domenica 19 gennaio 2020

Vincenzo Monti




(Alfonsine, 19 febbraio 1754 – Milano, 13 ottobre 1828)
è stato un poeta, scrittore, traduttore, drammaturgo e accademico italiano.
Nasce da Fedele Maria Monti ed Adele Mazzari, in "una casetta di semplice eleganza, che sorge in fondo ad  un largo ripiano, e porta scritto sull’ alto della modesta  facciata un motto de’ Salmi :< < Redime me a calumniis hominum, ut  custodiam mandata tua> > ancora oggi  leggibile  su una lapide posta sopra l’ingresso ). In giovanissima  età si  trasferisce con la famiglia a Maiano,un piccolo paese nei pressi di Fusignano dove  il  padre  svolge  la sua  attività lavorativa ed affida la educazione  dei  figlioli  al pio  sacerdote di quella contrada. Dopo gli studi " canonici " condotti  nel seminario di Faenza ("ove gli furono dischiusi i primi tesori della latina poesia" ), entra "nel cerchio magico della poesia......con tutto l’impeto d’ un’ anima  appassionata, e ancor  vergine dalle codarde impressioni  del mondo ". Al ritorno  da  Faenza, il  padre lo vuole fattore dei suoi  poderi e  Vincenzo  ubbidisce al genitore per "con un animo sì renitente e distratto che ai  campi non ne proveniva alcun utile ". Un  giorno  il Monti chiama il padre nella stanza  e, dopo  aver  acceso  un gran fuoco, vi getta i  suoi  amati  autori latini; e il genitore, non osservato,lascia sul tavolo 12 fiorini  d’oro che sono presi dal giovane e spesi nella vicina Lugo per ricomprare gli autori "dei quali erano quasi ancor calde le ceneri". (Le citazioni fra virgolette sono di Paride Zajotti,scrittore non privo di qualche virtù). Poi si iscrive, su  ordine  del padre, alla facoltà di medicina nell’Università di Ferrara; ma il poeta non è contento e scrive, in data 6 dicembre 1775,  al  padre: " Io proseguo il mio studio della  medicina, ma non posso dimenticarmi  quello delle belle lettere ". Infatti  il  Monti  esordisce  come poeta pubblicando  a  Ferrara,  presso la Stamperia Camerale, la Visione di Ezechiello della qual  cosa il padre molto si dispiacerà. Successivamente manifesta l’intenzione  di trasferirsi nella Roma di Pio VI e lo scrive al padre sottolineando  ancora  una  volta che "...lo studio legale, medico, matematico o altro" non fa per lui.Tale intenzione compare anche in una lettera al Vannetti  di Rovereto: " Ora sto preparando  il  mio bagaglio per incamminarmi verso Roma al dodici del corrente" < la lettera  reca  la data del 1 maggio 1778>. Giunto  nella  capitale  il  26 maggio 1778, il Monti sceglie  come  dimora  il  palazzo Doria Pamphili in piazza Navona; continua  la sua  corrispondenza  col Vannetti e, nella lettera del 26 gennaio1779,troviamo una bella definizione della poesia:"..Concludiamo che la poesia è assai corrotta  a’  nostri  giorni, e  che il prurito d’essere filosofi, astronomi, matematici, teologi e poeti fa che molti, invece di assodare l’immaginazione,impiastricciano nei loro versi o vi entri, o no - il metodo geometrico, il prisma newtoniano,la paralassi,il vacuo,la luce,la velocità, il sole, i pianeti, il zenit,  il nadir,  il diavolo  che  li porti, e tante altre sciocchezze, che empiono la bocca  senza riempire l’ intelletto.In  tal  modo  rendono  la  poesia un mercato di bagatelle filosofiche, destano nelle anime sagge ed economiche la  nausea e  l’aborrimento  per tutti questi versi che ammorbano in sì gran numero questo povero stivale d’Europa". Forte  è  l’amicizia  col  Vannetti  ed insieme piangono la scomparsa dell’amico Zorzi per il quale il poeta  di Rovereto compone un elogio funebre da tutti  applaudito. Una altra  amicizia  importante è quella che lo lega all’abate Aurelio Bertòla che,come  apprendiamo dall’epistolario, gli invia un saggio sulla letteratura alemanna che  Monti contraccambia con il suo Saggio di  poesie; vale la pena sottolineare  che,  nella  lettera  del  5 novembre 1779, il Monti manifesta la