(Andrea Kim Taegon, Paolo Chong Hasang e 101 compagni)
Emblema: Palma
La
Chiesa coreana ha la caratteristica forse unica, di essere stata
fondata e sostenuta da laici; infatti agli inizi del 1600 la fede
cristiana comparve in Corea tramite le delegazioni che ogni anno
visitavano Pechino in Cina, per uno scambio culturale con questa
Nazione, molto stimata in tutto l’Estremo Oriente. E in Cina i coreani
vennero in contatto con la fede cristiana, portando in patria il
libro del grande padre Matteo Ricci “La vera dottrina di Dio”; e un
laico, Lee Byeok grande pensatore, ispirandosi al libro del famoso
missionario gesuita, fondò una prima comunità cristiana molto attiva.
Intorno al 1780, Lee Byeok pregò un suo amico Lee-sunghoon, che
faceva parte della solita delegazione culturale in partenza per la
Cina, di farsi battezzare e al ritorno portare con sé libri e scritti
religiosi adatti ad approfondire la nuova fede. Nella primavera del
1784 l’amico ritornò con il nome di Pietro, dando alla comunità un
forte impulso; non conoscendo bene la natura della Chiesa, il gruppo
si organizzò con una gerarchia propria celebrando il battesimo e non
solo, ma anche la cresima e l’eucaristia. Informati dal vescovo di
Pechino che per avere una gerarchia occorreva una successione
apostolica, lo pregarono di inviare al più presto dei sacerdoti;
furono accontentati con l’invio di un prete Chu-mun-mo, così la
comunità coreana crebbe in poco tempo a varie migliaia di fedeli.
Purtroppo anche in Corea si scatenò ben presto una persecuzione fin dal
1785, che si incrudeliva sempre più, finché nel 1801 anche l’unico
prete venne ucciso, ma questo non bloccò affatto la crescita della
comunità cristiana. Il re nel 1802 emanò un editto di stato, in cui
si ordinava addirittura lo sterminio dei cristiani, come unica
soluzione per soffocare il germe di quella “follia”, ritenuta tale dal
suo governo. Rimasti soli e senza guida spirituale, i cristiani
coreani chiedevano continuamente al vescovo di Pechino e anche al papa
di avere dei sacerdoti; ma le condizioni locali lo permisero solo
nel 1837, quando furono inviati un vescovo e due sacerdoti delle
Missioni Estere di Parigi; i quali penetrati clandestinamente in
Corea furono martirizzati due anni dopo. Un secondo tentativo operato
da Andrea Kim Taegon, riuscì a fare entrare un vescovo e un
sacerdote, da quel momento la presenza di una gerarchia cattolica in
Corea non mancherà più, nonostante che nel 1866 si ebbe la
persecuzione più accanita; nel 1882 il governo decretò la libertà
religiosa. Nelle persecuzioni coreane perirono, secondo fonti locali,
più di 10.000 martiri, di questi 103 furono beatificati in due gruppi
distinti nel 1925 e nel 1968 e poi canonizzati tutti insieme il 6
maggio 1984 a Seul in Corea da papa Giovanni Paolo II; di questi solo
10 sono stranieri, 3 vescovi e 7 sacerdoti, gli altri tutti coreani,
catechisti e fedeli. Di seguito diamo un breve tratto biografico dei
due capoelenco liturgico del gruppo dei 103 santi martiri: Andrea Kim
Taegon e Paolo Chong Hasang. Andrea nato nel 1821 da una nobile
famiglia cristiana, crebbe in un ambiente decisamente ispirato ai
principi cristiani, il padre in particolare aveva trasformato la sua
casa in una ‘chiesa domestica’, ove affluivano i cristiani ed i
neofiti della nuova fede, per ricevere il battesimo, scoperto tenne
con forza la sua fede, morendo a 44 anni martire. Aveva 15 anni
quando uno dei primi missionari francesi arrivati in Corea nel 1836,
lo inviò a Macao per prepararlo al sacerdozio. Ritornò come diacono
nel 1844 per preparare l’entrata del vescovo mons. Ferréol,
organizzando una imbarcazione con marinai tutti cristiani, andando a
prenderlo a Shanghai, qui fu ordinato sacerdote e insieme, di nascosto
con un viaggio avventuroso, penetrarono in Corea, dove lavorarono
insieme sempre in un clima di persecuzione. Con la nobiltà del suo
atteggiamento, con la capacità di comprendere la mentalità locale,
riuscì ad ottenere ottimi risultati d’apostolato. Nel 1846 il vescovo
Ferréol lo incaricò di far pervenire delle lettere in Europa, tramite
il vescovo di Pechino, ma durante il suo incontro con le barche
cinesi, fu casualmente scoperto ed arrestato. Subì gli interrogatori e
gli spostamenti di carcere prima con il mandarino, poi con il
governatore e giacché era un nobile, alla fine con il re e a tutti
manifestò la fedeltà al suo Dio, rifiutando i tentativi di farlo
apostatare, nonostante le atroci torture; alla fine venne decapitato
il 16 settembre del 1846 a Seul; primo sacerdote martire della
nascente Chiesa coreana. Paolo Chong Hasang. Eroico laico coreano,
era nato nel 1795 a Mahyan, il padre Agostino e il fratello Carlo
vennero martirizzati nel 1801, la sua famiglia composta da lui, la
madre Cecilia e la sorella Elisabetta, venne imprigionata e privata
di ogni bene, furono costretti ad andare ospiti di un parente, ma
appena gli fu possibile si trasferì a Seul aggregandosi alla comunità
cristiana; perlomeno quindici volte andò in Cina a Pechino in viaggi
difficilissimi fatti a piedi, spinto dall’eroismo di una fede
genuina, professata nonostante i gravi pericoli. Collaborò
alacremente affinché il primo sacerdote Yan arrivasse in Corea e poi
dopo di lui i missionari francesi: il vescovo Imbert ed i sacerdoti
Maubant e Chastan. Fu accolto con la madre e la sorella dal vescovo
Imbert, il quale desiderava farlo diventare sacerdote, ma la
persecuzione infuriava e un apostata li tradì, facendoli
imprigionare. Paolo Chong Hasang venne interrogato e torturato per
fargli abbandonare la religione straniera a cui si era associato, ma
visto la sua grande fermezza, venne condannato e decapitato il 22
settembre 1839, insieme al suo caro amico Agostino Nyon, anche lui
firmatario di una petizione al papa per l’invio di un vescovo in
Corea. Anche la madre e la sorella vennero uccise dopo alcuni mesi.
Il vescovo e i due sacerdoti delle Missioni Estere di Parigi, vennero decapitati anche loro nel 1839.
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