San Giuseppe (Desideri) da Leonessa
Leonessa, Rieti, 8 gennaio 1556 – Amatrice, 4 febbraio 1612
Al
battesimo gli danno un nome insolito, Eufranio, che non sembra avere
molti precedenti . Famiglia importante, ma sfortunata: i genitori,
Giovanni Desideri e Francesca Paolini, muoiono in breve tempo quando
lui è ancora piccolo. Studia sotto la guida dello zio paterno Battista
a Viterbo, poi si ammala e ritorna a Leonessa. Qui viene in contatto
con i frati cappuccini e decide di prendere anche lui il saio. Eufranio
entra sedicenne nel loro convento di Assisi, fa il noviziato, a 17
anni già pronuncia i voti e prende il nome di fra Giuseppe. Prosegue
negli studi teologici fino al sacerdozio (1580) e fa le sue prime
esperienze di predicatore nelle campagne dell’Italia centrale. Il
suo sogno, però, è la missione. E si realizza per lui a 31 anni,
quando il suo Ordine lo manda con altri a Costantinopoli, l’antica
capitale dell’Impero romano d’Oriente, che da un secolo è capitale
dell’Impero turco. I turchi hanno lasciato al loro posto il patriarca e
i vescovi “orientali”, cioè separati dalla Chiesa di Roma in seguito
allo scisma nel 1094. I vescovi cattolici sono stati invece colpiti e
allontanati. Tra i fedeli, molti vivono in schiavitù, e altri sono
isolati e dispersi intorno a chiese in rovina. I missionari cappuccini hanno un loro programma graduale nella
metropoli d’Oriente: assistenza ai cattolici in prigionia, ai malati,
collegamento con i gruppi cattolici occidentali che sono a
Costantinopoli per lavoro e commercio. E così fa lui, fra Giuseppe. Ma
il suo temperamentolo spinge a fare di più, e subito: pensa di
annunciare il Vangelo anche ai turchi, di rivolgersi personalmente al
sultano Murad III. Anzi, tenta di infilarsi nel suo palazzo. E così lo
arrestano come sovversivo, poi lo tengono per tre giorni appeso per
una mano e un piede a un’alta trave, sotto la quale è acceso un fuoco.
Infine, espulso, torna in Italia a fare il predicatore itinerante,
accompagnato da qualche confratello; e sempre a piedi, nello stile
cappuccino. Si impone ritmi quasi incredibili, che sfiancano i suoi
compagni di missione: anche sei-sette prediche in un giorno; e
pochissimo riposo, perché è importantissimo anche il colloquio con la
persona singola, la famiglia singola. O con chi è condannato a morte e
lo vuole accanto a sé nel carcere, per le ultime ore di vita. Per i
malati, si sforza di far sorgere piccoli ospedali e ricoveri; a volte
ci lavora anche con le braccia. E combatte l’usura che dissangua le
famiglie, facendo nascere Monti di Pietà e Monti frumentari, per il
piccolo credito a tasso sopportabile. Così,
per i paesi e le cittadine che attraversa e scuote, questo cappuccino
diventa un portavoce, una bandiera. Nasceranno confraternite
intitolate al suo nome, dopo la morte tra i cappuccini di Amatrice, a
56 anni, per una malattia molto dolorosa. Fra Giuseppe viene
sepoltolì, nella chiesa conventuale. Nel1639 il corpo è poi
trasportato a Leonessa, dove tuttora si trova, nel santuario a lui
dedicato. Papa Benedetto XIV lo proclama santo nel 1746.
Autore: Domenico Agasso
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