sua inclinazione a scrivere tragedie:"...Il componimento  tragico  è quello che mi attirerebbe di più di tutti; ma come  appagare l’antica smania che mi divora di scrivere tragedie, se non ho mai  potuto mettermi finora in calma lo spirito, costretto a perdere i pensieri in cose che nulla hanno a che  fare  con  la  poesia?". Il 13 ottobre 1781 diviene "...segretario del  Principe  Braschi nipote di Nostro Signore < Pio VI >..." che gli concederà una casa in Roma, gli garantirà un’entrata di almeno 20 scudi al mese e lo ospiterà alla  sua tavola ( nonostante l’opposizione di alcuni principi e  cardinali ). Nel  1782 il poeta, mentre si trova a Firenze in casa dell’improvvisatrice dei versi Fortunata Sulgher Fantastici,incontra una giovane donna, di nome Carlotta,della quale s’innamora perdutamente. " Io  amo Carlotta sopra ogni credere, la mia  tenerezza  mi  ha dettato alcune parole e vorrei che queste passassero sotto i suoi occhi.  Amo Carlotta...Ho sentito più volte  il  furore delle passioni, mi sono abbandonato in preda qualche volta ai disordini, mi sono lusingato che la  mia  felicità potesse consistere nei disordini e nelle colpe. Mi  sono  orribilmente  ingannato. Carlotta mi ha fatto sentire che non si può essere felice in amore se non si ama un oggetto virtuoso ed  innocente". Molte altre lettere  testimoniano l’ amore  per Carlotta senza la quale la vita è noia e della quale prova un violento desiderio. Il 1 gennaio 1785 muore il padre e nel testamento il Monti è  escluso  dalla divisione dei due poderi e della casa dal momento che Vincenzo  gli è stato " di straordinario dispendio"senza contare "i soccorsi" prestatigli nei primi  momenti  del  soggiorno  romano. Il  3 luglio 1791, nella chiesa di S.Lorenzo in Lucina,sposa Teresa Pikler, donna bellissima e raffinata. Poi la  rivoluzione francese porta  una  ventata  di libertà anche in Italia e gli intellettuali del tempo creano la Repubblica Cisalpina alla quale  aderiscono  fra  gli  altri  anche il Monti ed il Foscolo, che  sono  legati  da  una  profonda amicizia che durerà lungo tempo. Il  Monti si  reca  a Firenze con il Marmont, poi a  Bologna  ed infine  a Milano dove viene attaccato da numerosi  Cisalpini  per  aver  composto precedentemente un poemetto  antirivoluzionario; buona ed appassionata  la  difesa  del  Foscolo.  Compone  poi un inno, cantato alla Scala nel 1799, che può a buon diritto considerarsi  una  delle  liriche  più belle di quel genere. Si leggano ad esempio il grido iniziale:" Il tiranno è caduto. Sorgete / genti oppresse; natura respira" oppure l’invocazione alla libertà:"O soave dell’alme sospiro,/ Libertà che del cielo sei figlia ". Tre mesi dopo i tiranni tornarono in  Milano  ed  il  Monti è costretto a fuggire prima a Genova, poi  in  Savoia e  finalmente  a Parigi dove impiega  il  suo  tempo nella traduzione della "Pulzella" di Voltaire. Agli inizi del 1801 ( dopo la battaglia di Marengo), il  Monti  torna  in  Italia  ed  ottiene  la  cattedra di eloquenza  all’ Università  di  Pavia.  Nel  frattempo un giovane poeta, Alessandro Manzoni, si cimenta con la poesia nel poemetto " Il trionfo della libertà " di  chiara ispirazione montiana. Più  tardi  Napoleone  lo nomina istoriografo  del  regno  italico  ( se vogliamo il Monti è tutt’altro che un istoriografo,come ha modo di scrivere nella prefazione de "Il Beneficio",  un piccolo componimento in onore di Napoleone. Anche la stella di Napoleone  tramonta  ed  in  Italia  ritornano  gli austriaci; il poeta  è  vecchio  e malato (è stato colpito da un’emiplegia  che  gli  impedisce  anche  di scrivere). Trova ospitalità nella villa dell’amico Luigi Aureggi ove muore, amorevolmente assistito dalla moglie, in  assoluta  povertà  lui  che, unico caso nella storia della nostra letteratura, ha tenuto la scena per oltre un cinquantennio.

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