(Mansuè, 19 giugno 1808 – Napoli, 10 gennaio 1873)
è stato un poeta, drammaturgo e librettista italiano.
La famiglia Dall’Ongaro da secoli viveva a Ghirano riparando e
costruendo imbarcazioni fluviali a Tremeacque. Nel 1818, per favorire
gli studi di Francesco, i Dall’Ongaro si trasferiscono a Oderzo dove
rimangono fino al 1822 quando va distrutto in un incendio il panificio
paterno. A Venezia, dove la famiglia era finalmente emigrata, Francesco
entra in seminario, venendo espulso per indisciplina nel 1827. Viene
ordinato sacerdote senza incardinazione (ovvero senza obbligo di
residenza in una parrocchia) nel 1832 a Padova dove, nel frattempo,
aveva frequentato i circoli universitari. Aderisce, intanto, al pensiero
mazziniano di autodeterminazione e libertà dei popoli all’insegna della
repubblica. Dedicatosi alla predicazione, per l’ostilità del clero e
della polizia asburgica che lo sorvegliava, è costretto a darsi
all’insegnamento privato, finendo a Este (Vi), Adro (Br), Parenzo
(Istria), Vienna e Trieste. Nel capoluogo giuliano nel 1836 entra a far
parte del circolo di intellettuali triveneti che aveva fondato “La
Favilla”, rivista letteraria e di varia attualità che diresse dal 1838
al 1846 favorendo la collaborazione, fra gli altri, di Caterina Percoto
(letterata friulana) della quale rimase amico tutta la vita. Nel 1847 è
espulso da Trieste per attività antiasburgica. Dopo aver girato l’Italia
partecipando alla preparazione dei moti del 1848-1849, nel 1848 è a
Venezia quando gli Asburgo vengono cacciati dalla città lagunare e
rinasce la Repubblica Veneziana retta da Daniele Manin. Combatte a
Treviso e a Palmanova. È direttore del quotidiano repubblicano “Fatti e
parole” quando, per divergenze di vedute con Manin, è invitato a
lasciare Venezia. Nel 1849 l’amico Giuseppe Mazzini lo convoca a Roma
dove si è instaurata la Repubblica. Dall’Ongaro è eletto all’Assemblea
Costituente Romana, è proconsole di Senigallia e direttore de “Il
monitore”, la gazzetta ufficiale della Repubblica. Conclusasi
l’esperienza repubblicana, che aveva convogliato su Roma molti dei
massimi pensatori politici italiani e uomini d’azione fra i quali
Giuseppe Garibaldi , Goffredo Mameli e Carlo Pisacane, nel 1849 ripara
in esilio nel Canton Ticino. Espulso dalla Svizzera, come molti altri
patrioti italiani in seguito al moto mazziniano di Milano (1853), emigra
in Belgio. L’imperatore di Francia Napoleone III, nutrendo stima per
l’uomo e per il letterato (in quegli anni incontrò una fortuna
internazionale la traduzione della “Fedra” di Racine), lo convoca a
Parigi affidandogli una missione diplomatica: convincere il Regno del
Piemonte ad impegnarsi finanziariamente nell’impresa di realizzare il
canale di Panama. Dopo 10 anni di esilio rientra così in Italia, ma
deluso dall’esperienza mazziniana matura posizioni democratiche più
moderate, fino ad accettare l’opzione sabauda. Nel 1861 è nominato
professore titolare della prima cattedra di letteratura italiana
drammatica del Regno d’Italia a Firenze. Nel suo salotto sull’Arno
passano molti dei più promettenti giovani letterati fra i quali i
siciliani Luigi Capuana e Giovanni Verga e il giovane Carlo Lorenzini .
Trasferito il suo insegnamento a Napoli, nella città partenopea muore il 10 gennaio 1873.
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