onore del Redentore a Cesarea, fu abbattuto durante la
persecuzione di Giuliano l’Apostata. Dal
secolo XV in poi, in Occidente prende corpo la devozione verso la
Veronica quale figura del gruppo delle pie donne, che asciuga il volto
di Gesù con un panno o sudario, mentre percorre con la croce la salita
del Calvario, rimanendo il Volto stesso impresso sul panno; creando
così tutta una serie di varianti alla più antica immagine
dell’emorroissa, raffigurata nella statua di Paneas (Cesarea). La
donna sarebbe poi venuta a Roma, portando con sé la sacra reliquia;
alcuni testi apocrifi come la “Vindicta Salvatoris”, dicono che il
funzionario romano Volusiano, sequestra con la violenza il telo alla
donna e lo porta a Tiberio, il quale appena lo vede guarisce dalla
lebbra; Veronica abbandona ogni cosa in Palestina e segue il suo telo a
Roma, riavutolo, lo tiene con sé e prima di morire lo consegna al papa
s. Clemente. Nei
secoli successivi, la Veronica ebbe a fasi alterne un culto, non
figurando però negli antichi Martirologi, né in quelli Medioevali. La
tradizione della donna che asciuga il volto di Gesù, con un telo, da
cui sarebbe scaturito il nome Veronica ‘vera icona’, ha senz’altro preso
grande diffusione oscurando quasi del tutto, l’episodio della
emorroissa, che sarebbe secondo taluni, la stessa donna, anche se non vi
sono certezze nei tanti documenti più o meno apocrifi.
Il lungo itinerario iconografico che la ricorda con il celebre Santo
Sudario, primo ed unico ritratto del Volto Santo, ebbe il suo culmine
con la grande statua della Veronica, opera dello scultore Francesco
Mocchi del secolo XVII, posta nella Basilica di S. Pietro in Vaticano,
centro della cristianità. Dal
secolo XIII si venerò in S. Pietro a Roma, una immagine del volto di
Cristo, detto ‘velo della Veronica’, che gli studiosi identificarono
per lo più con l’icona tardo bizantina attualmente lì conservata. A
queste devozioni è connessa l’origine del culto del Volto Santo. Santa
Veronica ha un particolare culto in Francia, dove la si considera come
la donna che dopo la morte del Salvatore, andata sposa a Zaccheo si
reca ad evangelizzare le Gallie e sarebbe morta nell’eremitaggio di
Soulac; chiamata anche s. Venice o Venisse, è patrona in Francia, dei
mercanti di lino e delle lavandaie.
Autore: Antonio Borrelli
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