(Alfonsine, 19 febbraio 1754 –
Milano, 13 ottobre 1828)
è stato un poeta, scrittore, traduttore, drammaturgo e accademico italiano.
è stato un poeta, scrittore, traduttore, drammaturgo e accademico italiano.
Nasce da Fedele Maria
Monti ed Adele Mazzari, in "una casetta di semplice eleganza, che sorge
in fondo ad un largo ripiano, e porta scritto sull’ alto della
modesta facciata un motto de’ Salmi :< < Redime me a calumniis
hominum, ut custodiam mandata tua> > ancora oggi leggibile su
una lapide posta sopra l’ingresso ). In giovanissima età si
trasferisce con la famiglia a Maiano,un piccolo paese nei pressi di
Fusignano dove il padre svolge la sua attività lavorativa ed affida
la educazione dei figlioli al pio sacerdote di quella contrada.
Dopo gli studi " canonici " condotti nel seminario di Faenza ("ove gli
furono dischiusi i primi tesori della latina poesia" ), entra "nel
cerchio magico della poesia......con tutto l’impeto d’ un’ anima
appassionata, e ancor vergine dalle codarde impressioni del mondo ".
Al ritorno da Faenza, il padre lo vuole fattore dei suoi poderi e
Vincenzo ubbidisce al genitore per "con un animo sì renitente e
distratto che ai campi non ne proveniva alcun utile ". Un giorno il
Monti chiama il padre nella stanza e, dopo aver acceso un gran
fuoco, vi getta i suoi amati autori latini; e il genitore, non
osservato,lascia sul tavolo 12 fiorini d’oro che sono presi dal giovane
e spesi nella vicina Lugo per ricomprare gli autori "dei quali erano
quasi ancor calde le ceneri". (Le citazioni fra virgolette sono di
Paride Zajotti,scrittore non privo di qualche virtù). Poi si iscrive, su
ordine del padre, alla facoltà di medicina nell’Università di
Ferrara; ma il poeta non è contento e scrive, in data 6 dicembre 1775,
al padre: " Io proseguo il mio studio della medicina, ma non posso dimenticarmi quello delle belle lettere ". Infatti il Monti
esordisce come poeta pubblicando a Ferrara, presso la Stamperia
Camerale, la Visione di Ezechiello della qual cosa il padre molto
si dispiacerà. Successivamente manifesta l’intenzione
di trasferirsi nella Roma di Pio VI e lo scrive al padre
sottolineando ancora una volta che "...lo studio legale, medico,
matematico o altro" non fa per lui.Tale intenzione compare anche in una
lettera al Vannetti di Rovereto: " Ora sto preparando il mio bagaglio
per incamminarmi verso Roma al dodici del corrente" < la lettera
reca la data del 1 maggio 1778>. Giunto nella capitale il 26
maggio 1778, il Monti sceglie come dimora il palazzo Doria Pamphili
in piazza Navona; continua la sua corrispondenza col Vannetti e,
nella lettera del 26 gennaio1779,troviamo una bella definizione della
poesia:"..Concludiamo che la poesia è assai corrotta a’ nostri
giorni, e che il prurito d’essere filosofi, astronomi, matematici,
teologi e poeti fa che molti, invece di assodare
l’immaginazione,impiastricciano nei loro versi o vi entri, o no - il metodo geometrico, il prisma newtoniano,la paralassi,il vacuo,la luce,la
velocità, il sole, i pianeti, il zenit, il nadir, il diavolo che
li porti, e tante altre sciocchezze, che empiono la bocca senza
riempire l’ intelletto.In tal modo rendono la poesia un mercato di
bagatelle filosofiche, destano nelle anime sagge ed economiche la nausea
e l’aborrimento per tutti questi versi che ammorbano in sì gran
numero questo povero stivale d’Europa". Forte è l’amicizia col
Vannetti ed insieme piangono la scomparsa dell’amico Zorzi per il
quale il poeta di Rovereto compone un elogio funebre da tutti
applaudito. Una altra amicizia importante è quella che lo lega all’abate Aurelio Bertòla che,come apprendiamo dall’epistolario, gli
invia un saggio sulla letteratura alemanna che Monti contraccambia
con il suo Saggio di poesie; vale la pena sottolineare che, nella
