Vescovo
Vescovo di Gerusalemme dal 313 al 334
Etimologia: Macario = felice, beato, dal greco
Emblema: Bastone pastorale
Ci sono
ignote la sua famiglia, il luogo di origine e buona parte della sua
vita. Lo conosciamo soltanto come vescovo di Gerusalemme, la città che è
santa per gli Ebrei come luogo dell’unico Tempio innalzato all’unico
Dio, e per i cristiani, come luogo della crocifissione e della
risurrezione di Gesù Cristo. Ma, all’epoca di Macario, Gerusalemme non
c’è più. Già nell’anno 70, dopo aver schiacciato un’insurrezione
antiromana, il futuro imperatore Tito aveva distrutto il Tempio. Nel
135, poi, dopo un’altra rivolta al tempo dell’imperatore Adriano, la
città stessa è stata rasa al suolo, perdendo anche il nome: sulle sue
rovine è sorta infatti una colonia romana chiamata Aelia Capitolina,
col suo Campidoglio costruito sul luogo della sepoltura di Gesù. Macario
vive come vescovo un momento importantissimo. Dopo l’ultima
persecuzione anticristiana, ordinata e poi disdetta dall’imperatore
Galerio (anni 305-311), i suoi successori, Costantino e Licinio, danno
ai cristiani piena libertà di praticare la loro fede, di celebrare il
culto, di costruire chiese. È la
“pace costantiniana” estesa a tutto l’Impero, e dunque anche a
Gerusalemme, dove Macario si mette al lavoro; ottiene dal sovrano il
consenso per abbattere il Campidoglio, e così fa tornare alla luce
l’area del Calvario e del Sepolcro. Su di essa sorgerà più tardi la
basilica grandiosa della Risurrezione. Qui verrà in pellegrinaggio anche
Elena, la vecchia madre di Costantino, prima di una serie infinita di
pellegrini. Negli stessi anni
c’è nel mondo cristiano un’aspra divisione, provocata dalla dottrina
del prete libico Ario, sulla natura di Gesù Cristo. Macario, da
Gerusalemme, si oppone subito alla dottrina ariana, e interviene poi
nel maggio del 325 al Concilio celebrato a Nicea (presso
Costantinopoli), dove viene confermata la dottrina tradizionale. Si
ritiene anzi che il vescovo Macario sia stato uno degli autori del
“Simbolo niceno”, ossia del Credo che ancora oggi pronunciamo nella
Messa, professando la fede "in un solo Dio, Padre Onnipotente" e "in un
solo Signore, Gesù Cristo... Dio vero da Dio vero".
Autore: Domenico Agasso

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