lunedì 9 settembre 2019

Manhattan



L'atrio della Maximus Inc. era grande come una cattedrale, tutto luccichii e bagliori. La società era padrona di mezzo mondo e si vedeva.
Mister Liddel, il presidente della Maximus, arri­vò con cinque minuti di anticipo. Quello era un grande giorno: la società avrebbe incamerato una mezza dozzina di banche e sette grandi industrie internaziona­li, più quasi tutta la terra di un paese africano che non sapeva come pagare i suoi debiti.
Mister Liddel gongolava: era tutto merito delle sue abilissime manovre.
Il suo sguardo di purissimo acciaio, che faceva tremare reggimenti di funzionari, spaziò per l'atrio e incrociò, in un angolo, il panchetto di un lustra­scarpe. Era un vecchio negro dall'aria dimessa, con gli stracci sfilacciati, le spazzole consumate, le mani macchiate di lucido. Mister Liddel non l'aveva mai visto, ma c'erano cinque minuti e poteva farsi dare una ripassatina alle favolose scarpe da 650 dollari che portava ai piedi.
Il vecchio negro lavorò con grande abilità. Dopo tre minuti le scarpe brillavano al punto che era un piacere guardarle. Mister Liddel allungò all'uomo un dollaro, meccanicamente, ma incontrò il suo sguar­do. Uno sguardo strano, profondo, con una luce bo­naria e divertita che gli scintillava dentro. Il fatto buffo e incredibile cominciò quando Mister Liddel si alzò dal panchetto. Le scarpe partirono come razzi, «por­tando» Mister Liddel fuori dall'atrio. I due portieri. sbalorditi, lo videro attraversare la strada come se volesse correre la maratona di New York.
E fu una maratona ben strana, quella di Mister Liddel. Le scarpe lo portarono davanti ad un povero ragazzo senza gambe che chiedeva l'elemosina all'an­golo della 59a strada e non si mossero finché Mister Liddel non vuotò tutto il contenuto del portafoglio nelle mani dell'esterrefatto ragazzo, poi si diressero verso quartieri pieni di povere stanze e gente che soffriva (Mister Liddel non aveva mai saputo che esistevano), lo costrinsero a vedere lacrime e solitudini, miserie fisiche, infamie, abbandoni...
Dopo alcune ore, Mister Liddel era spossato e sconvolto. Si sentiva un altro. Era come se avesse rotto un guscio di pietra che lo imprigionava e stesse guardando la gente per la prima volta. Verso sera le scarpe fecero una cosa inaudita: portarono Mister Lid­ell in una chiesa. L'ultima volta c'era andato da bam­bino. La chiesa era buia, brillava solo un lumino rosso­. Mister Liddel si ricordò di uno sguardo profondo con una luce che gli scintillava dentro. Si sentì felice come non era mai stato e improvvisamente capì. Dopo, le sue scarpe ridiventarono normali. En­trò nell'atrio della società che era ormai sera. Chiese: "Avete visto dov'è andato quel lustrascarpe negro?"
"Non c'è mai stato nessun lustrascarpe negro, qui, signore", risposero.
Lo sospettava. D'altra parte, chi avrebbe mai cre­duto che Dio era negro e faceva il lustrascarpe a Man­hattan?

(Bruno Ferrero)

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