Enzo Claudio Marcello Tortora
(Genova, 30 novembre 1928 – Milano, 18 maggio 1988)
è stato un conduttore televisivo, autore televisivo, conduttore radiofonico, attore, giornalista e politico italiano.
(Genova, 30 novembre 1928 – Milano, 18 maggio 1988)
è stato un conduttore televisivo, autore televisivo, conduttore radiofonico, attore, giornalista e politico italiano.
Tra i suoi lavori più importanti in televisione vi sono la conduzione de La Domenica Sportiva e l'ideazione e conduzione del fortunato programma Portobello. Il suo nome è ricordato anche per un caso di malagiustizia di cui fu vittima e che fu poi denominato "caso Tortora".
Tortora fu accusato, su richiesta dei procuratori Francesco Cedrangolo
e Diego Marmo, dal giudice istruttore, il magistrato Giorgio Fontana,
di gravi reati, ai quali in seguito risultò totalmente estraneo, sulla
base di accuse formulate da soggetti provenienti da contesti criminali;
il 17 giugno 1983 fu per questo arrestato e imputato di associazione camorristica e traffico di droga. Dopo 7 mesi di reclusione,
nel gennaio del 1984 fu liberato, ma il 17 settembre 1985 i due
pubblici ministeri del processo, Lucio Di Pietro e Felice di Persia, lo
fecero condannare a dieci anni di carcere. La sua innocenza fu
dimostrata e riconosciuta il 15 settembre 1986, quando venne infine
definitivamente assolto dalla Corte d'appello di Napoli. Durante questo periodo, Tortora fu eletto eurodeputato per il Partito Radicale, di cui divenne anche presidente. Tortora morì un anno dopo la sua definitiva assoluzione. Enzo Tortora morì a 59 anni la mattina del 18 maggio 1988 nella sua casa di Milano, stroncato da un tumore polmonare. I funerali - cui parteciparono amici e colleghi tra i quali Marco Pannella, Enzo Biagi, Piero Angela - si tennero presso la Basilica di Sant'Ambrogio a Milano. Dopo la cremazione, le ceneri di Enzo Tortora riposano al Cimitero Monumentale di Milano,
presso la Nicchia D dell'Edicola F di Levante Superiore, zona
ospitante cellette con ceneri o resti esumati di "cittadini noti e
benemeriti". Tra le sue disposizioni testamentarie vi fu quella di porre le sue ceneri in una cassettina assieme a una copia del libro di Alessandro Manzoni Storia della colonna infame nell'edizione con prefazione di Leonardo Sciascia, testo che tratta di uno dei primi casi documentati di giustizia sbagliata in Italia. La cassettina, in legno, non è però tumulata in una delle cellette, bensì nella parte centrale in vetro di una particolare "colonna spezzata" marmorea, riportante inciso sulla sua parte inferiore un epitaffio opera di Sciascia stesso: «Che non sia un'illusione»; la parte superiore della colonna termina invece con un capitello corinzio.
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