Ogni sera – da dieci anni
qualcuno mi chiude il cancello
e alle diciannove e dieci
comincio a passeggiare nella cella.
Poi siederò al tavolo
sotto la luce
a leggere poesie di Hardy,
a imparare a memoria
il “mestiere di vivere”
del ragazzo Pavese
(“che beveva stupito il mattino”
prima che di colline
si facesse verde grano).
Ma io non so vivere,
io che respiro il sussurro gonfio
di vene umane
con la mente insonne della notte.
Da dieci anni – ogni sera
sento il richiamo del gatto
nel cortile chiuso all’avventura,
e il canelupo magro, sguinzagliato,
giocare con le guardie
sento ogni sera – da dieci anni.
Veterano del “cuore profondo”
ho cuore di cosmonauta
e radar d’amore
al posto degli occhi:
vado captando i pensieri
l’agonia e il pianto
del compagno inquieto.
Chiuso a chiave, riascolto
nel frantoio delle ore
le voci deluse della speranza
e l’eco dei tanti messaggi spenti.
Alfredo Bonazzi
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