Un giorno venne un povero alla porta,
tendeva la sua mano per il pane,
la via che percorrevo era contorta:
lo ricacciai deciso, come un cane!
Poi un giorno che tirava forte il vento,
lui ritornò sicuro col sorriso,
ed io che in cuor mi dissi:
”Non mi pento!”,
il mio mantello strinsi più deciso.
Passavan le stagioni ed io ribelle,
vagavo per il mondo senza fede,
e sempre le mie azioni erano quelle,
eppure Dio Signore tutto vede!
Ma un giorno venne presto la sventura,
che mi buttò per terra, senza tetto,
conobbi allora a fondo la paura,
di vivere io stesso ciò che ho detto.
E infatti senza il pane io gemevo,
col ventre macerato dalla fame,
neanche un volto amico io vedevo,
e tutti mi chiamavano l’infame.
Quand’ecco un giorno un uomo mi raccolse,
e mi sfamò con cura, questo udite!,
le vesti logorate lui mi tolse,
per darmene di splendide e pulite.
Poi mi guardò con gli occhi suoi d’amore,
dai miei rigavan lacrime il mio volto,
lui che mia aveva visto nel dolore,
e mi ridiede ciò che mi fu tolto!
Allora io compresi ch’era Cristo,
e il cuore si riempì della vergogna,
sapendo che lui tutto aveva visto,
avrei voluto mettermi alla gogna!
Ma Cristo seppe farmi immenso dono,
chiamandomi “figliolo abbandonato”,
e mi sentii nel cuore il suo perdono,
io che lo avevo tanto maltrattato!
E allora io capii dentro me stesso,
la pena di chi è povero e gemente.
ed ora io comprendo, solo adesso,
che in lui c’è Gesù Cristo sofferente!
Prof. Tommaso Palermo
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