Sacerdote
Xavier, Spagna,7 /4/ 1506 - Isola di Sancian, Cina, 3/12/ 1552
Xavier, Spagna,7 /4/ 1506 - Isola di Sancian, Cina, 3/12/ 1552
Patronato: Giappone, India, Pakistan, Missioni, Missionari, Marinai
Etimologia: Francesco = libero, dall'antico tedesco
Etimologia: Francesco = libero, dall'antico tedesco
Questo
pioniere delle missioni dei tempi moderni, patrono dell'Oriente dal
1748, dell'Opera della Propagazione della Fede dal 1904, di tutte le
missioni con S. Teresa di Gesù Bambino dal 1927, nacque da nobili
genitori nel castello di Xavier, nella Navarra. Francesco non sarebbe
diventato un giurista e un amministratore come suo padre, né un
guerriero come i suoi fratelli maggiori, ma un ecclesiastico come un
qualunque cadetto del tempo. Per questo nel 1525 si recò ad addottorarsi
all'università di Parigi sognando pingui benefici nella diocesi di
Pamplona. Il suo incontro con Ignazio di Loyola fu provvidenziale perché
lo trasformò da campione di salto e di corsa in araldo del Vangelo, da
professore di filosofia in Santo. Assegnato nel collegio di Santa
Barbara alla medesima stanza del Saverio, il fondatore della Compagnia
di Gesù aveva visto a fondo nell'anima di lui, gli si era affezionato e
più volte gli aveva detto: "Che giova all'uomo guadagnare anche tutto
il mondo, se poi perde l 'anima?. Più tardi Ignazio confiderà che
Francesco fu "il più duro pezzo di pasta che avesse mai avuto da
impastare" e il Saverio, nel fare quaranta giorni di ritiro sotto la
direzione d'Ignazio prima d'iniziare lo studio della teologia, pregherà:
"Ti ringrazio, o Signore, per la provvidenza di avermi dato un
compagno come questo Ignazio, dapprima così poco simpatico". Il
15-8-1534 anche lui, insieme al Loyola, nella chiesetta di Santa Maria
di Montmartre fece voto di castità e di povertà e di pellegrinare in
Palestina o, in caso d'impossibilità, di andare a Roma per mettersi a
disposizione del papa. Anche lui, all'inizio del 1537, si trovò con gli
altri primi sei compagni all'appuntamento fissato a Venezia, ma la
guerra scoppiata tra la Turchia e la Repubblica Veneta impedi loro di
mandare ad effetto il voto fatto. Ignazio e i suoi discepoli si
dedicarono allora all'assistenza dei malati nell'ospedale
degl'Incurabili fondato da S. Gaetano da Thiene e, dopo essere stati
ordinati sacerdoti, alla predicazione per le piazze in uno strano
miscuglio di lingue neo-latine. A Bologna specialmente il Saverio si
acquistò fama di predicatore e di consolatore dei malati e dei
carcerati, ma in sei mesi si rovinò la salute dandosi ad austerissime
penitenze. S. Ignazio lo chiamò a Roma come suo segretario. Nella
primavera del 1539 egli prese parte alla fondazione della Compagnia di
Gesù e, l'anno dopo, fu mandato nelle Indie Orientali in qualità di
legato papale per tutte le terre situate ad oriente del capo di Buona
Speranza, in seguito alle insistenti preghiere rivolte da Giovanni III,
re del Portogallo, a Ignazio per avere sei missionari. Durante
il penoso viaggio a vela, protrattosi per tredici mesi, il Saverio si
sovraspese per l'assistenza spirituale ai 300 passeggeri facenti parte
non certo della "buona società", nonostante che per due mesi avesse
sofferto il mal di mare. Una notte, all'ospedale di Mozambico, avendolo
il medico trovato tremante di febbre, gli ordinò di andare a letto.
Poiché un marinaio stava morendo impenitente, gli rispose: "Non posso
andarci. Un fratello ha tanto bisogno di me". Stabilitosi nel collegio
di San Paolo a Goa, cominciò il suo apostolato (1542) tra la colonia
portoghese che con la sua vita immorale scandalizzava persino i,pagani.
