Vescovo
Gubbio, 1084/5 - Gubbio, 16 maggio 1160
Etimologia: Ubaldo = spirito ardito, dal tedesco
Emblema: Bastone pastorale
Gubbio, 1084/5 - Gubbio, 16 maggio 1160
Etimologia: Ubaldo = spirito ardito, dal tedesco
Emblema: Bastone pastorale
Davvero
non gli piacciono, questi canonici della cattedrale di San
Mariano, in Gubbio: preghiera poca, penitenza meno ancora. Lo
ospitano mentre pensa al sacerdozio, ma lì tira un’aria che può
guastargli la vocazione. Così Ubaldo ritorna alla collegiata di San
Secondo, dov’è stato già da ragazzo per i primi studi. (Nato in una
famiglia di origine tedesca, ha perduto i genitori da bambino, e uno
zio si è preso cura di lui). Per un breve periodo ha studiato a
Fano, e poi è tornato stabilmente a Gubbio, che all’epoca è una
città-stato tra le più potenti dell’Umbria. Nella collegiata di San
Secondolo scopre Giovanni da Lodi, già monaco per quarant’anni a
Fonte Avellana (Marche), poi vescovo di Gubbio per un anno solo,
l’ultimo della sua vita. Prende Ubaldo come collaboratore e lo
rimanda proprio a San Mariano, perché metta in riga quei canonici
bontemponi, anche se non è ancora prete. E lui ci riesce, col tempo e
per gradi. Quei canonici, li raddrizza con le sue doti di
persuasore e con la forza dell’esempio, al punto che sono poi loro a
rieleggerlo priore per un decennio. Intorno al 1125, però, un
incendio distrugge molte case di Gubbio e la stessa cattedrale,
sicché i canonici devono disperdersi presso altre chiese. Non c’è
più comunità: scoraggiato, Ubaldo pensa di farsi eremita, ma poi
torna in città, lavora a ricostruire.Un anno dopo gli arriva la
sorpresa: a Perugia è morto il vescovo, e al suo posto i perugini
vogliono mettere lui. Reagisce fuggendo, arriva a Roma e supplica papa
Onorio II di lasciarlo semplice prete. Per quella volta il Pontefice
lo accontenta. Ma quando a Gubbio muore il vescovo, non sente più
ragioni e nomina lui a succedergli. Ora, altro che i canonici di
SanMariano: le aspre divisioni tra le famiglie importanti
accompagnano (e peggiorano) gli scontri nel clero, gli atti di
indisciplina. Si arriva anche alle offese personali, fisiche, contro
il vescovo. Lui risponde con la fiduciosa inalterabilità: mai
impaurito, mai infuriato. E quando nelle liti cittadine si pone mano
alle armi, è pronto a mettere in gioco persino la vita per fermarle.
Nel 1154 Gubbio è attaccata da una coalizione di città umbre
capeggiate da Perugia, ne esce vittoriosa, e se ne dà merito alle
preghiere del vescovo. Nel 1155 l’esercito di Federico Barbarossa dà
fuoco a Spoleto e poi assedia Gubbio: Ubaldo corre dall’imperatore,
si parlano, e l’assedio viene sciolto, la città è salva. In tutte
queste crisi, Ubaldo chiama i cittadini alla preghiera, li fa sentire
una cosa sola, li rassicura, evita il panico. Una strategia della
fiducia che fa di lui una sorta di baluardo per la città. E in morte
gli si attribuiscono profezie, miracoli, lo si proclama patrono, e
già nel 1192 il papa Celestino III lo canonizza. Il corpo, dapprima
sepolto in cattedrale, nel 1194 viene trasferito in una chiesa sul
monte Ingino. Ogni anno Gubbio festeggia Ubaldo con solenni riti
religiosi e con una manifestazione all’aperto che unisce fede, gioia e
fantasia: la notissima “corsa dei ceri”, che sono tre “macchine” di
legno con i loro portatori in costume, trascorrenti nelle vie
cittadine a passo di corsa, per salire poi sul monte Ingino, il luogo
che custodisce i resti del patrono.
Autore: Domenico Agasso
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