Io sono un filo d'erba,
un briciolo di vita senza storia,
nella penombra quieta d'un'attesa,
sul ciglio d'una trepida memoria;
soltanto un filo d'erba dove vive
si muovono le cose
de la vita infinita
intorno al mio sempre nuovo stupore;
lasciate ch'io rimanga un filo d'erba,
in ascolto, leggera,
che chiede poca luce e poca terra,
per vivere il suo giorno senza gloria.
In quel tempo, lo so,
fui un passero socchiuso tra le ciglia
d'un alba a la gronda del cielo,
e fui conchiglia sotto i plenilunii
errante sull'argento delle arene,
e tra le dita delle palme un'arpa
io fui,
a modulare la voce del vento.
In quel tempo, lo so, quando il mio cuore
era una vela gonfia di partenze,
con l'infinito e gli spazi giocavo,
ero il trastullo degli arcobaleni;
su le ghiaie celesti della sera,
le tamerici sudavano sale
per la mia lunga sete, fino a quando
le mani assonnate dell'alba
mi adagiavano, vinto, sulle arene.
In quel tempo, lo so, quando
sui tersi cristalli degli autunni,
nei miei balzi rupestri,
io sfioravo gli abissi ridendo,
l'ultimo falco dirupato ai monti,
tra le nuvole aveva il mio destino,
e le canzoni gittate allo spazio
a spaurire i silenzi rapinosi
era il mio gioco.
Perso tra le giogaie
dei monti, sovra a un filo di vertigine,
sedeva a fior di sera il mio pastore
a conversar col primo astro del cielo.
In quel tempo, lo so, quando tuffarmi
amavo dentro i vicoli rissosi,
sulle città rutilanti di luci,
sugli asfalti ove stridono i motori,
sulle frontiere fatiscenti dove,
senza catene, irrompe
il vento cieco della libertà
che incespica coi vivi e irride ai morti,
dove l'amore gioca con lo stupro
e ha il sapore del sangue.
In quel tempo, lo so, ma ora io sono
soltanto un filo d'erba,
un briciolo di vita senza storia,
soltanto un filo d'erba
che chiede poca luce e poca terra
per vivere il suo giorno senza gloria.
Acruto Vitali
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