Santa Maria Goretti
Vergine e martire6 luglio - Memoria Facoltativa
Etimologia: Maria = amata da Dio, dall'egiziano; signora, dall'ebraico
Emblema: Palma
Vergine e martire6 luglio - Memoria Facoltativa
Etimologia: Maria = amata da Dio, dall'egiziano; signora, dall'ebraico
Emblema: Palma
Nel
nostro tempo la Chiesa ha posto sugli altari figure esemplari di
giovani donne e adolescenti, che nella difesa della virtù della purezza,
oggi tanto ignorata, persero la loro vita in modo violento,
diventando così delle martiri.
La dodicenne Maria Goretti, oggetto di questa scheda, beatificata nel
1947 e proclamata santa nel 1950 da papa Pio XII durante quell’Anno
Santo. Forse ai
nostri giorni parlare della difesa estrema della purezza, fa un po’
sorridere, visto il lassismo imperante, la sfrenatezza dei costumi, il
sesso libero fra molti giovani; ma fino a qualche decennio fa la
purezza era un bene e una virtù, a cui specialmente tutte le ragazze
tenevano, come dono naturale da difendere e preservare per un amore
più completo e benedetto dal sacramento del Matrimonio, oppure come
dono da offrire a Dio in una vita consacrata. Con
il riconoscimento ufficiale della Chiesa di questa forma di martirio,
quello che fino allora poteva considerarsi, secondo il linguaggio di
oggi, come uno stupro finito tragicamente per la resistenza della
vittima, assunse una luce nuova di martirio, visto la personale
spiritualità della vittima, il concetto di difesa della purezza come
dono di Dio, il ribellarsi coscientemente fino alla morte; s. Domenico
Savio che nella sua pura adolescenza, diceva: “La morte ma non il
peccato”. In
quest’ottica va inquadrata la vicenda terrena di Maria Goretti, nata a
Corinaldo (Ancona) il 16 ottobre 1890 e battezzata lo stesso giorno, fu
poi cresimata, secondo l’uso dei tempi in piccola età, il 4 ottobre
1896. Nel 1897, i
genitori Luigi e Assunta Carlini che avevano oltre la primogenita
Maria, altri quattro figli, essendo braccianti agricoli e stentando nel
vivere quotidiano con la numerosa famiglia, decisero di trovare lavoro
altrove; mentre tanti compaesani tentavano l’avventura
dell’emigrazione nelle Americhe, essi scelsero di spostarsi nell’Agro
Pontino nel Lazio, che essendo infestato dalla malaria, pochissimi
sceglievano di trasferirsi lì. Giunsero
dapprima nella tenuta del senatore Scelsi a Paliano, come mezzadri
insieme ad un’altra famiglia già residente i Serenelli, pure di origine
marchigiana, composta solo da padre e figlio, essendo la madre morta
da tempo. Poi i
rapporti con il proprietario si guastarono, ed i Serenelli ed i
Goretti dovettero lasciare Paliano e fortunatamente trovarono, sempre
come mezzadri, un’altra sistemazione nella tenuta del conte Lorenzo
Mazzoleni a Ferriere di Conca, nelle Paludi Pontine; zona che prima
della bonifica, iniziata nel 1925 e completata soltanto nel 1939,
fungeva da diga naturale fra la parte settentrionale e l’immenso
acquitrino a sud; non era certamente un luogo salutare, perché
d’estate era invaso dalle zanzare e dalla malaria; il chinino unico
farmaco efficace, era soprattutto usato per scopo terapeutico, ma non
serviva per lo scopo preventivo. Mentre
i genitori si adoperavano nel lavoro massacrante dei campi, Maria
accudiva alle faccende domestiche, tenendo in ordine la casa colonica e
badando ai fratellini più piccoli. Dopo alcuni anni, il 6 maggio 1900,
il padre non ritornò a casa, stroncato dalla malaria ai margini della
palude, Maria aveva allora 10 anni; prese a confortare la mamma
rimasta sola con la famiglia e con un lavoro da svolgere superiore
alle sue forze; nonostante che il raccolto fosse buono quell’anno, la
famiglia rimase in debito con il conte Mazzoleni dei diritti di
mezzadria, di ben 15 lire dell’epoca. Il
proprietario dopo aver invitato la madre a lasciare quel lavoro e la
casa, perché era impossibile mantenere il rapporto lavorativo legato
ad un mercato esigente e ad un raccolto abbondante e sicuro; ma dietro
la disperata richiesta di mamma Assunta di restare, perché con cinque
figli non aveva dove andare, il conte acconsentì purché nel rimanere
si associasse ai Serenelli, che abitavano nella stessa cascina e
coltivavano altri terreni. La
soluzione sembrò ideale, i Serenelli padre e figlio coltivavano i
campi e Assunta accudiva i figli e le due case, oltre ai lavori
sull’aia; mentre Maria si dedicava alla vendita delle uova e dei
colombi nella lontana Nettuno, al trasporto dell’acqua che non era in
casa come oggi, alla preparazione delle colazioni per i lavoratori nei
campi, al rammendo del vestiario. Non
aveva più potuto andare a scuola, che già frequentava saltuariamente;
era definita dalla gente dei dintorni “un angelo di figliola”;
recitava il rosario, era molto religiosa come d’altronde tutta la
famiglia. Aveva
insistito di fare la Prima Comunione a meno di undici anni, invece dei
dodici come si usava allora; con grandi sacrifici riuscì a frequentare
