San Calogero Eremita in SiciliaCalcedonia (Tracia), 466 ca. – Monte Cronios (Sciacca), 561 ca.
Etimologia: Calogero = di bella vecchiaia, dal greco
Il
termine Calogero, di origine greca, significa “bel vecchio”;
nell’ideale greco della bellezza, ciò che è bello, è anche giusto e
buono, basti pensare che nel Vangelo di Giovanni, l’originale greco
definisce Gesù il “bel pastore”, che poi è stato tradotto in il “buon
Pastore”. L’uso
di questo termine venne applicato in Oriente e nel Sud Italia ai
monaci eremiti, che vennero chiamati così ‘calogeri’, pertanto alcuni
studiosi pensano che il nome del santo eremita Calogero non fosse
questo, ma bensì l’appellativo con cui veniva riconosciuto; altri
studiosi comunque sono convinti che fosse proprio il suo nome. Secondo
la tradizione, giacché mancano documentazioni certe, Calogero nacque
verso il 466 a Calcedonia sul Bosforo, una cittadina dell’antica
Tracia, che nel 46 d.C. divenne provincia romana e che poi seguì le
sorti dell’impero bizantino; fin da bambino digiunava, pregava e
studiava la Sacra Scrittura e secondo gli ‘Atti’ presi dall’antico
Breviario siculo-gallicano, in uso in Sicilia dal IX secolo fino al
XVI, egli giunse a Roma in pellegrinaggio, ricevendo dal papa Felice
III (483-492), il permesso di vivere in solitudine in un luogo
imprecisato. Qui
egli ebbe una visione angelica o un’ispirazione celeste, che gli
indicava di evangelizzare la Sicilia; tornato dal papa ottenne
l’autorizzazione di recarsi nell’isola, con i compagni Filippo, Onofrio e
Archileone, per liberare quel popolo dai demoni e dall’adorazione
degli dei pagani. Mentre
Filippo si recò ad Agira e Onofrio e Archileone si diressero a
Paternò, Calogero si fermò durante il viaggio a Lipari, nelle Isole
Eolie, dove su invito degli abitanti si trattenne per qualche anno,
predicando il Vangelo ed insegnando loro come ricevere i benefici per i
loro malanni, utilizzando le acque termali e stufe vaporose; ancora
oggi un’importante sorgente termale porta il suo nome, come pure le
grotte dai vapori benefici. Durante
la sua permanenza nell’isola di Lipari, ebbe anche la visione della
morte del re Teodorico († 526) che negli ultimi anni aveva preso a
perseguitare quei latini che riteneva un pericolo per il suo regno, fra
i quali furono vittime il filosofo Boezio (480-524) suo consigliere,
il patrizio romano capo del Senato, Simmaco († 524) e il papa
Giovanni I († 526). Ciò
è riportato nei ‘Dialoghi’ del papa s. Gregorio I Magno, la visione
si era avverata nell’esatto giorno ed ora della morte del re, e
Calogero vide la sua anima scaraventata nel cratere del vicino
Vulcano. In
seguito ad altra visione, Calogero lasciò Lipari per sbarcare in
Sicilia a Syac (Sciacca), chiamata dai romani ‘Thermae’ per i bagni
termali, presso i quali sorgeva; convertì gli abitanti e poi decise di
cacciare per sempre “le potenze infernali” che regnavano sul vicino
monte Kronios, consacrato al dio greco Kronos, che per i romani era il
dio Saturno. Sul
monte Giummariaro, altro nome derivante dagli arabi che lo
chiamarono monte “delle Giummare”, dalle palme nane che crescevano
sui suoi fianchi e che poi prese il nome di Monte San Calogero, come
oggi è conosciuto insieme al nome Cronio, il santo eremita prese ad
abitare in grotte e spelonche e intimò ai demoni di lasciare quei
luoghi. Gli
‘Atti’ dicono che il monte sussultò fra il fragore di urla e poi tutto
si quietò in una pace di paradiso; Calogero si sistemò in una grotta
adiacente a quelle vaporose, che come a Lipari, anche qui esistono
abbondanti. In
detta grotta vi è murata sulla roccia, l’immagine in maiolica di s.
Calogero, posta sopra un rustico altare, che si dice costruito da lui
stesso; l’immagine è del 1545 e rappresenta l’eremita con la barba che
tiene nella mano destra un libro e un ramo-bastone, ai suoi piedi vi
è un fedele inginocchiato e una cerbiatta accasciata e ferita da una
freccia. L’immagine
si rifà ad un episodio degli ultimi suoi giorni, essendo ormai
ultranovantenne, egli non riusciva più a cibarsi, per cui Dio gli mandò
una cerva, che con il suo delicato latte lo alimentava; un giorno un
cacciatore di nome Siero, scorgendo l’animale, prese l’arco e
trafisse con una freccia la cerva, la quale riuscì a trascinarsi
all’interno della grotta di Calogero, morendo fra le sue braccia. Il
cacciatore pentito e piangente, riconobbe nel vegliardo colui che
l’aveva battezzato anni prima, chiese perdono e Calogero lo portò nella
vicina grotta vaporosa, dandogli istruzioni per le proprietà
curative di quel vapore e delle acque che sgorgavano da quel monte.
Il cacciatore Siero, divenuto suo discepolo, salì spesso sul monte a
visitarlo, ma 40 giorni dopo l’uccisione della cerva, trovò il
vecchio eremita morto, ancora in ginocchio davanti all’altare; secondo
la tradizione era morto nella grotta fra il 17 e il 18 giugno 561 ed
era vissuto in quel luogo per 35 anni.Diffusasi
la notizia accorsero gli abitanti delle cittadine vicine, che lo
seppellirono nella grotta stessa, poi trasferito in altra caverna di
cui si è persa la memoria lungo i secoli. Nel
IX secolo un monaco che si firmava Sergio Cronista, cioè abitante
del monte Cronios o Kronios, compose in lingua greca alcuni inni in
suo onore, in cui veniva citato che s. Calogero non era approdato a
Sciacca come si riteneva, ma a Lilybeo, l’odierna Marsala, senza
indicare dove fosse morto, ma sollecitando a visitare e onorare la
grotta in cui il santo era vissuto, scacciando i demoni e operando
tante guarigioni di ammalati. Uno
studioso contemporaneo Francesco Terrizzi, sostiene che s. Calogero,
perduti i compagni martirizzati dai Vandali, si recò dapprima a
Palermo passando poi per Salemi, Termini Imerese, Fragalà, Lipari,
Lentini, Agrigento, Naro e infine Sciacca; si spiegherebbe così le
tante tradizioni e le diverse grotte abitate e attribuite ad un unico e
medesimo santo. C’è
da aggiungere che le reliquie del santo, secondo un’altra
tradizione, erano state successivamente trasferite in un monastero a
tre km dalla grotta, nel 1490 furono traslate a Fragalà (Messina) dal
monaco basiliano Urbano da Naso e poi nell’800 a Frazzanò (Messina),
nella chiesa parrocchiale; qualche sua reliquia è custodita anche
nel santuario di San Calogero, sorto vicino alla sua grotta
sull’omonimo monte di Sciacca nel XVII secolo e che è meta di
pellegrinaggi. Ad
ogni modo s. Calogero è veneratissimo in tutta la Sicilia e in tutte
le città sopra citate è onorato con suggestive processioni e
celebrazioni, tipiche della religiosità intensa dei siciliani, quasi
tutte si svolgono nel giorno della sua festa il 18 giugno.
Autore: Antonio Borrelli
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