Il cielo è nero fumo che voltola, sfiocca, imperversa come a un fiato d’incendio. Corron ruote di cenere per l’infinito campo: gorghi d’ocra e di fuliggine si riproducono e ripercotono. Tutto fugge come a un fosco mare. Le case impallidiscono di spasimi sulle montagne, mostrano i mille occhi dalle palpebre chiuse. I lampi sono rosei come i filari efimeri delle gambe alle ballerine in passo di finale. Le folgori son come bisce verdi e violette. Spesso han vene di sangue a capo, a coda. Sparve la scena de’ monti lontani. I monti attigui sono i lontani. S’opaca la distanza. Eccoli dispariti. Una dolomia, sola, il chiaro picco mantiene, alto, in un canto della nerezza, teso. Piovon tutte le acque, a gocce, a schegge, a frecce, a micce ebbre di fuoco. Gli uccelli fuggono gli occhi accesi dei gatti saliti sulle [piante: i gatti fuggono le spire di bragia delle folgori: le foglie degli alberi tremano per l’Universo. Io m’abbandono a tutti i fiumi oscuri di me stesso che straripano.Paolo Buzzi
sabato 15 febbraio 2020
Sera d’uragano
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