Sacerdote e dottore della Chiesa
Nimega, Olanda, 1521 - Friburgo, Svizzera, 21 dicembre 1597
Etimologia: Pietro = pietra, sasso squadrato, dal latino
Gesuita e
teologo presente come perito al Concilio di Trento.Olandese di
nascita, nel 1548 fu inviato dal fondatore dei Gesuiti, sant’Ignazio di
Loyola (1491-1556), in Germania. Il Papa ne richiama le parole
annotate nel suo diario e riferite alla Basilica di San Pietro, dove
il santo si era recato per pregare: «Là io ho sentito che una grande
consolazione e la presenza della grazia mi erano concesse per mezzo
di tali intercessori [Pietro e Paolo]. Essi confermavano la mia
missione in Germania e sembravano trasmettermi, come ad apostolo
della Germania, l’appoggio della loro benevolenza. Tu conosci,
Signore, in quanti modi e quante volte in quello stesso giorno mi hai
affidato la Germania per la quale in seguito avrei continuato ad
essere sollecito, per la quale avrei desiderato vivere e morire». I
tempi per una missione in Germania non erano facili: «ci troviamo –
ricorda il Papa – nel tempo della Riforma luterana, nel momento in
cui la fede cattolica nei Paesi di lingua germanica, davanti al
fascino della Riforma, sembrava spegnersi. Era un compito quasi
impossibile quello di Canisio, incaricato di rivitalizzare, di
rinnovare la fede cattolica nei Paesi germanici». Ma, nutrito della
spiritualità di sant’Ignazio, san Pietro Canisio riuscì sia a
rafforzare la fede cattolica là dov’era rimasta maggioritaria – in
Baviera, poi a Vienna, a Praga e in Polonia, dove fu nunzio
pontificio – sia a mantenerla nelle regioni tedesche a maggioranza
protestante. Partecipò anche ai colloqui di Worms del 1557 con i
dirigenti protestanti, fra cui Filippo Melantone (1497-1560), che
sfiorarono una riconciliazione poi sfumata soprattutto per
l’opposizione dei principi protestanti tedeschi. Consacrò l’ultima
parte della sua vita a Friburgo, in Svizzera, dove si era ritirato
nel 1580 e dove morirà nel 1597, alla predicazione e alla stesura
delle sue ultime opere. San
Pietro pubblicò in effetti numerosi volumi. «Ma i suoi scritti più
diffusi – nota il Pontefice – furono i tre Catechismi composti tra il
1555 e il 1558. Il primo Catechismo era destinato agli studenti in
grado di comprendere nozioni elementari di teologia; il secondo ai
ragazzi del popolo per una prima istruzione religiosa; il terzo ai
ragazzi con una formazione scolastica a livello di scuole medie e
superiori. La dottrina cattolica era esposta con domande e risposte,
brevemente, in termini biblici, con molta chiarezza e senza accenni
polemici. Solo nel tempo della sua vita sono state ben 200 le
edizioni di questo Catechismo! E centinaia di edizioni si sono
succedute fino al Novecento. Così in Germania, ancora nella
generazione di mio padre, la gente chiamava il Catechismo
semplicemente il Canisio: è realmente il catechista per secoli, ha
formato la fede di persone per secoli». Si
può dire che la caratteristica fondamentale della missione tedesca
di san Pietro Canisio sia stata, afferma Benedetto XVI, «saper
comporre armoniosamente la fedeltà ai principi dogmatici con il
rispetto dovuto ad ogni persona. San Canisio ha distinto l'apostasia
consapevole, colpevole, dalla fede, dalla perdita della fede
incolpevole, nelle circostanze. E ha dichiarato, nei confronti di
Roma, che la maggior parte dei tedeschi passata al Protestantesimo
era senza colpa. In un momento storico di forti contrasti
confessionali, evitava – questa è una cosa straordinaria – l’asprezza
e la retorica dell’ira – cosa rara come ho detto a quei tempi nelle
discussioni tra cristiani, – e mirava soltanto alla presentazione
delle radici spirituali e alla rivitalizzazione della fede nella
Chiesa». Fermezza nella dottrina, contro ogni sincretismo e
relativismo, e cordialità nelle relazioni personali, contro un certo
zelo amaro, costituiscono la formula per l’ecumenismo che il Papa ha
recentemente proposto, con riferimento specifico proprio ai
luterani, nella recente Settimana di preghiera per l’unità dei
cristiani. Per mettere in
pratica questa formula non serve solo un profondo sapere teologico.
