Un'antica leggenda araba racconta la triste storia dello scudiero del Sultano di Bagdad.
Un giorno il giovane scudiero piombò affannato ai piedi del suo signore, che gli voleva molto bene, chiedendogll in prestito il suo favoloso cavallo, quello che sembrava volare, tanto era veloce.
"Perché?", chiese il Sultano.
"Ho visto la Morte nel giardino e ha fatto un segno verso di me. Con il tuo cavallo io fuggirò a Bassora e mi nasconderò nel mercato. La Morte non mi troverà".
Il Sultano diede il suo destriero al giovane, che partì al galoppo.
Il Sultano scese in giardino e vide la Morte in attesa.
"Perché hai minacciato il mio scudiero?", le disse.
"Io non l'ho affatto minacciato", rispose la Morte. "Ho solo alzato un braccio per lo stupore. Mi chiedevo: come può essere ancora qui, se io ho appuntamento con lui fra cinque ore soltanto nella piazza del
mercato di Bassora".
Yagyu Tajiama, l'antico, il celeberrimo, il venerato maestro dell'imperatore si rifiutò di accogliere tra i suoi allievi nel maneggio con la spada e nel tiro con l'arco un samurai che, dicono i testi zen, sin da bambino si era esercitato a lottare con il pensiero della propria morte, imparando a domarla.
"Che cos'altro potrei insegnarti?", disse il Maestro respingendo l'aspirante. "Tu sei già giunto al cuore della sapienza: nell'arte che tu conosci è inclusa ogni altra, compresa quella della spada e del tiro con l'arco".
"Perché aggiunse il maestro rivolto ai suoi discepoli: chi conosce la morte, conosce la vita. E chi trascura la morte, trascura la vita».
Bruno Ferrero
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