giovedì 28 novembre 2019

Umberto Veronesi



(Milano, 28 novembre 1925 –  8 novembre 2016) è stato un oncologo e politico italiano. Fondatore e Presidente della Fondazione Umberto Veronesi, ha fondato e ricoperto il ruolo di direttore scientifico e di direttore scientifico emerito dell'Istituto europeo di oncologia. È stato direttore scientifico dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano dal 1976 al 1994. Ha ricoperto l'incarico di Ministro della sanità dal 25 aprile 2000 all'11 giugno 2001 nel Governo Amato II. La sua attività clinica e di ricerca è stata incentrata per decenni sulla prevenzione e sulla cura del cancro. In particolare si è occupato del carcinoma mammario, prima causa di morte per tumore nella donna; in tale ambito è stato il primo teorizzatore e strenuo propositore della quadrantectomia, dimostrando come nella maggioranza dei casi le curve di sopravvivenza di questa tecnica, purché abbinata alla radioterapia, sono le medesime di quelle della mastectomia, ma a impatto estetico e soprattutto psicosessuale migliore. Si è inoltre distinto per la sua lotta in difesa dei diritti degli animali. Cresciuto nei sobborghi agricoli adiacenti a Milano con quattro fratelli maggiori e una sorella minore, il giovane Veronesi si conquistò lo status di “cittadino” da sé e con le proprie forze, come egli stesso racconta: «Mio padre era un fittavolo della pianura lombarda, stavamo fuori Milano, anche se non lontanissimi. La vedevamo come la grande meta di chi vive nei sobborghi. Quindi la nostra grande speranza era di diventare “cittadini”: si andava a scuola facendo 4-5 chilometri a piedi tutte le mattine, anche in pieno inverno, con i nostri calzoni corti, con quella cultura naturalistica del mondo agricolo. La conquista è stata lenta, ma ci ha molto gratificato come tutte le grandi forme di emancipazione.»  Fu bocciato per due volte al ginnasio. Ricorderà: «Da ragazzo mi vedevo bruttissimo, ero convinto che le ragazze non potessero degnarmi di uno sguardo, ed ero sicuro che nessuna mai si sarebbe innamorata di me. Forse perché ero davvero troppo alto per la mia età [...]. E per sfogare questo senso di inadeguatezza facevo il monello e mi rifiutavo di studiare.»  Data la precoce scomparsa del padre, fu per lui fondamentale la figura materna, Erminia Verganti (a cui ha dedicato il libro Dell'amore e del dolore delle donne): «Mia madre mi ha fatto da padre, da sorella maggiore, da compagna di viaggio, perché io ho perso mio padre a 6 anni... un bambino ha bisogno di una guida e mia madre è stata la grande guida, una donna profondamente religiosa... mi ha insegnato due cose importanti: una è la tolleranza... e l'altra è ricercare le cause degli eventi; se una persona ti è ostile, non limitarti a respingerla o a trattarla male: se ti è ostile, una ragione c'è e tu devi individuarla.» Ha scritto anche, riguardo alla propria giovinezza: «In casa parlavamo dialetto. La sera, nell'ampia cucina con il grosso camino, unica fonte di calore nelle giornate di freddo, mia madre intonava il rosario e tutti dovevamo seguirla. Mio padre conservava una vecchia bandiera rossa. Aveva le sue idee di socialista alla Turati, riformista, che ho ereditato. E un giorno arrivarono gli squadristi per dargli una lezione. Ma lui si era nascosto nei campi e loro se ne andarono. Qualche anno dopo, quando ero entrato in clandestinità, sarebbe capitato anche a me di scappare. Fascisti e tedeschi mi davano la caccia, una soffiata li avvisò che mi trovavo in città. [...] Mi salvai grazie all'Angiolina, la portinaia, che fece una cosa molto coraggiosa: li lasciò salire in ascensore, poi tolse la corrente. Un anno prima, non ero invece riuscito a scappare da un campo minato.  Ci vollero otto interventi per togliermi le schegge. Tutte tranne una tra la vena cava e l'aorta, e me la porto ancora addosso, facendo suonare i detector ogni volta che oltrepasso le barriere degli aeroporti.» Veronesi è nato in una famiglia cattolica ed è stato anch'egli praticante, ma si è allontanato dalla religione a partire dai 14 anni, divenendo agnostico. Ha in seguito dichiarato che lo studio dell'oncologia l'ha sempre più convinto della non esistenza di Dio. Sposato con Susy Razon (una pediatra ebrea di origini turche, sopravvissuta ai campi di concentramento), Veronesi ha sette figli (cinque maschi e due femmine), due dei quali, Paolo e Giulia, hanno seguito le sue orme e sono chirurghi, mentre un terzo, Alberto Veronesi, fa