Conosciuto anche come Gino Visconti Venosta
(Milano, 4 settembre 1831 – Milano, 1º ottobre 1906),
è stato un patriota e scrittore italiano.
(Milano, 4 settembre 1831 – Milano, 1º ottobre 1906),
è stato un patriota e scrittore italiano.
Giovanni proveniva da una nobile famiglia di origine valtellinese residente a Grosio. Nel 1795, Nicola Visconti Venosta (1752-1828), il nonno, si trasferì a Tirano, e il figlio Francesco (1797-1846) si spostò a sua volta nel 1823 a Milano, dove sposò Paola Borgazzi (m. 1864) e nacquero Emilio (1829-1914), Giovanni ed Enrico (1834-1881). Vivevano a Milano, ma passavano tutte le estati in Valtellina nelle case di Grosio e Tirano. Nell'estate del 1846, dopo una gita a Poschiavo, il padre Francesco morì improvvisamente all'età di 48 anni. Egli affidò la direzione degli studi letterari dei suoi figli a Cesare Correnti,
pubblicista e uomo politico. I due fratelli frequentavano l'Istituto
Boselli di Milano, ma la scuola politica dei due giovani era la casa di
Correnti. Fu proprio lì che Giovanni venne a contatto con i libri di Berchet e Mazzini che lesse avidamente infiammandosi d'amor patrio per l'Italia e d'avversione per il dominio straniero e divenendo, insieme al fratello, un forte sostenitore di Mazzini. Il 4 settembre 1847 Carlo Bartolomeo Romilli,
nuovo arcivescovo ambrosiano, fece il solenne ingresso in città. Il
fatto che la carica fosse ricoperta da un italiano - dopo che per
ventotto anni era stata dell'austriaco Gaisruck - suscitò gli entusiasmi della popolazione, già infiammata dalle parole del nuovo papa Pio IX, il quale si era espresso a favore dell'Unità d'Italia.
Le autorità austriache tentarono di contenere i festeggiamenti, e la
sera dopo ci fu un violento scontro che causò un morto e alcuni
feriti.Il 5 settembre Giovanni era a Tirano, dove si recava subito dopo
la fine della scuola.Pochi giorni dopo ricevette la visita di Cesare
Correnti e del medico Romolo Griffini,
i quali misero i Venosta al corrente degli eventi e pianificarono con
loro altre azioni. Fu così che Giovanni, ancora adolescente, li seguì
per i casolari dello Stelvio, dove il gruppo informava i contadini della situazione, e si divertì a scrivere su qualche muro Viva l'Italia, viva Pio IX. Nel 1848 si arrivò alle Cinque giornate di Milano.
Giovanni era troppo giovane per parteciparvi attivamente, come invece
fece il fratello Emilio. Visse però in prima persona i sentimenti delle
Cinque giornate, come la gioia di veder sventolare il tricolore sulla guglia del Duomo.
In quel periodo, molti dovettero però abbandonare le proprie
abitazioni perché occupate dagli Austriaci. I Visconti Venosta erano
fra quelli: furono ospitati dalla signora Garnier che gestiva un
collegio femminile. Gli Austriaci se ne andarono e a Milano venne
formato un governo provvisorio, nel quale era occupato anche Correnti.
Dopo le vittorie di Goito e la resa di Peschiera arrivarono le brutte notizie: la defezione del re di Napoli, il ritiro delle truppe papaline
e la caduta di Vicenza. La vittoria stava per sfuggire. L'imminente
ritorno degli Austriaci costrinse le famiglie dei notabili milanesi a
cercare rifugio in Svizzera, così la famiglia di Giovanni, escluso Emilio perché arruolato a Bergamo con i Garibaldini, si trasferì a Bellinzona. In quel clima di sconfitta che nasceva tra gli esuli, si diffondeva largamente l'idea di Mazzini e l'azione di Garibaldi. Giovanni si recava spesso a Lugano
in visita al fratello, lì conobbe e vide parecchie volte Mazzini in
persona. Nell'ottobre del 1848, Giovanni tornò con la famiglia a Milano,
una Milano zeppa di soldati croati. Quando si recò nella casa di
Tirano, trovò la stessa situazione. Durante l'inverno tornò a Milano,
iniziava un decennio di resistenza contro gli Austriaci. Dopo uno
scoraggiamento generale, ci furono uomini valenti che guidavano gli
animi dei giovani universitari, fra i quali Giovanni (iscritto all'Università di Pavia). Nel 1850 Emilio lo introdusse per la prima volta in via Bigli, nuova sede del celebre salotto di Clara Maffei.
Giovanni avviò una frequentazione pressoché quotidiana – imitando il
fratello – della casa di Clara, cui fu legato da una duratura amicizia.[6] Fu nel salotto Maffei, sempre più orientato in senso monarchico e sempre più convinto dell'aiuto fondamentale che il Piemonte
poteva dare alla causa risorgimentale, che nelle menti dei due giovani
si offuscarono le idee di Mazzini lasciando prevalere quelle di Cavour.
Oltre al salotto Maffei, dove aveva potuto conoscere anche Alessandro Manzoni, Giovanni frequentava la casa di Carmelita Fé Manara (vedova di Luciano), Dandolo e Carcano dove organizzava delle ricreazioni consistenti in declamazioni di parodie e rappresentazioni comiche di marionette.