Poi estese il suo ministero ai malati, ai prigionieri e agli schiavi
con tanta premura da meritare il titolo di "Santo Padre" e "Grande
Padre". Con un campanello raccoglieva per le strade i fanciulli e ad
essi insegnava il catechismo e cantici spirituali. Dopo
cinque mesi il governatore delle Indie lo mandò al sud del paese dove i
portoghesi avevano costruito le loro fortezze, avviato i loro commerci
e battezzato gl'indigeni e i prigionieri di guerra senza sufficiente
preparazione. Molti di essi erano ricaduti nell'idolatria, come i
pescatori di perle della costa del Paravi i quali, otto anni prima,
avevano chiesto il battesimo per essere difesi dai maomettani.
Francesco, che non possedeva il dono delle lingue, con l'aiuto
d'interpreti tradusse subito nei loro idiomi le principali preghiere e
verità della fede. Poi, per due anni, passò di villaggio in villaggio, a
piedi o su disagevoli imbarcazioni di cabotaggio, esposto a mille
pericoli, fondando chiese e scuole, facendosi a tutti maestro, medico,
giudice nelle liti, difensore contro le esazioni dei portoghesi,
salutato ovunque quale Santo e taumaturgo. "Talmente grande è la
moltitudine dei convertiti - scriveva egli - che sovente le braccia mi
dolgono tanto hanno battezzato e non ho più voce e forza di ripetere il
Credo e i comandamenti nella loro lingua". In un mese arrivò a
battezzare 10.000 pescatori della casta dei Macua, nel Travancore.
Mentre era intento ad amministrare il sacramento, ricevette la triste
notizia che 600 cristiani di Manaar avevano preferito lasciarsi uccidere
anziché tornare al paganesimo. Ne provò un momento di sconforto: "Sono
così stanco di vivere - scrisse - che la migliore cosa per me sarebbe
morire per la nostra Santa fede". Lo rattristava il vedere commettere
tanti peccati e non poterci fare nulla. Benché
continuamente a disposizione del prossimo, il Santo fu sempre trattato
male da ufficiali e mercanti portoghesi, decisi a non permettere che
la sua caccia alle anime intralciasse loro la ricerca di piaceri e di
ricchezze. Noncurante degli uomini, negli anni successivi (1545-1547)
egli aprì nuovi campi all'apostolato. Predicò per quattro mesi
nell'importante centro commerciale di Malacca; visitò l'arcipelago delle
Molucche; nell'isola di Amboina, presso la Nuova Guinea, riuscì ad
avvicinare la popolazione impaurita di un villaggio stando seduto e
cantando tutti gl'inni che sapeva; si spinse fino all'isola di Ternate,
estrema fortezza dei portoghesi, e più oltre ancora, fino alle isole
del Moro, al nord delle Molucche, abitate da cacciatori di teste. Colà
agli ospiti indesiderati si servivano pietanze avvelenate. Quando il
Saverio decise di visitarle, gli suggerirono di portare con sé degli
antidoti, ma egli preferì riporre in Dio tutta la sua fiducia. "Queste
isole - scriverà il 20-1-1548 - sono fatte e disposte a meraviglia
perché vi ci si perda la vista in pochi anni per l'abbondanza delle
lacrime di consolazione... Io circolavo abitualmente nelle isole
circondate da nemici e popolate da amici poco sicuri, attraverso terre
sprovviste di qualsiasi rimedio per le malattie e prive di qualsiasi
soccorso per conservare la vita". Ciononostante egli pregava: "Non
allontanarmi, o Signore, da queste tribolazioni se non hai da mandarmi
dove io possa soffrire ancora di più per amore tuo". Dopo
tre mesi di fatiche, tornò a Ternate. Il sultano regnante fece buona
accoglienza al missionario, ma alla fede cristiana preferì le sue cento
mogli e le numerose concubine. Raggiunta Malacca nel dicembre 1547, la
Provvidenza fece incontrare al Saverio un fuggiasco giapponese, Anjiro,
desideroso di farsi cristiano per liberarsi dal rimorso cagionatogli
da un delitto commesso in patria. Il Santo rimase talmente sedotto
dalle notizie da lui avute sul Giappone e i suoi abitanti che concepì
un estremo desiderio di andarli ad evangelizzare. Dopo aver provveduto