il direttore d'orchestra. Laureatosi in Medicina e Chirurgia presso l'Università Statale di Milano nel 1951, specializzatosi in Chirurgia presso l'Università degli studi di Pavia nel 1956, decide di dedicarsi allo studio e alla cura dei tumori: dopo alcuni soggiorni all'estero (Inghilterra e Francia) entra all'Istituto Nazionale dei Tumori come volontario e ne diventa direttore generale nel 1975. Nel 1965 ha partecipato alla fondazione dell'AIRC e ha fondato nel 1982 la Scuola europea di oncologia. Dal 1985 al 1988 presidente dell'Organizzazione europea per la ricerca e la cura del cancro. Contrario per principio allo sciopero dei medici («È uno strumento di lotta legittimo [...] ma, secondo me, non di chi, medico, lavora in ospedale»), nel 1981 è stato minacciato di morte dalle Brigate Rosse, come spiegato da lui stesso: «Qualche giorno dopo l'uccisione del direttore sanitario del Policlinico Luigi Marangoni [...] trovai le segretarie in lacrime. Mi fecero leggere una lettera di minacce con la stella a cinque punte: «Lei è un cadavere ambulante». Andai in questura per chiedere che cosa dovevo fare. «Non possiamo darle la scorta, ma solo dei consigli. Non esca mai alla stessa ora, cambi il numero di telefono, se può cambi abitazione o, perlomeno, non vada a dormire sempre nello stesso posto. Viva in modo irregolare.» Così ho fatto per un po' di tempo. La cosa irritante era che tutte le notti squillava il telefono, prima verso l'una, poi alle due, alle tre, e così fino all'alba. In questura insistettero perché cambiassi numero. Così feci, ma il giorno dopo le telefonate notturne ripresero. Cambiai una seconda volta e di nuovo il telefono tornò a squillare. Lo dissi in questura e mi risposero che c'erano talpe infiltrate ovunque. Trascorsi un periodo strano. Provavo un bizzarro senso d'avventura, perché la mia esistenza era stata sconvolta nelle abitudini, negli orari, nel lavoro. Devo dire che accettai le cose senza farne un dramma.» Ha fondato, nel 1991, ed è stato direttore scientifico dell'IEO - Istituto europeo di oncologia una prima volta dal 1994 al 2000 e, successivamente, dal 2001 al 2014. Nel 2003 ha dato vita alla Fondazione Umberto Veronesi per il progresso delle scienze, con l'obiettivo di sostenere la ricerca scientifica a livello nazionale in oncologia, cardiologia e neuroscienze e promuovere la divulgazione scientifica. Il nome di Veronesi è legato a contributi scientifici e culturali riconosciuti e apprezzati in tutto il Mondo. I contributi scientifici più rilevanti riguardano l'invenzione della chirurgia conservativa per la cura dei tumori mammari.  Nel 1993 è stato nominato dall'allora ministro della Sanità Raffaele Costa membro della commissione nazionale incaricata di redigere un piano contro le malattie tumorali. Nel 1998 è stato membro della commissione che dovette giudicare gli effetti della cura anti-cancro nota come “terapia Di Bella”. Nel 2009 è diventato "ambassador" del movimento Internet for Peace, fondato dalla rivista Wired Italia con lo scopo di candidare internet al premio Nobel per la pace nel 2010. Nel 2009 con la sua Fondazione avvia il progetto Science for Peace, un movimento internazionale per la pace guidato da personalità del mondo scientifico, tra cui diversi premi Nobel. Lo scopo è affrontare le cause alla radice di conflitti e disuguaglianze con approccio scientifico e proporre soluzioni concrete per il loro superamento. A questo riguardo Veronesi (che si è definito «un pacifista estremista») ha affermato: «Io ho iniziato il movimento per la pace universale, ma nel senso tolstojano, la pace non come assenza di guerra, o non solo come assenza di guerra, ma come ritorno ad una condizione naturale, pacifica, profonda del nostro pensiero. Quindi ci stiamo battendo per la pace nel mondo, contro le guerre, contro le armi, contro i soprusi, contro le violenze, contro la pena di morte, a favore delle donne la cui identità è calpestata in molti paesi. E quindi potremmo dire che è un grande movimento per la non violenza.» Umberto Veronesi si è spento  all'età di quasi 91 anni, nella sua casa di Milano. I funerali con rito laico si sono svolti nel Palazzo Marino sede del comune di Milano, alla presenza di moltissima gente comune e del Sindaco di Milano Giuseppe Sala, il figlio Alberto Veronesi lo ha omaggiato con due brani musicali, di Beethoven e Puccini. Dopo, la salma dell'oncologo è stata cremata.




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