Serve anche la vita spirituale, che in san Pietro Canisio era
alimentata fin dalla giovinezza secondo il Papa «dalla devotio moderna
e dalla mistica renana», movimenti di risveglio spirituale fioriti
tra la fine del XV secolo e i primi decenni del XVI. «È
caratteristica per la spiritualità di san Canisio – afferma ancora il
Papa – una profonda amicizia personale con Gesù. Scrive, per
esempio, il 4 settembre 1549 nel suo diario, parlando con il
Signore: “Tu, alla fine, come se mi aprissi il cuore del
Sacratissimo Corpo, che mi sembrava di vedere davanti a me, mi hai
comandato di bere a quella sorgente, invitandomi per così dire ad
attingere le acque della mia salvezza dalle tue fonti, o mio
Salvatore”. E poi vede che il Salvatore gli dà un vestito con tre
parti che si chiamano pace, amore e perseveranza». Il
Papa identifica tre radici della spiritualità del santo: la mistica
certosina, gli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola e la
devozione al Sacro Cuore. «All’amicizia con Gesù san Pietro Canisio
si era formato nell’ambiente spirituale della Certosa di Colonia,
nella quale era stato a stretto contatto con due mistici certosini:
Johann Lansperger, latinizzato in Lanspergius [1489-1539], e Nicolas
van Hesche, latinizzato in Eschius [1507-1578]. Successivamente
approfondì l’esperienza di quell’amicizia, familiaritas stupenda
nimis, con la contemplazione dei misteri della vita di Gesù, che
occupano larga parte negli Esercizi spirituali di sant’Ignazio. La
sua intensa devozione al Cuore del Signore, che culminò nella
consacrazione al ministero apostolico nella Basilica Vaticana, trova
qui il suo fondamento» Dalla
frequenza personale con sant’Ignazio deriva per san Pietro Canisio il
convincimento che «non si dà anima sollecita della propria
perfezione che non pratichi ogni giorno la preghiera, l’orazione
mentale, mezzo ordinario che permette al discepolo di Gesù di vivere
l’intimità con il Maestro divino. Perciò, negli scritti destinati
all’educazione spirituale del popolo, il nostro Santo insiste
sull’importanza della Liturgia con i suoi commenti ai Vangeli, alle
feste, al rito della santa Messa e degli altri Sacramenti, ma, nello
stesso tempo, ha cura di mostrare ai fedeli la necessità e la bellezza
che la preghiera personale quotidiana affianchi e permei la
partecipazione al culto pubblico della Chiesa». Questi
tesori della spiritualità ignaziana, afferma il Papa, «conservano
intatto il loro valore, specialmente dopo che sono stati riproposti
autorevolmente dal Concilio Vaticano II nella Costituzione
Sacrosanctum Concilium: la vita cristiana non cresce se non è
alimentata dalla partecipazione alla Liturgia, in modo particolare
alla santa Messa domenicale, e dalla preghiera personale quotidiana,
dal contatto personale con Dio. In mezzo alle mille attività e ai
molteplici stimoli che ci circondano, è necessario trovare ogni
giorno dei momenti di raccoglimento davanti al Signore per
ascoltarlo e parlare con Lui». Questo
vale per tutti i fedeli, ma vale tanto di più per chi è chiamato ad
annunciare ad altri il Vangelo. La vita di san Pietro Canisio è la
prova che «il ministero apostolico è incisivo e produce frutti di
salvezza nei cuori solo se il predicatore è testimone personale di Gesù
e sa essere strumento a sua disposizione, a Lui strettamente unito
dalla fede nel suo Vangelo e nella sua Chiesa, da una vita
moralmente coerente e da un’orazione incessante come l’amore. E
questo vale per ogni cristiano che voglia vivere con impegno e
fedeltà la sua adesione a Cristo».
Autore: Massimo Introvigne
Nessun commento:
Posta un commento