nome d'arte di Amerigo Armando Gilberto Govi
è stato un attore italiano. Fondatore del teatro dialettale genovese,
è considerato uno dei simboli della città della Lanterna
Nato nel popolare quartiere di Oregina-Lagaccio, da Anselmo, funzionario delle ferrovie di origine modenese, e dalla bolognese Francesca Gardini, detta Fanny, gli venne dato il nome di Gilberto in onore di uno zio paterno. Frequentò le scuole insieme al fratello Amleto, ma fu durante una vacanza a Bologna
presso lo zio materno Torquato, attore dilettante, che iniziò a
entusiasmarsi per il teatro e a divertirsi nel vederlo recitare.
Nonostante il padre desiderasse per lui una carriera di funzionario
delle ferrovie, si appassionò sempre più per il teatro iniziando a
frequentare una compagnia teatrale: a dodici anni, nel 1897, recitava già in una filodrammatica. La predisposizione al disegno lo portò ad iscriversi all'Accademia di Belle Arti dell'Accademia Ligustica.
A sedici anni completò il corso all'Accademia e venne assunto presso le
Officine Elettriche Genovesi come disegnatore; nello stesso tempo entrò
in una nuova compagnia teatrale dilettante facente parte dell'Accademia
Filodrammatica Italiana con sede al Teatro Nazionale di Genova.Nel 1911 incontrò per la prima volta, in filodrammatica, Caterina Franchi, in arte Rina Gaioni, cognome del patrigno, divenuta poi sua moglie con una cerimonia intima e riservata il 26 settembre 1917 e che gli restò sino alla fine accanto, sia nella vita che come partner nella carriera teatrale.Intanto formò una piccola compagnia di attori dilettanti, recitando in dialetto genovese. In seguito fondò un vero e proprio teatro dialettale genovese, che a quei tempi non aveva una tradizione consolidata.Intorno al 1913
fondò la compagnia "La dialettale", recitando a Genova ed in provincia
con sempre crescente successo: si divideva tra il ruolo di capocomico,
direttore artistico e animatore. La compagnia continuò ininterrottamente
a recitare anche durante la Prima guerra mondiale. Nel 1931 fondò così una nuova compagnia, la Compagnia dialettale genovese, esibendosi nei maggiori teatri cittadini sempre con grande successo.Nel 1923 rappresentò al Teatro Filodrammatici di Milano la commedia I manezzi pe maj na figgia
(Gli artifici per maritare una figlia, di Niccolò Bacigalupo): fu
l'inizio del successo, a livello nazionale e successivamente
internazionale. A questo punto
decise con grande coraggio di lasciare il posto fisso, sicuro, di
disegnatore alle Officine Elettriche Genovesi per dedicarsi solo al
teatro. Gli inizi non furono semplici, soprattutto per la scelta del
repertorio da rappresentare.Intanto
Govi non smetteva di disegnare le sue maschere da cui nascevano i
personaggi da portare in scena. Il suo volto, tracciato con mano ferma
in tutte le posizioni, di fronte come di profilo, ed in ogni ruga ed
espressione, campeggiava nei foyer dei teatri come una galleria di
quadri che entusiasmava ulteriormente gli spettatori gratificandoli di
un valore aggiunto.Nel 1926 Govi lasciò per la prima volta l'Italia per la sua prima tournée in America Latina,
una vera e propria spedizione in piroscafo, durata mesi, che lo portò a
rappresentare in giro per il mondo ben settantotto commedie,
direttamente nei luoghi dove vivevano numerosi italiani, che da pochi
anni avevano ripreso un intenso movimento migratorio, specie verso l'Argentina e l'Uruguay.Fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale
la sua carriera fu sempre in ascesa, con ripetute tournée teatrali sia
in Italia che all'estero. Il conflitto mondiale non risparmiò tuttavia
neppure la sua abitazione genovese, colpita dai pesanti bombardamenti
portati dal mare e dal cielo, e assieme ad essa l'attore avrebbe voluto
ricostruire anche il proprio repertorio, che sentiva forse ormai
superato da nuove istanze; in quel periodo era dubbioso, non avendo la
certezza che il pubblico lo gradisse ancora, nonostante le sue commedie
riscuotessero il consueto successo e la gente accorresse sempre numerosa
ai suoi spettacoli in ogni città.Nel periodo bellico e post bellico si cimentò come attore cinematografico
in quattro film dall'esito piuttosto insoddisfacente: i titoli che si
ricordano - due dei quali tratti da suoi lavori teatrali .Ma
i ritmi del cinema, con le ripetute pause, e la tecnica recitativa
differente rispetto a quella del palcoscenico non lo entusiasmavano.
Ebbe però l'occasione di lanciare brillanti comici, che apparentemente
lo lasciavano un po' in soggezione sul set, i giovanissimi Walter Chiari ed Alberto Sordi.Non fece realmente neppure a tempo ad avere un rapporto approfondito con il mezzo televisivo,
nato da pochi anni quando Govi stava ormai avviandosi verso la parte
finale della carriera; il piccolo schermo, tuttavia, gli consentì,
grazie alla registrazione dal vivo di alcuni spettacoli, di farsi
conoscere dal grande pubblico e dalle generazioni successive.Fortunatamente
oggi possiamo ancora vedere sei commedie rappresentate in televisione,
salvate dalla distruzione in maniera rocambolesca negli anni settanta da un impiegato collezionista appassionato di teatro.Le dodici commedie sono state pubblicate in dvd nel 2004 .Quella del 1960 fu la sua ultima stagione teatrale, quando portò in scena la commedia Il porto di casa mia scritta dal poeta Enrico Bassano;
a settantacinque anni di età capì che era giunto il momento di lasciare
il palcoscenico e dedicarsi ad un meritato riposo: sosteneva infatti
che il teatro è come una bella donna: bisogna lasciarla prima che sia lei a lasciare te. Apparve ancora sugli schermi televisivi in qualche rara intervista e in diversi Caroselli del 1961,
per una marca di tè, dove interpretava il simpatico personaggio di
Bàccere Baciccia, portiere di un caseggiato genovese, conosciuto da
tutti per l'estrema tirchieria ma adorato dai bambini, ai quali ripeteva
una frase rimasta celebre: Da quell'orecchio, non ci sento; da
quell'altro, così così....
Va ricordato che la macchietta era ripresa direttamente da una antica maschera genovese: quella, appunto, del Baciccia.Nel 1962 si ammalò; morì a Genova il 28 aprile 1966, a ottantuno anni. Ai funerali, celebrati nella centrale Chiesa di Santa Zita, affollata all'inverosimile, partecipò tutta la città. Tra i presenti alla cerimonia, anche Erminio Macario, visibilmente commosso. È stato sepolto al cimitero di Staglieno a Genova.
Va ricordato che la macchietta era ripresa direttamente da una antica maschera genovese: quella, appunto, del Baciccia.Nel 1962 si ammalò; morì a Genova il 28 aprile 1966, a ottantuno anni. Ai funerali, celebrati nella centrale Chiesa di Santa Zita, affollata all'inverosimile, partecipò tutta la città. Tra i presenti alla cerimonia, anche Erminio Macario, visibilmente commosso. È stato sepolto al cimitero di Staglieno a Genova.
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