Religioso e sacerdote
Monteprandone, Ascoli Piceno, 1394 - Napoli, 28 novembre 1476
Etimologia: Giacomo = che segue Dio, dall'ebraico
Il tempo
che precedette la Riforma protestante fu caratterizzato dalla solida e
grandiosa opera di alcuni predicatori, fra loro uno fu davvero grande
e venne anche scomunicato, si chiamava San Giacomo della Marca
(1393-1476), la cui festa liturgica cade il 28 novembre. Fra il XIV e
XV secolo la Chiesa era soggetta alle corruzioni e allo stesso tempo
molti eretici andavano imbrogliando sia Fede che dottrina. Un poco di
ordine, benché si stesse preparando il terreno sul quale avrebbe agito
l’eresiarca Lutero, venne portato da questi impavidi predicatori. Nato
a Monteprandone (Ascoli Piceno), a 22 anni, in Santa Maria degli
Angeli, prese il saio francescano dalle mani di San Bernardino da Siena.
La sua vita fu di estrema penitenza. Si sottoponeva a sette quaresime
durante l’anno e negli altri giorni i suoi pasti consistevano in una
scodella di fave cotte nell’acqua. Malato,
ricevette sei volte l’Estrema Unzione, eppure resistette nella
faticosa vita dei predicatori itineranti. Una cosa sola temette nella
sua esistenza, che il dolore fisico lo distraesse dalla preghiera. Dalla
catechesi di San Bernardino (intorno al quale si formarono altri
valenti predicatori come San Giovanni da Capestrano, Alberto da
Sarteano, Matteo di Girgenti) mutua le tecniche vocali e gestuali, i
contenuti e la struttura del sermo, prediligendo la trattazione di temi
etico-politici, utilizzando materiali provenienti dai testi della
teologia morale e del diritto canonico; fa ampio uso di exempla, spesso
presentati in forma drammatizzata; utilizza per lo più il volgare; si
impegna nel sostenere la diffusione della devozione al nome di Gesù e
insiste su alcuni obiettivi polemici ricorrenti: le pratiche
superstiziose, il lusso, il gioco, la bestemmia, l’usura (ideò i Monti
di Pietà per liberare le vittime degli usurai). Le
sue omelie sono tuoni che destano anche gli spiriti più
recalcitranti. Esse si nutrono di riferimenti biblici, ma il santo
prende spunti anche dalla scrittura dantesca. Nessuno può sonnecchiare o
distrarsi quando si assiste a queste prediche di formidabile
efficacia, dall’andamento anche teatrale, ma che spesso raggiungono lo
scopo: convertire. È un francescano fuori dal comune per la sua
signorilità: sicuro e determinato, sa conciliare carità e fuoco del
Giudizio di Dio; è teologo e inquisitore severo, ma pietoso. La sua
predicazione, oltre a suscitare fin da subito apprezzamento ed
entusiasmo da parte dei fedeli, si traduce in riforme degli Statuti di
alcune città e in numerose fondazioni di confraternite. Dal 1423 al
1425 predica a più riprese nella zona di Jesi, dove sono presenti
gruppi aderenti alla setta dei fraticelli e nel 1426 Papa Martino V lo
incarica di predicare contro questa setta in tutta Italia e viene
affiancato dal confratello Giovanni da Capestrano. Nel
1432 è inviato in Europa orientale e i suoi successi non si fanno
attendere, così, alla fine del 1435, Sigismondo di Lussemburgo, re di
Ungheria, lo vuole nella sua residenza di Tata, presso Buda, come
consulente nell’incontro tra i delegati del Concilio di Basilea e i
rappresentanti del Regno di Boemia, nel quale era ancora viva l’eresia
hussita. Da quel momento la sua azione antiereticale si estende dalla
Bosnia all’Ungheria, dove predica contro gli hussiti in fuga dalla
Boemia. Nell’agosto del 1436 il
Papa lo nomina inquisitore di Austria e Ungheria concedendogli ampi
poteri e permettendogli di erigere nuovi conventi in quelle terre.
L’appoggio dell’Imperatore e del Pontefice, oltre che il titolo di
legatus del Concilio di Basilea, non sono però sufficienti a
garantirgli l’intoccabilità e non solo riceve persecuzioni da parte del
clero locale, non solo tentano di ucciderlo più volte, ma subisce
anche una scomunica da parte di Simone, arcidiacono di Bacs. Assunse
anche il compito di predicare a favore della crociata contro i Turchi:
a questo scopo nel 1443 fu nominato da Eugenio IV nunzio apostolico. Venne
proposto pure Arcivescovo di Milano, ma rifiutò l’incarico. Tra le
attività dell’ultima fase della sua vita va ricordata la costituzione
della biblioteca del convento di Santa Maria delle Grazie di
Monteprandone, nella quale il Santo riuscì a radunare circa duecento
codici; essi costituivano una vera e propria officina del predicatore,
contenente modelli e abbozzi di sermoni, raccolte di passi scritturali,
exempla e auctoritates teologiche e giuridiche. Tutto ciò serviva per
combattere gli errori e salvare le anime. Oggi, sotto la tirannia del
relativismo, San Giacomo della Marca non sarebbe considerato un
combattente per la Fede, ma uno, probabilmente, da scomunicare, come
qualcuno già all’epoca fece.
Autore: Cristina Siccardi
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