sabato 27 luglio 2019

Mario Del Monaco


Nacque da padre napoletano e madre fiorentina. Dopo aver studiato inizialmente violino come autodidatta, si rese conto che la sua reale passione era il canto. Frequentò il Liceo Musicale di Pesaro. Successivamente fu allievo della scuola di perfezionamento del Teatro dell'Opera di Roma. Appassionato di pittura e scultura, si diplomò anche alla Scuola d'Arte di Pesaro. Nel 1941 sposò Rina Fedora Filippini, conosciuta durante la scuola a Roma. Debuttò a Cagli nel 1939 nel ruolo di Turiddu in Cavalleria rusticana, mentre il primo successo risale al 31 dicembre 1940, nel ruolo di Pinkerton al Teatro Puccini di Milano. Dopo un periodo di attività irregolare a causa della guerra, dal 1945 la carriera decollò: nel 1946 vi fu il debutto internazionale a Londra (Tosca e Pagliacci), nel 1947 all'Opera di Roma (Carmen e Cavalleria rusticana) e nel 1949 quello alla Scala di Milano in Andrea Chénier. La vera svolta della carriera fu nel 1950 al Teatro Colón di Buenos Aires con il debutto nell' Otello , ruolo a cui legò indissolubilmente il suo nome. Da quel momento gli si aprirono le porte dei più prestigiosi teatri del mondo, in spettacoli passati alla storia dell'opera e collaborando con i più grandi artisti dell'epoca; da ricordare il sodalizio con Renata Tebaldi, sua partner in numerosissime recite, particolarmente di Otello e Andrea Chénier. Oltre alla frequente presenza alla Scala e negli altri principali teatri italiani (con una particolare affezione per Firenze), apparve regolarmente al Metropolitan di New York dal 1951 al 59 e fu il primo cantante italiano del dopoguerra a esibirsi al Teatro Bol'šoj di Mosca, dove il fanatismo suscitato dalle sue interpretazioni di Carmen e Pagliacci indusse le autorità sovietiche a conferirgli l'Ordine di Lenin, massima onorificenza dello stato. Fra i titoli più eseguiti, oltre a quelli già citati, figurò anche Aida. Fu inoltre protagonista di storiche edizioni di Fanciulla del west (Firenze 1954), Norma (La Scala 1955), Ernani (Firenze 1957), Sansone e Dalila (Met 1958), I Troiani (La Scala 1960). Nel 1964 un grave incidente automobilistico lo costrinse a interrompere l'attività, che riprese comunque entro la fine di quell'anno, per proseguire poi fino agli anni settanta. Lasciò le scene nel 1975 con alcune recite di Pagliacci. Ritiratosi nella sua villa di Lancenigo, vicino Treviso, si dedicò all'insegnamento fino alla morte, avvenuta per un infarto conseguente a un lungo periodo di dialisi renale. È considerato, insieme a Giuseppe Di Stefano, il più popolare tenore italiano degli anni cinquanta e sessanta. Le sue spoglie riposano nel cimitero centrale di Pesaro avvolte nelle vesti del "suo" personaggio, da lui stesso disegnate. Il monumento sepolcrale è opera dello scultore Giò Pomodoro. Dotato in natura di mezzi vocali d'eccezione, possedeva una voce scura e di rara potenza, tipicamente di tenore drammatico, con inflessioni a tratti quasi baritonali, ma luminosa e facile anche nel registro superiore, potendo sfoggiare Si e Do di rara ricchezza e volume. La sua tecnica molto vicina alla tradizione italiana di Beniamino Gigli ed Enrico Caruso, attribuendo la particolare vocalità più a ragioni stilistiche che tecniche. Riconosciuto uno dei maggiori interpreti di Otello del XX secolo e un inevitabile termine di confronto per tutti gli interpreti successivi.

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