A mio padre
Padre, ricordi tu quando con mesto
sorriso un’elegia chiedesti a me?
nulla io risposi: ed or sovente questo
pensier mi torna a favellar di tè.
Sola son io nella deserta stanza,
deserta di speranze e di gioir;
sola son io; ma cruda rimembranza
mi aleggia intomo, e strappami un sospir
Un sospiro! Che dissi ? Una ben lunga
catena di sospiri, un cupo duol,
che spero alfine a logorarmi giunga,
e a darmi morte, che sì bramo sol.
Padre ! Ben lieta io mi sarei se il Cielo
m’involasse alla terra: e il mio desir
saria che, tolti al mio terrestre velo
gli anni, ai senili tuoi debbansi unir !
Non io plorar sulla tua tomba… Oh ! tante
tombe piansi finora, e sempre invan !
tu. Padre, sulla, mia versar le sante
memorie possa a chi morrà lontan.
Vivo immersa nel pianto. Intorno intorno
un’aura di sventura ahi ! spira, e ognor
quando più bello altrui sorride il giorno
a me parla di lutto e di terror !
Muta è la cuna de’ miei figli, ahi ! tanto
incoronata di speranze un dì…
Spento è con essi ogni gentil mio vanto,
e il lor sospiro estremo il cor ferì !
Ferimmi il cor profondo: e un’ora sola
non ha pace quest’alma allor che in me
sento un’arcana, una cmdel parola:
“Viver doveano, e già son polve, ohimè”
Oh ! maledetto quel dì che primiero
mi rese Madre disperata ! Il dì
dell’infortunio, il dì del vitupero
quello si nomi, e passi ognor così.
Passi mesto e turbato, e gioia alcuna
non l’abbellisca dall’alba al tramonto…
Passi privo di speme e di fortuna,
e ogni anno il ciglio a lagrimar sia pronto
E sia pure il voler di un Cherubino
che sconsigliato i figli a me strappò,
maledirlo vogl’io fin che il destino
quaggiù mi lascia, ove piacer non ho.
Padre ! mutiam dolore. Hai tu veduto
come ti dissi debolmente addio?
gonfio era il core, e il labbro mio fu muto…
varcai la soglia, e piansi e piansi oh ! Dio !
E immaginai che un giorno (oh ch’io non viva
fino a quel giorno!) un tristo annunzio al cor
sorriso un’elegia chiedesti a me?
nulla io risposi: ed or sovente questo
pensier mi torna a favellar di tè.
Sola son io nella deserta stanza,
deserta di speranze e di gioir;
sola son io; ma cruda rimembranza
mi aleggia intomo, e strappami un sospir
Un sospiro! Che dissi ? Una ben lunga
catena di sospiri, un cupo duol,
che spero alfine a logorarmi giunga,
e a darmi morte, che sì bramo sol.
Padre ! Ben lieta io mi sarei se il Cielo
m’involasse alla terra: e il mio desir
saria che, tolti al mio terrestre velo
gli anni, ai senili tuoi debbansi unir !
Non io plorar sulla tua tomba… Oh ! tante
tombe piansi finora, e sempre invan !
tu. Padre, sulla, mia versar le sante
memorie possa a chi morrà lontan.
Vivo immersa nel pianto. Intorno intorno
un’aura di sventura ahi ! spira, e ognor
quando più bello altrui sorride il giorno
a me parla di lutto e di terror !
Muta è la cuna de’ miei figli, ahi ! tanto
incoronata di speranze un dì…
Spento è con essi ogni gentil mio vanto,
e il lor sospiro estremo il cor ferì !
Ferimmi il cor profondo: e un’ora sola
non ha pace quest’alma allor che in me
sento un’arcana, una cmdel parola:
“Viver doveano, e già son polve, ohimè”
Oh ! maledetto quel dì che primiero
mi rese Madre disperata ! Il dì
dell’infortunio, il dì del vitupero
quello si nomi, e passi ognor così.
Passi mesto e turbato, e gioia alcuna
non l’abbellisca dall’alba al tramonto…
Passi privo di speme e di fortuna,
e ogni anno il ciglio a lagrimar sia pronto
E sia pure il voler di un Cherubino
che sconsigliato i figli a me strappò,
maledirlo vogl’io fin che il destino
quaggiù mi lascia, ove piacer non ho.
Padre ! mutiam dolore. Hai tu veduto
come ti dissi debolmente addio?
gonfio era il core, e il labbro mio fu muto…
varcai la soglia, e piansi e piansi oh ! Dio !
E immaginai che un giorno (oh ch’io non viva
fino a quel giorno!) un tristo annunzio al cor
dirà: lontano il Padre tuo languiva…
e t’ha percossa l’ultimo dolor!…
E immaginai la mia tremenda ambascia,
il mio sconforto nel mondo deserto…
oh Padre, Padre mio, tacer mi lascia,
che favellar non so d’ogni tuo merto.
Tacer mi lascia: e ti raggiunga solo
il filiale affetto, il mio sospir;
ne Dio permetta che l’orribil duolo
de la tua morte io debba mai sentir !
Se cantar dovess’io sul cener santo
di chi amante mi fea d’ogni virtù,
oh ‘ sia ben tardi, e sia sublime il canto
che te ricordi: e tosto io non sia più!
e t’ha percossa l’ultimo dolor!…
E immaginai la mia tremenda ambascia,
il mio sconforto nel mondo deserto…
oh Padre, Padre mio, tacer mi lascia,
che favellar non so d’ogni tuo merto.
Tacer mi lascia: e ti raggiunga solo
il filiale affetto, il mio sospir;
ne Dio permetta che l’orribil duolo
de la tua morte io debba mai sentir !
Se cantar dovess’io sul cener santo
di chi amante mi fea d’ogni virtù,
oh ‘ sia ben tardi, e sia sublime il canto
che te ricordi: e tosto io non sia più!
Laura Battista
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