Vescovo e dottore della Chiesa
Poitiers, Francia, 315? – 367
Etimologia: Ilario = gaio, allegro, dal latino
Emblema: Bastone pastorale
Questo
Padre e Dottore della Chiesa nacque a Poitiers, nell'Aquitania, verso
il 315, da una distinta famiglia pagana, che gli fece impartire una
solida educazione letteraria e filosofica a base neoplatonica. S.
Ilario stesso nel trattato De Trinitate l'espone come, agitato dal
problema del nostro destino, non ne abbia trovato una risposta
soddisfacente nella filosofia pagana, ma soltanto nel prologo del
Vangelo di S. Giovanni, in cui è detto che il Verbo disceso dal cielo
dona a coloro che lo ricevono il potere di diventare figli di Dio. Ilario
era adulto quando ricevette il battesimo, sposato e padre di una
figlia, Abra. Non è improbabile che per la sua vita austera e
ferventissima il vescovo della città lo abbia aggregato alla sua chiesa
con qualche ordine sacro. È certo però che quando morì, Ilario gli
successe nell'episcopato e si sforzò di praticare quanto scriverà più
tardi: "La santità senza la scienza non può essere utile che a se
stessa. Quando si insegna, occorre che la scienza fornisca un alimento
alla parola e che la virtù serva di ornamento alla scienza" (De
Trinitate, VIII, l). Attratto dalla fama di lui S. Martino, lasciata, la
milizia, venne a mettersi alla scuola acconsentendo a lasciarsi
ordinare esorcista. "Il Santo
pastore fu ben presto spinto dalle circostanze a lottare tanto
strenuamente contro l'arianesimo da essere considerato l'Atanasio
dell'Occidente". Molti vescovi non accettavano la dottrina di Nicea
(325) della consustanzialità del Figlio di Dio con il Padre, preferendo
insegnare che gli era soltanto simile. Costanzo, figlio di Costantino,
pretendeva di fare accettare le loro idee da tutto l'impero, pena
l'esilio. Per la difesa dell'ortodossia S. Ilario convocò forse a Parigi
nel 355, un'assemblea che scomunicò Valente e Ursacio, ambiziosi
vescovi di corte, persecutori di Atanasio, e Saturnino, primate di
Arles. che aveva condiviso le loro violenze. Costui e i suoi complici,
imbaldanziti dall'indifferenza con cui Giuliano, governatore della
Gallia, trattava le dispute dei teologi, si riunirono a Béziers. Per
ordine di Costanzo, Ilario dovette prendervi parte, ma avendo ricusato
di aderire alla politica religiosa dell'imperatore, fu deportato nel 356
nella Frigia. I vescovi della Gallia, in maggioranza ortodossi, non
vollero che un intruso s'impadronisse della sede di Poitiers. Durante il
suo esilio S. Ilario poté, difatti, con lettere dirigere la sua
chiesa. Nell'Asia Minore non
rimase ozioso. Approfittò del tempo per comporre il suo capolavoro, De
Trinitate in 12 libri, per studiare a fondo i problemi dell'oriente con
larghezza di vedute, e cercare di ricondurre gli erranti alla fede
nicena. "Non ho considerato come un delitto, dirà più tardi, di aver
avuto colloqui con loro, anzi, pur rifiutando loro la comunione, di
entrare nelle loro case di preghiera e di sperare ciò che si doveva
attendere da loro per il bene della pace, allorché aprivamo loro una
via al riscatto dei loro errori mediante la penitenza, un ricorso a
Cristo mediante l'abbandono dell'anticristo". (Adv. Costant. 2). La
stessa sollecitudine per la conciliazione manifesterà nel De Synodis,
libro scritto per informare i vescovi della Gallia riguardo alle varie
professioni di fede degli orientali.
Il suo esilio durava da quattro anni, quando, nel 359, Costanzo convocò un concilio a Rimini per gli occidentali, e un altro a Seleucia, nell'Isauria, per gli orientali. Ilario vi fu accolto favorevolmente e poté esporre la fede nicena, ma la concordia non fu raggiunta per il malanimo di molti. Dopo il sinodo il santo si portò a Costantinopoli per ottenere da Costanzo il permesso di discutere pubblicamente con Saturnino che era stato la causa del suo esilio, e di comparire nel concilio che si teneva allora nella città imperiale per potervi difendere la fede ortodossa sull'autorità delle Sacre Scritture. Per tutta risposta Costanzo lo rimandò a Poitiers sobillato dagli ariani, i quali, per sbarazzarsi dello scomodo avversario, glielo avevano dipinto "come seminatore di discordia e perturbatore dell'oriente". A Poitiers Ilario fu accolto in trionfo. Appena seppe del suo ritorno, S. Martino lo raggiunse dal suo ritiro nell'isola Gallinaria (Albenga), e sotto la direzione del suo maestro fondò a Ligugé il più antico monastero della Gallia onde neutralizzare in parte almeno i tristi effetti della eresia. Ilario ogni tanto andava a visitare i cenobiti per seguire le loro regole e prendere parte ai loro canti. È risaputo che fu egli il primo compositore di inni dell'occidente nell'intento di contrapporsi all'attività poetica degli ariani. La situazione politica intanto era notevolmente cambiata dal mese di maggio 360, quando i soldati di stanza a Parigi avevano gridato imperatore Giuliano. Ilario ne approfittò con decisione e moderazione per radunare sinodi provinciali, onde