Tre rose io m’ebbi, tre pudiche rose
Conforto e premio alla difficil via,
E dissi al fato: or più dilette cose
Dai non puoi né più sacre all’alma mia.
Ma qual pregio, o gentil tra le vezzose
Che l’odorata aura di maggio aprìa,
Qual altro pregio il cielo in te ripose
Poi che il vate d’Arnaldo a me t’invia!
Oh no! non urna preziosa tanto
Che di te degna sia, possiedo, o fiore,
Ch’io bacio e spargo di devoto pianto.
Ma qui starai, qui, sull’ardente core;
E tu v’addoppia, se t’è dato, il santo
Foco dell’arte e il cittadino amore.
Giannina Milli
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