(celebrazione mobile)
Questa
festa fu introdotta da papa Pio XI, con l’enciclica “Quas primas”
dell’11 dicembre 1925, a coronamento del Giubileo che si celebrava in
quell’anno. Non
appena elevato al soglio pontificio, nel 1922, Pio XI condannò in primo
luogo esplicitamente il liberalismo “cattolico” nella sua enciclica
“Ubi arcano Dei”. Egli comprese, però, che una disapprovazione in
un’enciclica non sarebbe valsa a molto, visto che il popolo cristiano
non leggeva i messaggi papali. Quel saggio pontefice pensò allora che il
miglior modo di istruirlo fosse quello di utilizzare la liturgia. Di
qui l’origine della “Quas primas”, nella quale egli dimostrava che la
regalità di Cristo implicava (ed implica) necessariamente il dovere per i
cattolici di fare quanto in loro potere per tendere verso l’ideale
dello Stato cattolico: “Accelerare e affrettare questo ritorno [alla
regalità sociale di Cristo] coll’azione e coll’opera loro, sarebbe
dovere dei cattolici”. Dichiarava, quindi, di istituire la festa di
Cristo Re, spiegando la sua intenzione di opporre così “un rimedio
efficacissimo a quella peste, che pervade l'umana società. La peste
della età nostra è il così detto laicismo, coi suoi errori e i suoi empi
incentivi”. Tale
festività coincide con l’ultima domenica dell’anno liturgico, con ciò
indicandosi che Cristo Redentore è Signore della storia e del tempo, a
cui tutti gli uomini e le altre creature sono soggetti. Egli è l’Alfa e
l’Omega, come canta l’Apocalisse. Gesù stesso, dinanzi a Pilato, ha
affermato categoricamente la sua regalità. Alla domanda di Pilato:
“Allora tu sei re?”, il Divino Redentore rispose: “Tu lo dici, io sono
re”. Pio XI insegnava che Cristo è veramente Re. Egli solo, infatti, Dio e uomo – "in senso pieno, proprio e assoluto, … è re”. Il
suo regno, spiegava ancora Pio XI, “principalmente spirituale e (che)
attiene alle cose spirituali”, è contrapposto unicamente a quello di
Satana e delle potenze delle tenebre. Cristo ha in mente un regno
imposto non con la forza delle armi ma tramite la forza della Verità e
dell'Amore. Gli
uomini vi entrano, preparandosi con la penitenza, per la fede e per il
battesimo, il quale produce un’autentica rigenerazione interiore. Ai
suoi sudditi questo Re richiede, prosegue Pio XI, “non solo l’animo
distaccato dalle ricchezze e dalle cose terrene, la mitezza dei costumi,
la fame e sete di giustizia, ma anche che essi rinneghino se stessi e
prendano la loro croce”. Tale
Regno, peraltro, già mistericamente presente, troverà pieno compimento
alla fine dei tempi, alla seconda venuta di Cristo, quando, quale
Sommo Giudice e Re, verrà a giudicare i vivi ed i morti, separando,
come il pastore, “le pecore dai capri”. Con
la sua seconda venuta, Cristo ricapitolerà tutte le cose, facendo
“cieli nuovi e terra nuova”, tergendo e consolando ogni lacrima di
dolore e bandendo per sempre il peccato, la morte ed ogni ingiustizia
dalla faccia della terra. Sempre il Concilio scriveva che “in questo
regno anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della
corruzione per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio”. Per
questo i cristiani di ogni tempo invocano, già con la preghiera del
Padre nostro, la venuta del Suo Regno (“Venga il tuo Regno”) ed, in modo
particolare durante l’Avvento, cantano nella liturgia “Maranà tha”,
cioè “Vieni Signore”, per esprimere così l’attesa impaziente della
parusia. Aggiunge
ancora Pio XI che nondimeno sbaglierebbe colui il quale negasse al
Cristo-uomo il potere su tutte le cose temporali, “dato che Egli ha
ricevuto dal Padre un diritto assoluto su tutte le cose create”.
Tuttavia – precisa – Cristo, quando era sulla terra, si astenne
dall’esercitare completamente questo suo dominio, permettendo – come
anche oggi – che “i possessori debitamente se ne servano”. Questo
potere abbraccia tutti gli uomini. Papa Pecci aveva scritto in
effetti che “il dominio di Cristo non si estende soltanto sui popoli
cattolici, o a coloro che, rigenerati nel fonte battesimale,
appartengono, a rigore di diritto, alla Chiesa, sebbene le errate
opinioni li allontanino da essa o il dissenso li divida dalla carità;
ma abbraccia anche quanti sono privi di fede cristiana, di modo che
tutto il genere umano è sotto la potestà di Gesù Cristo”. L’uomo,
misconoscendo la regalità di Cristo nella storia e rifiutando di
sottomettersi a questo suo giogo che è “dolce” ed a questo carico
“leggero”, non potrà trovare alcuna salvezza né troverà autentica pace,
rimanendo vittima delle sue passioni, inimicizie ed inquietudini. È
Cristo soltanto la “fonte della salute privata e pubblica”. Lontano
da Lui l’uomo ha dinanzi chimere e sistemi ideologici totalizzanti e
fuorvianti; non cercando il suo Regno e la sua Giustizia, il genere
umano ha di fronte a sé i vari “-ismi” della storia che, diabolicamente,
in nome di un falso progresso sociale, economico e culturale,
degradano ogni uomo, negandone la dignità. Ed
il XX secolo non ha mancato di fornirne dei tragici esempi, il duro
scontro tra Regno di Cristo e regno di Satana, che durerà sino alla fine
dei tempi. Basti
qui far riferimento, a titolo esemplificativo, giusto al solo
travagliato periodo del pontificato di papa Ratti per averne una pallida
idea. Il
Pontefice romano disapprovava il provocante neopaganesimo imperante in
Germania (il nazismo), il quale rinnegava la Sapienza Divina e la sua
Provvidenza, che “con forza e dolcezza domina da un'estremità all’altra
del mondo” e tutto dirige a buon fine; deplorava anche certi banditori
moderni che perseguono il falso mito della razza e del sangue;
biasimava, infine, le liturgie del Terzo Reich tedesco, veri riti
paganeggianti, qualificate come “false monete”. Alcuni
dei valorosi martiri cristiani messicani, sotto il pontificato di
Giovanni Paolo II, hanno raggiunto la gloria degli altari, come il
gesuita Miguel Agustin Pro, fucilato senza processo. Le sue ultime
parole furono giusto “Viva Cristo Re!”.Questi
esempi dimostrano lo scontro plurisecolare, sin dalla fondazione del
Cristianesimo, tra il Regno di Cristo e quello di Satana, e come, anche
in epoca contemporanea, la regalità di Cristo sia contestata,
preferendo ad essa degli “idoli” politici, economici, sociali e
pseudo-religiosi.
Martirologio
Romano: Solennità di nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo: a
Lui solo il potere, la gloria e la maestà negli infiniti secoli dei
secoli.
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