Religiosa
Roma, 1384 – 9 marzo 1440
Patronato: Motoristi
Etimologia: Francesca = libera, dall'antico tedesco
La
nobile Francesca Bussa de’ Buxis de’ Leoni, nacque in una famiglia
abitante nei pressi di Piazza Navona e fu battezzata e cresimata nella
chiesa di Sant’Agnese al Circo Agonale. Ebbe
un’educazione elevata per una fanciulla del suo tempo, grandicella
accompagnava la madre Jacovella de’ Broffedeschi, nelle visite alle
varie chiese del suo rione, ma spesso fino alla lontana chiesa di santa
Maria Nova sull’antica Via Sacra, gestita dai Benedettini di Monte
Oliveto, dai quali la madre era solito confessarsi e in questa chiesa,
anche Francesca trovò il suo primo direttore spirituale, padre
Antonello di Monte Savello, che ben presto si accorse della vocazione
della fanciulla alla vita monastica, nonostante vivesse negli agi di
una ricca e nobile famiglia. Ma
fu proprio questo benedettino a convincerla ad accettare la volontà
del padre, Paolo Bussa de’ Buxis de’ Leoni, che secondo i costumi
dell’epoca, aveva combinato per la dodicenne Francesca, un matrimonio
con il nobile Lorenzo de’ Ponziani; il padre, in quel periodo
conservatore del Comune di Roma, intendeva così allearsi ad un’altra
famiglia nobile. Una
volta sposata, Francesca andò ad abitare nel palazzo dei Ponziani, ma
l’inserimento nella nuova famiglia non fu facile, e questa difficoltà
si aggiunse alla sofferenza provata per aver dovuto rinunciare alla
sua vocazione religiosa; ne scaturì uno stato di anoressia che la
sprofondò nella prostrazione. Si
cercò di sollevarla da questa preoccupante situazione ma invano;
finché all’alba del 16 luglio 1398 le apparve in sogno sant’Alessio che
le diceva: “Tu devi vivere… Il Signore vuole che tu viva per
glorificare il suo nome”. Al
risveglio Francesca, accompagnata dalla cognata Vannozza, si recò alla
chiesa dedicata al santo pellegrino sull’Aventino, per ringraziarlo e
da allora la sua vita cambiò, accettando la sua condizione di sposa e
a 16 anni ebbe il primo dei tre figli, che amò teneramente, ma
purtroppo solo uno arrivò all’età adulta. Con la cognata Vannozza,
prese a dedicare il suo tempo libero dagli impegni familiari, a
soccorrere poveri ed ammalati. Francesca perciò volle dedicarsi a
sollevare li misere condizioni dei suoi concittadini più bisognosi;
nel 1401 essendo morta la moglie, il suocero Andreozzo Ponziani le
affidò le chiavi delle dispense, dei granai e delle cantine; Francesca
ne approfittò per aumentare gli aiuti ai poveri e in pochi mesi i
locali furono svuotati. Il suocero allibito decise di riprendersi le
chiavi, ma ecco che essendo rimasta nei granai soltanto la pula,
Francesca, Vannozza e una fedele serva, per cercare di soddisfare fino
all’ultimo le richieste degli affamati, fecero la cernita e
distribuirono anche il poco grano ricavato; ma pochi giorni dopo sia i
granai che le botti del vino erano prodigiosamente pieni. A questo
punto Francesca decise di dedicarsi sistematicamente all’opera di
assistenza; con il consenso del marito Lorenzo de’ Ponziani, vendette
tutti i vestiti e gioielli devolvendo il ricavato ai poveri e indossò
un abito di stoffa ruvida, ampio e comodo per poter camminare
agevolmente per i miseri vicoli di Roma. Era ormai conosciuta ed
ammirata da tutta Trastevere, che aveva saputo del prodigio dei granai
di nuovo pieni, e un gruppo di donne ne seguirono l’esempio; con esse
Francesca andava a coltivare un campo nei pressi di San Paolo, da cui