confermare nell'ortodossia i vescovi rimasti fedeli, e richiamarvi quelli che avevano sottoscritto per ignoranza o timore formule erronee o compromettenti, come quella del concilio di Rimini. La deposizione di Saturnino di Arles e di Paterno di Périgueux segnò la disfatta dell'arianesimo nell'occidente. La morte di Costanzo (+361) diede un colpo decisivo alla supremazia ariana in Oriente, perché i vescovi furono richiamati dall'esilio, e l'anno dopo S. Atanasio potè radunare ad Alessandria il celebre "concilio dei confessori" e adottare con successo la moderazione del vescovo di Poitiers. S. Ilario insieme con S. Eusebio, vescovo di Vercelli, combatté pure per due anni l'arianesimo in Italia, e tentò di cacciare dalla sede di Milano, Aussenzio, che il concilio di Parigi del 361 aveva anatematizzato. Questi, nel 364, appellò all'imperatore Valentiniano, allegando i decreti del concilio di Rimini da lui fatti sottoscrivere da tanti vescovi, e accusando i suoi avversari di turbare la pace religiosa. Queste considerazioni impressionarono l'imperatore il quale mantenne Aussenzio nella sua sede, soddisfatto di una professione di fede equivoca che costui aveva fatto alla presenza di dieci vescovi e di alti funzionari. S. Ilario, ricevuto l'ordine di lasciare Milano, scrisse il suo Contra Auxentium per smascherare le ipocrite reticenze di lui e mantenere l'integrità della fede tra il popolo. Ritiratesi nella sua diocesi, il santo poté dedicarsi ai suoi studi prediletti e al commento dei Salmi, finché lo colse la morte il 1-11-367. Le sue reliquie nel 1562 furono bruciate dagli ugonotti. Pio IX nel 1851 lo proclamò Dottore della Chiesa.
Autore: Don Guido Pettinati
Il suo esilio durava da quattro anni, quando, nel 359, Costanzo convocò un concilio a Rimini per gli occidentali, e un altro a Seleucia, nell'Isauria, per gli orientali. Ilario vi fu accolto favorevolmente e poté esporre la fede nicena, ma la concordia non fu raggiunta per il malanimo di molti. Dopo il sinodo il santo si portò a Costantinopoli per ottenere da Costanzo il permesso di discutere pubblicamente con Saturnino che era stato la causa del suo esilio, e di comparire nel concilio che si teneva allora nella città imperiale per potervi difendere la fede ortodossa sull'autorità delle Sacre Scritture. Per tutta risposta Costanzo lo rimandò a Poitiers sobillato dagli ariani, i quali, per sbarazzarsi dello scomodo avversario, glielo avevano dipinto "come seminatore di discordia e perturbatore dell'oriente". A Poitiers Ilario fu accolto in trionfo. Appena seppe del suo ritorno, S. Martino lo raggiunse dal suo ritiro nell'isola Gallinaria (Albenga), e sotto la direzione del suo maestro fondò a Ligugé il più antico monastero della Gallia onde neutralizzare in parte almeno i tristi effetti della eresia. Ilario ogni tanto andava a visitare i cenobiti per seguire le loro regole e prendere parte ai loro canti. È risaputo che fu egli il primo compositore di inni dell'occidente nell'intento di contrapporsi all'attività poetica degli ariani. La situazione politica intanto era notevolmente cambiata dal mese di maggio 360, quando i soldati di stanza a Parigi avevano gridato imperatore Giuliano. Ilario ne approfittò con decisione e moderazione per radunare sinodi provinciali, onde confermare nell'ortodossia i vescovi rimasti fedeli, e richiamarvi quelli che avevano sottoscritto per ignoranza o timore formule erronee o compromettenti, come quella del concilio di Rimini. La deposizione di Saturnino di Arles e di Paterno di Périgueux segnò la disfatta dell'arianesimo nell'occidente. La morte di Costanzo (+361) diede un colpo decisivo alla supremazia ariana in Oriente, perché i vescovi furono richiamati dall'esilio, e l'anno dopo S. Atanasio potè radunare ad Alessandria il celebre "concilio dei confessori" e adottare con successo la moderazione del vescovo di Poitiers. S. Ilario insieme con S. Eusebio, vescovo di Vercelli, combatté pure per due anni l'arianesimo in Italia, e tentò di cacciare dalla sede di Milano, Aussenzio, che il concilio di Parigi del 361 aveva anatematizzato. Questi, nel 364, appellò all'imperatore Valentiniano, allegando i decreti del concilio di Rimini da lui fatti sottoscrivere da tanti vescovi, e accusando i suoi avversari di turbare la pace religiosa. Queste considerazioni impressionarono l'imperatore il quale mantenne Aussenzio nella sua sede, soddisfatto di una professione di fede equivoca che costui aveva fatto alla presenza di dieci vescovi e di alti funzionari. S. Ilario, ricevuto l'ordine di lasciare Milano, scrisse il suo Contra Auxentium per smascherare le ipocrite reticenze di lui e mantenere l'integrità della fede tra il popolo. Ritiratesi nella sua diocesi, il santo poté dedicarsi ai suoi studi prediletti e al commento dei Salmi, finché lo colse la morte il 1-11-367. Le sue reliquie nel 1562 furono bruciate dagli ugonotti. Pio IX nel 1851 lo proclamò Dottore della Chiesa.
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