Le sue parodie erano troppo evidenti quindi le rappresentazioni furono
vietate e a Giovanni fu tolto il passaporto. La più famosa parodia che
egli scrisse è La partenza del Crociato, scritta a Tirano nel
1856. Servì a diffondere le nuove idee dei liberali l'istituzione di
corpi di pompieri volontari in Valtellina attuata da Giovanni Visconti
Venosta (che si prestava istruttore) e dall'amico, sindaco di Tirano,
Giovanni Salis nel 1854. In quel decennio fece inoltre molti viaggi con
il fratello: visitò tutta l'Italia e perfino Parigi.
Nei salotti milanesi incontrò Laura D'Adda (allora sposata
Scaccabarozzi), che, rimasta vedova anni più tardi, sposò. Dopo il
funerale di Emilio Dandolo, nel 1859, i due Visconti-Venosta furono
sospettati e costretti a rifugiarsi in Piemonte. Tuttavia, le modalità delle due fughe furono alquanto diverse. Se Emilio riuscì a partire in tempo, avvertito da Rosa Bargnani,
Giovanni andò incontro a peripezie d'ogni tipo. Prima di lasciare la
città meneghina aveva, infatti, deciso di aspettare tre bresciani cui
consegnare dei contrassegni necessari per emigrare. Nella notte la
polizia fece irruzione in casa sua: Giovanni fuggì da una porta laterale
e corse a chiedere aiuto. Pensò di rivolgersi a Costantino Garavaglia,
ma era appena stato arrestato. A casa Carcano non ebbe miglior
fortuna. Fatta svegliare allora Clara Maffei, che contattò
immediatamente Carlo Tenca,
Visconti Venosta si avvide di essere senza soldi. A pochi metri di
distanza si trovava la casa di Laura d'Adda Salvaterra Scaccabarozzi; fu
lei a fornirgli il denaro necessario, mentre Tenca lo accompagnò fuori
dalla città. La parte più avventurosa nell'evasione dai territori
austriaci fu sicuramente quella finale. Giunto al Ticino,
il fuggitivo si imbatté casualmente in un amico patriota che conosceva
il Commissario della dogana. Siccome in quei giorni si parlava di
prolungare la ferrovia a cavalli di Tornavento,
i due ebbero l'idea di spacciare il Nostro per l'ingegnere incaricato
di dirigere i lavori. Dopo aver promesso al Commissario una
raccomandazione per il figlio, Giovanni ottenne il permesso di andare a
fare una ricognizione sulla riva opposta del fiume, e fu così
libero.Ora che i fratelli erano a Torino, Giovanni ricominciò a frequentare casa Correnti, il quale era esule già da tempo. Ebbe l'onore di parlare con Giuseppe Garibaldi e con Cavour che lo nominò membro di una commissione consultiva per la Lombardia, alla quale Giovanni faceva anche da segretario. Qualche mese dopo la fuga in Piemonte, Giovanni tornò in Valtellina
dove lo aspettava l'incarico di Commissario regio. Egli si fece notare
per la sua abilità diplomatica nel contrapporre pacificamente le idee
di Cavour a quelle di Garibaldi. Dopo l'armistizio di Villafranca,
Giovanni lasciò l'incarico valtellinese e si recò a Milano, questa
volta una Milano in festa: specialmente il 16 febbraio 1860, giorno in
cui il re Vittorio Emanuele II,
seguito da Camillo Cavour, entrò solennemente nella città. Con l'Unità
d'Italia termina la vita del cospiratore e inizia quella del conservatore.
Giovanni, da quel momento in poi, si comporta esclusivamente da abile
diplomatico. Nel 1865 viene eletto per una legislatura al Parlamento,
come deputato del primo collegio di Milano, ciò nonostante preferisce
lasciare la carriera politica al fratello. Ad ogni modo, non stette con
le mani in mano, lo dimostra un sommario elenco delle sue cariche:
Presidente dell'Associazione costituzionale, Socio fondatore della
Società storica lombarda, Commissario per i monumenti di Sondrio,
Presidente del Museo del Risorgimento, Presidente del Consiglio di
amministrazione del Collegio Reale delle fanciulle, Presidente
dell'Associazione generale degli operai, Consigliere d'amministrazione
della società per lo sviluppo delle imprese elettriche, Consigliere
della Società anonima d'assicurazioni contro gli infortuni,
Vicepresidente della Società telefonica dell'Alta Italia, Consigliere
dell'amministrazione della Società Mediterranea, Presidente della
Commissione di soccorso per l'emigrazione veneta, Presidente della
Società degli autori ed editori, cofondatore del quotidiano La Perseveranza,
Sovrintendente scolastico a Milano, assessore e consigliere del Comune
di Milano, assessore dell'Amministrazione provinciale della Provincia di Sondrio. La moglie Laura non gli diede figli, ma tanto amore. Si spense nel 1904, quando Giovanni stava ripubblicando Ricordi di Gioventù, alla cui stesura la moglie aveva collaborato. Due anni dopo, il 1º ottobre 1906,
Giovanni Visconti Venosta morì a Milano dopo una breve malattia,
all'età di 75 anni. I funerali si svolsero in San Fedele, con larga
partecipazione del popolo, ma venne sepolto a Grosio, nella tomba di famiglia.
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