Rossano Calabro (CS), 910 -
Monastero di Sant’Agata, Grottaferrata (RM), 26 settembre 1004
L’Italia
meridionale conosce i monaci d’Oriente con la loro liturgia al tempo
del dominio bizantino. Poi l’espansione araba (che si estende alla
Sicilia) ve ne spinge altri: la Calabria, in particolare, si popola di
comunità guidate dalla regola di san Basilio, che attirano anche
discepoli del posto. Come appunto questo calabrese di Rossano, di nome
Nicola. Si sa che era sposato e con una figlia; poi lo si ritrova monaco
col nome di Nilo, e sul fatto gli storici non sono concordi. Nilo
vive dapprima in comunità, poi si fa eremita per bisogno di
solitudine, col consueto rigore nel cibo e nel riposo, con dedizione
totale a preghiera e studio. Legge i Padri della Chiesa, compone inni,
trascrive testi con grafia rapida ed elegante. Indossa magari per un
anno intero lo stesso abito, riempiendosi di pulci. Ma è felice, è
realizzato. Non cerca discepoli,
ma questi arrivano, e addio solitudine. Diventa maestro di nuovi monaci
presso Rossano, con un metodo duramente selettivo, perché non vuole
gente qualunque. Devono essere maestri di ascesi, studiosi, eccellenti
anche in calligrafia e canto. Quando però si accorge di essere ormai
una sorta di autorità locale, e che si parla di lui come possibile
vescovo, fugge in territorio longobardo, verso il principato di Capua.
Qui, per quindici anni, Nilo educa monaci di rito orientale, mantenendo
amabili rapporti con i monaci “latini”, i benedettini di Montecassino,
che lo aiutano cordialmente. Trascorre
altri dieci anni presso Gaeta, dove ha offerto ai suoi monaci una sede
disagiata e sempre tanto lavoro. Qui vede finire il primo Millennio
cristiano. E di qui parte, novantenne, per dare vita a un’altra
fondazione: l’abbazia di Grottaferrata presso Roma, che sarà sempre viva
e operosa alla fine del secondo Millennio, nella sua linea di
preghiera e cultura, con la scuola di paleografia greca, la tipografia,
la biblioteca; centro vivo di operosità ecumenica. Lui però fa solo in
tempo a indicarne il luogo e a ottenere il terreno, presso la cappella
detta Cryptoferrata. Poi si spegne nel vicino monastero greco di
Sant’Agata. Il suo discepolo e
biografo, Bartolomeo, narra che nel 998 Nilo corre a Roma per salvare
il vescovo Giovanni Filagato, suo conterraneo, fatto antipapa dal
nobile romano Crescenzio e suo complice nella rivolta contro il papa
Gregorio V e l’imperatore Ottone III suo cugino. La rappresaglia di
Ottone è degna della ferocia dei tempi (che hanno visto anche papi
assassinati). Uccisi Crescenzio e i suoi, su Filagato si infierisce con
atroci sevizie. "La biografia narra", scrive Gregorovius, "che ... le
preghiere del santo non trovarono ascolto. Nilo lasciò Roma. Ma prima
profetizzò all’imperatore e al papa che la maledizione del cielo prima o
poi avrebbe colpito i loro cuori crudeli". Gregorio V muore dopo un
anno, Ottone III dopo quattro, e ne ha ventitré.
Autore: Domenico Agasso
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