Nulla
sappiamo della famiglia di origine di Sant’Agnese, popolare martire
romana. La parola “Agnese”, traduzione dell’aggettivo greco “pura” o
“casta”, fu usato forse simbolicamente come soprannome per esplicare le
sue qualità. Visse in un periodo in cui era illecito professare
pubblicamente la fede cristiana. Secondo il parere di alcuni storici
Agnese avrebbe versato il sangue il 21 gennaio di un anno imprecisato,
durante la persecuzione di Valeriano (258-260), ma secondo altri, con
ogni probabilità ciò sarebbe avvenuto durante la persecuzione
dioclezianea nel 304. Anche
alla piccola Agnese toccò subire subire una delle tante atroci pene
escogitate dai persecutori. Della santa vergine si trovano notizie,
seppure vaghe e discordanti, nella “Depositio Martyrum” del 336, più
antico calendario della Chiesa romana, nel martirologio cartaginese del
VI secolo, in “De Virginibus” di Sant’Ambrogio del 377, nell’ode 14 del
“Peristefhanòn” del poeta spagnolo Prudenzio ed infine in un carme del
papa San Damaso, ancora oggi conservato nella lapide originale murata
nella basilica romana di Sant’Agnese fuori le mura. Dall’insieme di
tutti questi numerosi dati si può ricavare che Agnese fu messa a morte
per la sua forte fede ed il suo innato pudore all’età di tredici anni,
forse per decapitazione come asseriscono Ambrogio e Prudenzio, oppure
mediante fuoco, secondo San Damaso. L’inno ambrosiano “Agnes beatae
virginia” pone in rilievo la cura prestata dalla santa nel coprire il
suo verginale corpo con le vesti ed il candido viso con la mano mentre
si accasciava al suolo, mentre invece la tradizione riportata da Damaso
vuole che ella si sia coperta con le sue abbondanti chiome. Il martirio
di Sant’Agnese è inoltre correlato al suo proposito di verginità. Assai
articolata è anche la storia delle reliquie della piccola martire: il
suo corpo venne inumato nella galleria di un cimitero cristiano sulla
sinistra della via Nomentana. In seguito sulla sua tomba Costantina,
figlia di Costantino il Grande, fece edificare una piccola basilica in
ringraziamento per la sua guarigione ed alla sua morte volle essere
sepolta nei pressi della tomba. Accanto alla basilica sorse uno dei
primi monasteri romani di vergini consacrate e fu ripetutamente
rinnovata ed ampliata. L’adiacente cimitero fu scoperto ed esplorato
metodicamente a partire dal 1865. Il cranio della santa martire fu posto
dal secolo IX nel “Sancta Sanctorum”, la cappella papale del Laterano,
per essere poi traslato da papa Leone XIII nella chiesa di Sant’Agnese
in Agone, che sorge sul luogo presunto del postribolo ove fu esposta.
Tutto il resto del suo corpo riposa invece nella basilica di
Sant’Agnese fuori le mura in un’urna d’argento commissionata da Paolo
V. La
sua consacrazione è superiore all’età, la sua virtù superiore alla
natura: così che il suo nome mi sembra non esserle venuto da scelta
umana, ma essere predizione del martirio, un annunzio di ciò ch'ella
doveva essere. Il nome stesso di questa vergine indica purezza. La
chiamerò martire: ho detto abbastanza... Si narra che avesse tredici
anni allorché soffrì il martirio. La crudeltà fu tanto più detestabile
in quanto che non si risparmiò neppure sì tenera età; o piuttosto fu
grande la potenza della fede, che trova testimonianza anche in siffatta
età. C’era forse posto a ferita in quel corpicciolo? Eccola intrepida
fra le mani sanguinarie dei carnefici, eccola immobile fra gli strappi
violenti di catene stridenti, eccola offrire tutto il suo corpo alla
spada del furibondo soldato, ancora ignara di ciò che sia morire, ma
pronta, s’è trascinata contro voglia agli altari idolatri, a tendere,
tra le fiamme, le mani a Cristo, e a formare sullo stesso rogo sacrilego
il segno che è il trofeo del vittorioso Signore... . Si presentò,
pregò, piegò la testa... Ecco pertanto in una sola vittima un doppio
martirio, di purezza e di religione. Ed ella rimase vergine e ottenne il
martirio”.
Autore: Fabio Arduino
Autore: Fabio Arduino
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