il catechismo, e così nel maggio del 1902 poté ricevere la Santa
Comunione. Fino
ad allora la sua fu una vita di stenti, duro lavoro, sacrifici, poche
Messe alle quali assisteva nella chiesa della vicina Conca, oggi Borgo
Montello, ma che da giugno a settembre chiudeva, quando i conti
Mazzoleni partivano per sfuggire alla malaria e alle zanzare che
proliferavano con il caldo. Allora sacrificando ore al sonno, si recava a
Messa a Campomorto distante parecchi km. Intanto
i rapporti fra il Serenelli padre e Assunta Goretti si incrinarono,
in quanto egli essendo vedovo fece ben presto capirle che se voleva
mangiare lei e la sua famiglia, doveva sottomettersi alle sue richieste
non proprio oneste. Siccome
Assunta non era disposta a cedere, il Serenelli cominciò a
controllare tutto, persino le uova nel pollaio e a passarle gli
alimenti con il contagocce. Maria intanto giunta ai dodici anni,
cominciava a svilupparsi nel fisico, diventando di bell’aspetto, ma il
suo animo era semplice e puro e non aveva avuto tempo di sognare per
il suo futuro, tutta presa ad aiutare nel lavoro, sostenere e
incoraggiare la mamma, accudire i fratelli piccoli.
Il figlio del Serenelli, Alessandro, aveva intanto raggiunto i 18 anni, di fisico robusto era l’orgoglio del padre, non solo perché sapeva lavorare sodo nei campi, ma cosa rara in quei tempi fra i contadini, sapeva leggere e scrivere; quando si recava in paese, ritornava sempre con qualche rivista poco raccomandabile, che portata in casa, suscitava le proteste di Assunta, ma il padre lo giustificava dicendo che doveva esercitarsi nella lettura. Alessandro ormai guardava Maria con occhi diversi da qualche anno prima e cominciava a cercare di avere degli approcci non buoni, insidiandola varie volte, sempre respinto dalla ragazza; un giorno fece apertamente delle proposte peccaminose e al rifiuto di Maria, temendo che ne parlasse in famiglia, la minacciò di morte se lo avesse fatto. Maria per non aggravare i già tesi rapporti fra le due famiglie, stette zitta, rimanendo meravigliata dalla situazione che non capiva, perché aveva sempre considerato Alessandro come un fratello. Il 5 luglio 1902 i Serenelli ed i Goretti erano intenti alla sbaccellatura delle fave secche e Maria seduta sul pianerottolo che guardava l’aia, rammendava una camicia del giovane Alessandro. Ad un certo punto questi lasciò il lavoro e con un pretesto si avviò alla casa; giunto sul pianerottolo invitò Maria ad entrare dentro, ma lei non si mosse, allora la prese per un braccio e con una certa forza la trascinò dentro la cucina che era la prima stanza dove s’entrava. Il racconto è dello stesso Alessandro Serenelli, fatto al Tribunale Ecclesiastico; Maria Goretti capì le sue intenzioni e prese a dirgli: “No, no, Dio non vuole, se fai questo vai all’inferno”. Ancora una volta respinto, il giovane andò su tutte le furie e preso un punteruolo che aveva con sé, cominciò a colpirla; Maria lo rimproverava e si divincolava e lui ormai cieco nel suo furore, prese a colpirla con violenza sulla pancia e lei ancora diceva: “Che fai Alessandro? Tu così vai all’inferno…”, quando vide le chiazze di sangue sulle sue vesti, la lasciò, ma capì di averla ferita mortalmente. Le grida della ragazza a malapena sentite dagli altri, fecero accorrere la madre, che la trovò in una pozza di sangue, fu trasportata nell’ospedale di Orsenico di Nettuno, dove a seguito della copiosa perdita di sangue e della sopravvenuta peritonite provocata dalle 14 ferite del punteruolo, i medici non riuscirono a salvarla. Ancora viva e cosciente, perdonò al suo assassino, dicendo all’affranta madre che l’assisteva: “Per amore di Gesù gli perdono; voglio che venga con me in Paradiso”; fu iscritta sul letto di morte tra le Figlie di Maria, ricevé gli ultimi Sacramenti e spirò placidamente il giorno dopo, 6 luglio 1902. Alessandro arrestato e condannato al carcere, già nel 1910 si era pentito e aveva sognato “Marietta”, come veniva chiamata, in Paradiso che raccoglieva fiori e glieli donava con il suo inconfondibile sorriso. Quando uscì dal carcere nel 1928, andò da mamma Assunta a chiederle perdono e in segno di riconciliazione si accostarono entrambi alla Comunione, nella notte di Natale di quell’anno. Il 31 maggio 1935 nella Diocesi di Albano si apriva il primo processo per la sua beatificazione, che avvenne come già detto, il 27 aprile 1947 con Pio XII, lo stesso papa la canonizzò il 24 giugno 1950, di fronte ad una folla immensa, dopo essersi congratulato con la madre, che ammalata e seduta su una sedia a rotelle, assisté al rito da una finestra del Vaticano. Il suo corpo di novella martire moderna, riposa nella cappella a lei dedicata, nel santuario della Madonna delle Grazie a Nettuno, custodito dai Padre Passionisti e meta di innumerevoli pellegrinaggi da tutto il mondo cattolico; la sua festa si celebra il 6 luglio.
