sabato 17 settembre 2022

Lettera della moglie dell’emigrato

E’ venuta l’estate.
Dalle spighe di nebbia, nel tuo campo,
è nato grano di cenere:
hai seminato in mare.
La ruggine e scirocco
hanno mangiato il pane di tuo figlio:
hai seminato in mare.
In malora hai appeso
la falce sulla porta:
hai seminato in mare.
Ohi, povera l’aia
che teme la formica:
hai seminato in mare.
Il vento s’è levato ma per terra
cade soltanto paglia:
hai seminato in mare.
Caro, o caro,
quando ritorni, se ritornerai,
non chiedermi dov’è l’anello d’oro:
è diventato pane per tuo figlio.
Caro, o caro cuore mio,
ti scrivo nel vento:
ricordati di me.
Ohi, quanti figli
volevi mi nascessero dal seno:
ma tutti sono morti
da quando sei partito,
sul letto di granoturco c’è rimasto,
dalla tua parte, un solco senza seme.
Caro, o caro,
non so perché ti parlo,
i miei pensieri nascono come erba,
altri come le nuvole,
altri come le spine.
Dentro di te avevo fatto il nido,
dentro di me avevi fatto il nido.
So che non sei più nulla
ed ancora respiro.
Il cuore è giallo
come una vigna dopo la vendemmia.

Francesco Masala

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