O Vergin santa, che il Signore elesse
Per nascer dal tuo sen Uom de' dolori,
Uom che modello a tutti noi splendesse!
Tu, benchè pura, non respingi i cuori
Che a te sorgon macchiati, e come il Figlio
Brami scampo e non lutto ai peccatori.
Deh, volgi anco su me quel divin ciglio
Che sempre da clemenza è intenerito
Verso chi prega dal suo tristo esiglio!
Io t'amai da fanciullo, indi partito
Da te sembrai, ma spesso a te pensando,
De' lunghi errori miei gemea pentito;
Ed in que' giorni di dubbiezza, quando
Della fallacia dell'orgoglio mio
Pur meco stesso mi venia crucciando,
Un bisogno invincibile d'Iddio
Talvolta m'assaliva e mi parea
Che a speranza da te mosso foss'io.
E se in un tempio allor mi ritraea,
Cercava la tua immagine, e in quel viso
Virgineo e celestial fede io ponea.
E gioiva al pensar che in paradiso,
Appo il fulgor dell'eternal bellezza,
Brillasse d'una femmina il sorriso!
Il sorriso di madre a pietà avvezza,
Ed al desìo che in virtù crescan lieti
Quei cari figli ch'ella tanto apprezza.
Non badar, no, se troppo a' consüeti
Sentier d'infedeltà raddotto m'hanno
Miei giovenili affetti irrequïeti,
Più fermo or t'amerò, più non trarranno
Lunge i miei passi da tua dolce via:
Fuor d'essa tutto vidi essere inganno.
Degna di te non è l'anima mia,
Ma pensa ch'opra è pur del Benedetto
Che da te nacque, e che per me patìa.
Riconduci quest'alma al tuo Diletto;
Digli che sempre in esso e in te sperava.
Digli che tu di confidar m'hai detto!
Digli che il danno mio t'addolorava,
Digli che l'amor tuo salvo mi vuole,
Digli che a te dal Golgota ei mi dava!
Tai dalla madre udendo alte parole
Arriderà, siccome ai sapïenti
Tuoi desiderii tutti arrider suole.
Se gli spiacquero in me cuore ed accenti,
Cuore ed accenti mi darà novelli,
Sì che più caro a dritto, io gli diventi.
Santificata l'arpa mia più belli,
Più fervid'inni eleverà, dicendo
Come gli afflitti dal periglio svelli.
E forse allor più d'un che va fuggendo
Sdegnosamente la tua pia chiamata,
Te d'illusi ignoranti idol credendo,
Fermerà il passo perch'io t'ho cantata,
E ridirà: - Ma chi è mai costei,
Che pur da quell'altero è commendata?
Alzando gli occhi imparerà chi sei;
Stupirà, t'amerà, nobil rossore
Avrà, qual ebbi degl'indugi rei.
Ma, deh! ti mostra madre al peccatore
Pur se debole ei resta, e se talvolta
Inchinato a viltà gli scerni il core.
Poca mia possa, ma tua possa è molta;
Per balze, per fiumane or tremo, or cado,
Ma, qual ch'io sia, tu le mie grida ascolta.
Spesse fiate in malagevol guado
Mi porgesti la mano, e uscii dell'onde;
M'alzi tua dolce man di grado in grado
Da questi rischi alle celesti sponde!
Silvio Pellico
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