lettera del 5 novembre 1779, il Monti manifesta la sua inclinazione a
scrivere tragedie:"...Il componimento tragico è quello che mi
attirerebbe di più di tutti; ma come appagare l’antica smania che mi
divora di scrivere tragedie, se non ho mai potuto mettermi finora in
calma lo spirito, costretto a perdere i pensieri in cose che nulla hanno
a che fare con la poesia?". Il 13 ottobre 1781 diviene
"...segretario del Principe Braschi nipote di Nostro Signore < Pio
VI >..." che gli concederà una casa in Roma, gli garantirà un’entrata
di almeno 20 scudi al mese e lo ospiterà alla sua tavola (
nonostante l’opposizione di alcuni principi e cardinali ). Nel 1782 il
poeta, mentre si trova a Firenze in casa dell’improvvisatrice dei versi
Fortunata Sulgher Fantastici,incontra una giovane donna, di nome
Carlotta,della quale s’innamora perdutamente. " Io amo Carlotta sopra
ogni credere, la mia tenerezza mi ha dettato alcune parole e vorrei
che queste passassero sotto i suoi occhi. Amo Carlotta...Ho sentito più
volte il furore delle passioni, mi sono abbandonato in preda qualche
volta ai disordini, mi sono lusingato che la mia felicità potesse
consistere nei disordini e nelle colpe. Mi sono orribilmente
ingannato. Carlotta mi ha fatto sentire che non si può essere felice in
amore se non si ama un oggetto virtuoso ed innocente". Molte altre
lettere testimoniano l’ amore per Carlotta senza la quale la vita è
noia e della quale prova un violento desiderio. Il 1 gennaio 1785 muore
il padre e nel testamento il Monti è escluso dalla divisione dei due
poderi e della casa dal momento che Vincenzo gli è stato " di
straordinario dispendio"senza contare "i soccorsi" prestatigli nei
primi momenti del soggiorno romano. Il 3 luglio 1791, nella chiesa
di S.Lorenzo in Lucina,sposa Teresa Pikler, donna bellissima e
raffinata. Poi la rivoluzione francese porta una ventata di libertà
anche in Italia e gli intellettuali del tempo creano la Repubblica
Cisalpina alla quale aderiscono fra gli altri anche il Monti
ed il Foscolo, che sono legati da una profonda amicizia che durerà
lungo tempo. Il Monti si reca a Firenze con il Marmont, poi a
Bologna ed infine a Milano dove viene attaccato da numerosi
Cisalpini per aver composto precedentemente un poemetto
antirivoluzionario; buona ed appassionata la difesa del Foscolo.
Compone poi un inno, cantato alla Scala nel 1799, che può a buon
diritto considerarsi una delle liriche più belle di quel genere. Si
leggano ad esempio il grido iniziale:" Il tiranno è caduto. Sorgete /
genti oppresse; natura respira" oppure l’invocazione alla libertà:"O
soave dell’alme sospiro,/ Libertà che del cielo sei figlia ". Tre mesi
dopo i tiranni tornarono in Milano ed il Monti è costretto a fuggire
prima a Genova, poi in Savoia e finalmente a Parigi dove impiega
il suo tempo nella traduzione della "Pulzella" di Voltaire. Agli inizi
del 1801 ( dopo la battaglia di Marengo), il Monti torna in Italia
ed ottiene la cattedra di eloquenza all’ Università di Pavia.
Nel frattempo un giovane poeta, Alessandro Manzoni, si cimenta con la
poesia nel poemetto " Il trionfo della libertà " di chiara ispirazione
montiana. Più tardi Napoleone lo nomina istoriografo del regno
italico ( se vogliamo il Monti è tutt’altro che un istoriografo,come
ha modo di scrivere nella prefazione de "Il Beneficio", un piccolo
componimento in onore di Napoleone. Anche la stella di Napoleone
tramonta ed in Italia ritornano gli austriaci; il poeta è
vecchio e malato (è stato colpito da un’emiplegia che gli impedisce
anche di scrivere). Trova ospitalità nella villa dell’amico Luigi
Aureggi ove muore, amorevolmente assistito dalla moglie, in assoluta povertà lui che, unico caso nella storia della
nostra letteratura, ha tenuto la scena per oltre un cinquantennio.
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