giovedì 13 febbraio 2020

Antonia Pozzi



 
Figlia di Roberto, importante avvocato milanese e della contessa Lina Cavagna Sangiuliani, nipote di Tommaso Grossi, scrive le prime poesie ancora adolescente. Studia nel liceo classico di Milano, dove inizia con il suo professore di latino e greco, Antonio Maria Cervi, una relazione che, a causa dei pesanti ostacoli frapposti dalla famiglia Pozzi, verrà interrotta dal Cervi nel 1933, procurandole la depressione - «e tu sei entrata / nella strada del morire», scrive di sé in quell'anno - che contribuirà a condurla al suicidio. Nel 1930 si iscrive alla facoltà di filologia dell'Università di Milano, frequentando coetanei quali Vittorio Sereni, suo amico fraterno, Enzo Paci, Luciano Anceschi, Remo Cantoni, del quale sembra si innamorasse non ricambiata. Si laurea nel 1935 discutendo una tesi su Gustave Flaubert. Tiene un diario e scrive lettere che manifestano i suoi tanti interessi culturali, coltiva la fotografia, ama le lunghe escursioni in bicicletta, progetta un romanzo storico sulla Lombardia, conosce il tedesco, il francese e l'inglese, viaggia, pur brevemente, oltre che in Italia, in Francia, Austria, Germania e Inghilterra ma il suo luogo prediletto è la settecentesca villa di famiglia, a Pasturo, ai piedi delle Grigne, dove è la sua biblioteca e dove studia, scrive e cerca un sollievo nel contatto con la natura solitaria e severa della montagna. La grande italianista Maria Corti che la conobbe all'università, disse che «il suo spirito faceva pensare a quelle piante di montagna che possono espandersi solo ai margini dei crepacci, sull'orlo degli abissi. Era un'ipersensibile, dalla dolce angoscia creativa, ma insieme una donna dal carattere forte e con una bella intelligenza filosofica; fu forse preda innocente di una paranoica censura paterna su vita e poesie. Senza dubbio fu in crisi con il chiuso ambiente religioso familiare. La terra lombarda amatissima, la natura di piante e fiumi la consolava certo più dei suoi simili». Avverte certamente il cupo clima politico italiano ed europeo: le leggi razziali del 1938 colpiscono alcuni dei suoi amici più cari; «forse l'età delle parole è finita per sempre», scrive quell'anno a Sereni. Nel suo biglietto di addio ai genitori scrive di disperazione mortale e si uccide con i barbiturici. La famiglia negherà la circostanza «scandalosa» del suicidio, attribuendo la morte a polmonite; il suo testamento fu però distrutto dal padre, che manipolò anche le sue poesie, scritte su quaderni e allora ancora tutte inedite; la storia d'amore con il Cervi sarà falsamente descritta come una relazione platonica. È sepolta nel piccolo cimitero di Pasturo: il monumento funebre, un Cristo in bronzo, è opera dello scultore Giannino Castiglioni.

Nessun commento:

Posta un commento

Carlo Lajolo

(Vinchio, 29 novembre 1922 – Imperia, 3 febbraio 2009) è stato uno scrittore e partigiano italiano, deportato e sopravvissuto a Mauthausen...