sabato 4 maggio 2024

Lucrezia Verzaia


 Lucrezia Verzaia, presunta “strega”, condannata dall’Inquisizione

Questa è la storia di una donna e di una presunta strega, di funghi, della Santa Inquisizione e del demonio.
Siamo nel 1600 a Pieve Santo Stefano, un paese che conta poche anime, della Valtiberina. Qui vive Lucrezia Verzaia, detta la Maiola, una donna, vedova, esperta di erbe e di funghi che utilizza per curare le persone; una “straniera”, (proveniente da Maiolo, nel Ducato di Urbino, paese originario del defunto marito) guardata con sospetto dai locali. Lavora come custode in un’ospedaletto di Valsavignone dove è invisa allo stesso direttore, denunciato da lei sostenendo che fa la cresta sul materiale pubblico dell’ospedale! A denunciare invece Lucrezia per stregoneria nel 1603 fu Batista di Lazzero da Valsavignone, forse su istigazione dello stesso direttore, che intravede così il modo di sbarazzarsi della consorte: “Sono stato ammaliato dalla Maiola e sono stato costretto a sposare mia moglie contro la mia volontà. La mandante del reato è mia suocera, Francesca romagnola...”. Viene da dire che i mariti a quei tempi ne sapevano una più del diavolo! Ed ecco che entra in gioco la Santa inquisizione: la Maiola viene imprigionata e sottoposta a processo, subendo indicibili violenze e torture, il metodo tipico usato dalla Chiesa in quel periodo per incutere timore nei fedeli e per demonizzare donne più emancipate, desiderose di un ruolo diverso nella società. La Maiola, nonostante le torture fisiche, non cede, e nega di avere rapporti con il maligno. Gli inquirenti la mettono allora davanti a una proposta a cui nessuna madre avrebbe mai rinunciato: rivedere l’ultimo figlio che le era rimasto in cambio della confessione. La povera donna fidandosi della falsa promessa di poter tornare a casa, confessa: di essere una strega, di essersi accoppiata col diavolo, di aver dato “anema e corpo” a Barbone, il gran diavolo, coinvolgendo anche altre donne del territorio. Si arriva dunque alla sentenza dell’ottobre del 1604. Ovviamente la Maiola non rivide mai l’amato figlio e in compenso fu condannata alla pubblica abiura e a passare il resto dei suoi giorni in prigione. Questa in breve è la storia di Lucrezia Verzaia, ricostruita attraverso gli atti del processo, ritrovati nell’archivio storico pre-unitario del Comune di Pieve Santo Stefano dalla dottoressa Sonia Savini.

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