per il governo del Collegio di San Paolo a Goa e l'invio di missionari
nelle località visitate, parti per il Giappone in compagnia di Anjiro,
suo collaboratore. Sbarcò a Kagoshima, nell'isola di Kiu-Sciu, il
15-8-1548. Il principe Shimazu Takahisa lo accolse gentilmente, e
mentre egli studiava la lingua del paese, Anjíro convertiva al
cattolicesimo oltre un centinaio di parenti e amici. "I Giapponesi -
scrisse il Saverio in Europa - sono il migliore dei popoli". Quando il
principe, sobillato dai bonzi, vietò ogni ulteriore battesimo, il
coraggioso missionario decise di presentarsi addirittura all'imperatore
e alle università della capitale, Miyako (Kyoto), ma a causa della
guerra civile endemica le università non vollero aprirgli le porte e
l'imperatore in fuga non volle riceverlo (1551), perché sprovvisto di
doni e poveramente vestito. Si presentò allora in splendidi abiti e con
preziosi doni al principe di Yamaguchí che gli concesse piena libertà
di predicazione. In breve tempo egli riuscì a creare una fiorente
cristianità che formò 1e delizie della sua anima" e ad estenderla nel
vicino regno di Bungo. Quando
nell'inverno del 1551, richiamato da urgenti affari, il Saverio
ritornò in India, in Giappone c'erano oltre 1.000 cristiani. Le fatiche
avevano imbiancato i suoi capelli. Quante volte, sempre immerso nella
preghiera, aveva dovuto camminare a piedi nudi e sanguinanti o passare a
guado fiumi gelati! Quante volte, affamato e intirizzito, era stato
cacciato dalle locande a sassate! Sovente cadde esausto sul ciglio delle
strade. Per poter proseguire il suo viaggio talora dovette occuparsi
come stalliere presso viaggiatori più fortunati. Per
i Giapponesi, i Cinesi erano i maestri indiscussi di ogni scibile.
Essendosi sempre sentito opporre dai bonzi che se la religione cristiana
fosse stata vera, i cinesi l'avrebbero già conosciuta, decise di
andarli a convertire. Poiché la prigione o la morte erano la sorte che
toccava a tutti gli stranieri che cercavano di entrare in quel paese, il
Saverio organizzò un'ambasciata alla corte dell'imperatore della Cina,
di cui egli avrebbe fatto parte. A Malacca però l'ammiraglio
portoghese in carica, irritato perché non era stato scelto lui come
ambasciatore, mandò a monte il progettato viaggio denunciando
pubblicamente il Santo come falsificatore di bolle papali e imperiali.
Senza lasciarsi abbattere dal grave colpo, l'illuminato apostolo il
17-4-1552 approdò all'isola di Sanciano con un servo cinese convertito,
Antonio di Santa Fe. Colà trovò antichi amici che gli offersero
ospitalità e un contrabbandiere che per 200 ducati si dichiarò disposto
a sbarcarli segretamente alle porte di Canton. Ad un amico il Santo
scrisse: "Pregate molto per noi, perché corriamo grande pericolo di
essere imprigionati. Tuttavia, già ci consoliamo anticipatamente al
pensiero che è meglio essere prigionieri per puro amor di Dio, che
essere liberi per avere voluto fuggire il tormento e la pena della
croce". Il
giorno stabilito il contrabbandiere mancò alla parola data. Nel rigido
inverno, il Saverio si ammalò di polmonite, e privo com'era di ogni cura
morì in una capanna il 3-12-1552 dopo avere più volte ripetuto: "Gesù,
figlio di Davide, abbi pietà di me! 0 Vergine, Madre di Dio, ricordati
di me!". Il suo corpo fu seppellito dal servo nella parte
settentrionale dell'isola, in una cassa ripiena di calce. Due anni dopo
fu trasportato, integro e intatto, prima a Malacca e poi a Goa, dove
si venera nella chiesa del Buon Gesù.
Paolo V beatificò il Saverio il 21-10-1619 e Gregorio XV lo canonizzò il 12-3-1622. Si calcola che il Santo missionario abbia conferito il battesimo a circa 30.000 pagani. Martirologio Romano
Paolo V beatificò il Saverio il 21-10-1619 e Gregorio XV lo canonizzò il 12-3-1622. Si calcola che il Santo missionario abbia conferito il battesimo a circa 30.000 pagani. Martirologio Romano
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