Il figlio del Serenelli, Alessandro, aveva intanto raggiunto i 18 anni, di fisico robusto era l’orgoglio del padre, non solo perché sapeva lavorare sodo nei campi, ma cosa rara in quei tempi fra i contadini, sapeva leggere e scrivere; quando si recava in paese, ritornava sempre con qualche rivista poco raccomandabile, che portata in casa, suscitava le proteste di Assunta, ma il padre lo giustificava dicendo che doveva esercitarsi nella lettura. Alessandro ormai guardava Maria con occhi diversi da qualche anno prima e cominciava a cercare di avere degli approcci non buoni, insidiandola varie volte, sempre respinto dalla ragazza; un giorno fece apertamente delle proposte peccaminose e al rifiuto di Maria, temendo che ne parlasse in famiglia, la minacciò di morte se lo avesse fatto. Maria per non aggravare i già tesi rapporti fra le due famiglie, stette zitta, rimanendo meravigliata dalla situazione che non capiva, perché aveva sempre considerato Alessandro come un fratello. Il 5 luglio 1902 i Serenelli ed i Goretti erano intenti alla sbaccellatura delle fave secche e Maria seduta sul pianerottolo che guardava l’aia, rammendava una camicia del giovane Alessandro. Ad un certo punto questi lasciò il lavoro e con un pretesto si avviò alla casa; giunto sul pianerottolo invitò Maria ad entrare dentro, ma lei non si mosse, allora la prese per un braccio e con una certa forza la trascinò dentro la cucina che era la prima stanza dove s’entrava. Il racconto è dello stesso Alessandro Serenelli, fatto al Tribunale Ecclesiastico; Maria Goretti capì le sue intenzioni e prese a dirgli: “No, no, Dio non vuole, se fai questo vai all’inferno”. Ancora una volta respinto, il giovane andò su tutte le furie e preso un punteruolo che aveva con sé, cominciò a colpirla; Maria lo rimproverava e si divincolava e lui ormai cieco nel suo furore, prese a colpirla con violenza sulla pancia e lei ancora diceva: “Che fai Alessandro? Tu così vai all’inferno…”, quando vide le chiazze di sangue sulle sue vesti, la lasciò, ma capì di averla ferita mortalmente. Le grida della ragazza a malapena sentite dagli altri, fecero accorrere la madre, che la trovò in una pozza di sangue, fu trasportata nell’ospedale di Orsenico di Nettuno, dove a seguito della copiosa perdita di sangue e della sopravvenuta peritonite provocata dalle 14 ferite del punteruolo, i medici non riuscirono a salvarla. Ancora viva e cosciente, perdonò al suo assassino, dicendo all’affranta madre che l’assisteva: “Per amore di Gesù gli perdono; voglio che venga con me in Paradiso”; fu iscritta sul letto di morte tra le Figlie di Maria, ricevé gli ultimi Sacramenti e spirò placidamente il giorno dopo, 6 luglio 1902. Alessandro arrestato e condannato al carcere, già nel 1910 si era pentito e aveva sognato “Marietta”, come veniva chiamata, in Paradiso che raccoglieva fiori e glieli donava con il suo inconfondibile sorriso. Quando uscì dal carcere nel 1928, andò da mamma Assunta a chiederle perdono e in segno di riconciliazione si accostarono entrambi alla Comunione, nella notte di Natale di quell’anno. Il 31 maggio 1935 nella Diocesi di Albano si apriva il primo processo per la sua beatificazione, che avvenne come già detto, il 27 aprile 1947 con Pio XII, lo stesso papa la canonizzò il 24 giugno 1950, di fronte ad una folla immensa, dopo essersi congratulato con la madre, che ammalata e seduta su una sedia a rotelle, assisté al rito da una finestra del Vaticano. Il suo corpo di novella martire moderna, riposa nella cappella a lei dedicata, nel santuario della Madonna delle Grazie a Nettuno, custodito dai Padre Passionisti e meta di innumerevoli pellegrinaggi da tutto il mondo cattolico; la sua festa si celebra il 6 luglio.
Autore: Antonio Borrelli
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