Nato Joachim Murat-Jordy
(Labastide-Fortunière, 25 marzo 1767 – Pizzo, 13 ottobre 1815),
è stato un generale francese, re di Napoli e maresciallo dell'Impero con Napoleone Bonaparte. Era l'ultimo degli undici figli di una coppia di albergatori, Pierre Murat Jordy e la moglie, Jeanne Loubières. Fece per un po' di tempo il mestiere paterno poi, arruolatosi nell'esercito, fece parte della guardia costituzionale di Luigi XVI. Alla caduta della monarchia entrò nell'esercito rivoluzionario e divenne rapidamente ufficiale.dopo tante battaglie il suo epilogoi fu.........Venuto a conoscenza della disfatta napoleonica a Waterloo, Murat si rifugiò in Corsica, ove giunse il 25 agosto 1815 e dove fu presto circondato da centinaia di suoi partigiani. Organizzò quindi una spedizione per riprendersi il regno di Napoli. La spedizione, messa in piedi in fretta ed in furia e forte di circa 250 uomini, partì da Ajaccio il 28 settembre 1815. Dirottato da una tempesta in Calabria, Murat sbarcò l'8 ottobre nel porticciolo di Pizzo. Intercettato dalla Gendarmeria Borbonica al comando del Capitano Trentacapilli, fu da questi arrestato e fatto rinchiudere nelle carceri del locale castello. Informato della cattura dell'ex sovrano, il Generale Vito Nunziante (quale Governatore militare delle Calabrie) si precipitò incredulo da Monteleone, dove si trovava, a sincerarsi dell'identità del prigioniero.
Ferdinando IV, da Napoli, nominò una Commissione Militare competente a giudicare Gioacchino, composta da sette giudici al quale il re aveva ordinato di applicare la sentenza di morte in base al Codice Penale promulgato dallo stesso Gioacchino Murat, che prevedeva la massima pena per chi si fosse reso autore di atti rivoluzionari e di concedere al condannato soltanto una mezz'ora di tempo per ricevere i conforti religiosi. Nell'ascoltare la condanna capitale Murat non si scompose. Chiese di poter scrivere in francese l'ultima lettera alla moglie e ai figli, trasferitisi nel frattempo a Trieste, Volle confessarsi e comunicarsi, prima di affrontare il plotone di esecuzione che l'attendeva, e venne fucilato a Pizzo Calabro il 13 ottobre 1815. Di fronte al plotone d'esecuzione si comportò con grande fermezza, rifiutando di farsi bendare. Pare che le sue ultime parole siano state:
« Risparmiate il mio volto, mirate al cuore, fuoco! »
(Gioacchino Murat)
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