domenica 24 marzo 2024

Una poesia del mio paese ❤



+ che in toscano è in dialetto sestese.
Ricordi del Passato
Io e son di Sesto Fiorentino
e son naa e cresciua in un rione detto Panicaglia
dei vicini di casa e un ci scappaa nulla
si sapea tutto di tutti,
ma degli omini che cera li
il nome vero sera scordao
perché per sopranome ognun venia chiamao.
Il Piattola, il Canino, il Barbocchio,
io sono la figliola di Paglione
ch’era figliolo di Pidocchio.
Nelle serae calde e si staa fora
noi figlioli d’allora, si giocaa a nascondino,
per le strade le luci eran rade, i vicoli scuri,
e ci si acquattava dietro i muri
sentraa nei portoni aperti e nessuno ci mandaa via.
Le donne sedue su l'uscio facean la treccia,
e chiacchieraano della loro miseria,
gl’omini dentro casa facean la briscolina
con un quartin di vino come posta.
E me lo rammento bene quando venia l’inverno
e si facea buio presto e lera l’ora d’andare a letto,
la mi mamma mi dicea:
*Ti metto i’ veggio attaccao a’ì trabiccolo
e te infilalo sotto le lenzola,
i cottrone te l’hò già messo sopra io
va a dormire che domani c’hai la scola.
Il pan con l’olio mi daa per colazione,
ma quello che si mangiaa di più erano cipolle,
fagioli e patae lesse, quante patae lesse ho mangiao.
Però allora la vita scorrea fra poera gente,
ma se tavei bisogno il vicinao era presente.
Non come ora che sa tutti furia!
Mettetevi a sedere, mondo piccino,
prendetevi sulle ginocchia un bambino,
cantategli una vecchia filastrocca,
raccontategli una favola di maghi e fate
e insieme a lui fatevi due risate.
Se nel mio raccontar ho sbagliato
la grammatica o l’italiano, ricordatevi
che ogni paese avea il suo parlar strano.
Graziella Bencini nata nel 1932

Traduzione🤓
Io e son di Sesto Fiorentino
e son nata e cresciuta in un rione detto Panicaglia
dei vicini di casa e un ci scappava nulla
si sapeva tutto di tutti,
ma degli uomini che c'era lì
il nome vero sera scordato
perché per sopranome ognun veniva chiamato.
Il Piattola, il Canino, il Barbocchio,
io sono la figliola di Paglione
ch’era figliolo di Pidocchio.
Nelle serate calde e si stava fuori
noi figlioli di quei tempi, si giocava a nascondino,
per le strade le luci eran rade, i vicoli scuri,
e ci si nascondeva dietro i muri
sentrava nei portoni aperti e nessuno ci mandava via.
Le donne sedute sull'uscio facevan la treccia,
e chiacchieravano della loro miseria,
gli uomini dentro casa facevan la briscolina
con un quartino di vino come premio.
E me lo ricordo bene quando veniva l’inverno
e si faceva buio presto e lera l’ora di andare a letto,
la mi mamma mi diceva:
Ti metto lo scaldino attaccao al trabiccolo
e te mettilo sotto le lenzola,
i coltrone te l’hò già messo sopra io
va a dormire che domani hai la scuola.
Il pane con l’olio mi dava per colazione,
ma quello che si mangiava di più erano cipolle,
fagioli e patate lesse, quante patate lesse ho mangiato.
Però allora la vita scorreva fra povera gente,
ma se avevi bisogno il vicinato era presente.
Non come ora che abbiamo tutti furia!
Mettetevi a sedere, mondo piccino,
prendetevi sulle ginocchia un bambino,
cantategli una vecchia filastrocca,
raccontategli una favola di maghi e fate
e insieme a lui fatevi due risate.
Se nel mio raccontar ho sbagliato
la grammatica o l’italiano, ricordatevi
che ogni paese aveva il suo parlar strano.
Graziella Bencini nata nel 1932

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