ricavava frutta e verdura trasportate con un asinello e che poi
elargiva personalmente alla lunga fila di poveri, che ormai ogni
giorno cercava di sfamare. Alla morte del suocero Andreozzo de’
Ponziani, Francesca si prese cura dell’Ospedale del Ss. Salvatore, ma
senza tralasciare le visite private e domiciliari che faceva ai
poveri. Il popolino la chiamava paradossalmente “la poverella di
Trastevere”. Francesca, continuando ad aiutare i suoi poveri ed
ammalati, senza fra l’altro trascurare la preghiera, tanto da dormire
ormai solo due ore per notte, prese a dirigere spiritualmente il gruppo
di amiche, che la coadiuvavano nella carità quotidiana e si riunivano
ogni settimana nella chiesa di Santa Maria Nova. E durante uno di
questi incontri, Francesca le invitò ad unirsi in una confraternita
consacrata alla Madonna, restando ognuna nella propria casa,
impegnandosi a vivere le virtù monastiche e di donarsi ai poveri. Il 15
agosto 1425 festa dell’Assunta, davanti all’altare della Vergine, le
undici donne si costituirono in associazione con il nome di “Oblate
Olivetane di Maria”, in omaggio alla chiesa dei padri Benedettini
Olivetani che frequentavano, pronunziando una formula di consacrazione
che le aggregava all’Ordine Benedettino. Nel marzo del 1433 Francesca
poté riunire le Oblate sotto un unico tetto a Tor de’ Specchi, composto
da una camera ed un grande camerone, vicino alla chiesa parrocchiale
di Sant’Andrea dei Funari; e il 21 luglio dello stesso 1433, papa
Eugenio IV eresse la comunità in Congregazione, con il titolo di
“Oblate della Santissima Vergine”, in seguito poi dette “Oblate di
Santa Francesca Romana”, la cui unica Casa secondo la Regola, era ed è
quella romana. Si recava ogni giorno nel monastero da lei fondato, ma
continuò ad abitare nel Palazzo Ponziani, per accudire il marito
malato; dopo la morte del marito, con il quale visse in armonia per 40
anni, il 21 marzo 1436 lasciò la sua casa, affidandone
l’amministrazione al figlio Battista e a sua moglie Mabilia de’
Papazzurri, e si unì alle compagne a Tor de’ Specchi dove fu eletta
superiora. Trascorse gli ultimi quattro nel convento, dedicandosi
soprattutto a tre compiti: formare le sue figlie secondo le
illuminazioni che Dio le donava; sostenerle con l’esempio nelle opere
di misericordia alle quali erano chiamate; pregare per la fine dello
scisma nella Chiesa. La ‘santa di Roma’ non morì nel suo monastero, ma
nel palazzo Ponziani, perché da pochi giorni si era spostata lì per
assistere il figlio Battista gravemente ammalato; dopo poco tempo il
figlio guarì ma lei ormai sfinita, morì nel palazzo di Trastevere. Le
sue spoglie mortali vennero esposte per tre giorni nella chiesa di
Santa Maria Nova, una cronaca dell’epoca riferisce la partecipazione e
la devozione di tutta la città; fu sepolta sotto l’altare maggiore
della chiesa che avrebbe poi preso il suo nome. Fu proclamata santa il
29 maggio 1608 da papa Paolo V; e papa Urbano VIII volle nella chiesa
di Santa Francesca Romana, un tempietto con quattro colonne di
diaspro, con una statua in bronzo dorato che la raffigura in compagnia
dell’Angelo Custode, che l’aveva assistita tutta la vita. Santa
Francesca Romana è considerata compatrona di Roma, viene invocata come
protettrice dalle pestilenze e per la liberazione delle anime dal
Purgatorio e dal 1951 degli automobilisti. La sua festa liturgica è il 9
marzo.
Autore: Antonio Borrelli
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